Benito Mussolini ha fatto non solo cose buone, ma anche di successo; “per esempio M, la serie tratta dalla trilogia di Antonio Scurati che ha riaperto un dibattito mai chiuso”, ha scritto Nanni Delbecchi, che poi si è chiesto: “Ma chi era davvero Benito Mussolini? Dov’è l’uomo, dov’è la maschera?”. L’interpretazione di Luca Marinelli, però, non ha convinto il giornalista: il Duce era davvero un simile buffone? “Alcuni dicono di sì, era anche peggio di così. Altri dicono di no, il personaggio era ben più complesso. Altri ancora tacciono, non vogliono si scopra il busto del Duce che tengono a casa. E c’è una logica, perché in M il busto è tutto”. Una questione, forse, più complicata che complessa. Poi Delbecchi prosegue su Marinelli e il suo Mussolini “brechtiano”, “sul filo della licantropia, sta dentro una tradizione che parte dal cabaret di Kurt Valentin, attraversa il Priapo di Gadda, il federale Catenacci di Alto Gradimento, e arriva a Wanna Marchi, a Stefano Bandecchi. Pancia in dentro, pacco in fuori, mani sui fianchi, protusione telescopica del mento”. Un personaggio circondato da figure macchiettistiche come il “D’Annunzio-Siffredi” o la “Crudelia Sarfatti”, ma anche il “Marinetti preso in prestito dai Simpson, Italo Balbo da Gomorra, Giolitti basettoni da Topolinia”.
“Insomma, anche questa ‘serie evento’ si fonda sul fumetto come tutte le serie tv, e funziona perché M è una sfilata di carri mascherati del nostro eterno carnevale”, prosegue il giornalista sul Fatto Quotidiano. E ricorda un testo di Thomas Mann, Mario e il mago, che vede protagonista un incantatore di scarso valore, ma comunque capace di cogliere l’interesse della massa. Almeno in un primo momento: alla fine, il mago “diventa vittima del suo potere di cartapesta”. Lo stesso, conclude Delbecchi, è successo all’Italia con il Duce: “Mentre il mondo si interroga su Elon Musk da ottant’anni l’Italia si interroga su un Mago Cipolla che ha fermato il tempo, e questa comica da tre soldi è la nostra tragedia”.