Sta passando la pandemia, ma non la crisi economica. In particolare nel settore dell'automotive che rischia ora di perdere 26 mila posti di lavoro nella componentistica, distribuiti in 101 aziende. I dati sono stati condivisi durante un incontro tra il titolare del Mise, Giancarlo Giorgetti, e i rappresentanti di Anfia e Confindustria. Nell’insieme i posti a rischio da qui al 2035 e oltre, sarebbero 73 mila. Da notare: questi dati danno per scontato il mantenimento dell’attuale forza lavoro da parte di Stellantis, su cui si potranno avere conferme solo con la presentazione del piano industriale il primo marzo. "La trasformazione dell'industria non può dunque che passare dall'industria stessa", aggiunge. Alla riunione, secondo quanto si apprende, non ha partecipato il premier Mario Draghi impegnato fuori Roma e nemmeno i sindacati. Dovrebbero esserci il ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili Enrico Giovannini e quello dell'Economia, Daniele Franco.
Oggi Giorgetti ha ricordato che Italia e Germania sono stati gli unici Paesi a non firmare a favore del destino dell'auto elettrica. "Dobbiamo considerare chi controlla le materie prime - dichiara - ed evidentemente questo soggetto non si trova in Europa. Quindi, facciamo attenzione perché stiamo consegnando il futuro del settore dell'auto a un soggetto che sta fuori dall'Europa e mi fermo qui perché credo che tutti abbiamo capito di chi sto parlando".
Il ministro ha poi sottolineato l'opportunità di riequilibrare alcuni interventi nell'economia, ora particolarmente incentivanti nei confronti del settore edilizio, "mentre alcuni settori sono stati presi meno in considerazione come quello dell'automotive". Gli ambiziosi obiettivi 'green' - sostiene - devono essere letti anche "con pragmatismo: standard ambientali elevati devono andare di pari passo con la sostenibilità economica, così da evitare effetti distorsivi e minimizzare l'introduzione di vantaggi competitivi nel mercato interno a beneficio di Paesi terzi e a scapito dei Paesi europei". L'incontro e le parole di Giorgetti sono una risposta alle pressanti richieste di Federmeccanica e dei sindacati di un incontro urgente. In una lettera inviata al Governo, la federazione e le organizzazioni sindacali paventano il rischio concreto di deindustrializzazione di un comparto chiave dell'economia italiana e chiedono di "mettere in campo tutte le azioni difensive necessarie e guardare soprattutto all'opportunita' di rilancio e sviluppo del settore".
La produzione nazionale di autoveicoli - viene fatto notare - è passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700.000 nel 2021, di cui meno di 500.000 autovetture. l'industria automotive vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2 mila imprese e 180 mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro. Ma lo stop alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio nel 2025, se non accompagnata da interventi, potrebbe portare - avvertono Federmeccanica e Fim, Fiom e Uilm - ad una perdita di circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030 (stime Anfia-Clepa-PWC).
Già oggi i dati sull'andamento dell'utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall'Inps indicano la tendenza: nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60. Sindacati e imprese propongono di valutare interventi di regolamentazione del settore automotive nel quadro delle transizioni e della relazione con gli attori istituzionali; gli impatti specifici per il territorio italiano; le risorse e la governance per le politiche industriali; gli ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni in atto, di breve e di lungo periodo e infine i fabbisogni e le disponibilità di competenze tra education e formazione di accompagnamento alla trasformazione.
L'Europa va avanti con il piano di azzeramento delle emissioni dei nuovi veicoli a partire dal 2035 e il ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, vorrebbe negoziare con la Commissione europea un'esenzione per le auto di lusso, cuore pulsante della Motor Valley italiana. Nella Terra dei Motori alcuni dei marchi automobilistici e motociclistici piu' importanti del mondo sono nati e continuano a costruire il mito della velocita'. La Motor Valley è un distretto industriale unico al mondo forte di 16.500 aziende e oltre 90.000 addetti, con 16 miliardi di fatturato annuo e un export di 7 miliardi. Qui hanno radici e sede marchi noti in tutto il mondo: Automobili Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas, Magneti Marelli, Maserati, Pagani e Toro Rosso. Riunisce 4 autodromi internazionali (Modena, Varano, Imola e Misano), 6 centri di formazione specializzati, 6 case costruttrici, 13 Musei, 18 collezioni, 10 operatori del settore e 188 team sportivi