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Automotive, tech e food.
La guerra in Ucraina
ha chiuso l’era della globalizzazione?

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

31 marzo 2022

Automotive, tech e food. La guerra in Ucraina ha chiuso l’era della globalizzazione?
Il Ceo e presidente di BlackRock, Larry Fink, vede uno snodo apocalittico nell’attuale scenario bellico sull’asse Russia-Ucraina: la fine della globalizzazione. Una variazione di panorama socio-economico impossibile da ignorare e, soprattutto, che impone delle contromosse

di Marco Ciotola Marco Ciotola

La bruciante attualità della guerra tra Russia e Ucraina ci aveva lasciato finora molto distanti da analisi che andassero oltre lo scenario sociale, politico ed economico di breve-medio termine. C’è infatti da fare i conti con gravi rallentamenti della filiera produttiva, sovrapprezzi in grado di condizionare la quotidianità di intere nazioni e – sopra ogni altra cosa – la barbarie del conflitto in corso.

Ma quasi a unire i puntini di tutti gli elementi appena citati sopra ci ha pensato il Ceo e presidente di BlackRock, la maggiore società di investimento al mondo. È stato infatti Larry Fink – che ha per le mani la gestione di un patrimonio superiore ai 10mila miliardi di dollari – ad affermare che la guerra sull’asse Mosca-Kiev sta per mettere fine alla globalizzazione.

Questo – ha precisato – come conseguenza di uno “sconvolgimento dell'ordine mondiale in vigore dalla fine della Guerra Fredda”. Parole che si mostrano particolarmente ampie e pronte ad abbracciare davvero ogni settore e angolo di visuale: si parla di un brusco arresto di quanto – sul fronte tech, automotive, clima, food e molto altro – ha vissuto una continua evoluzione dagli anni ’90 in poi, con una decisa accelerazione negli ultimi 15 anni. Di seguito le parole precise di Fink, che evidenzia in particolare “l’isolamento”, nemico storico del progresso:

"L'invasione russa dell'Ucraina ha posto fine alla globalizzazione che abbiamo vissuto negli ultimi tre decenni. Ha lasciato molte comunità e persone isolate, e credo che questo abbia esacerbato la polarizzazione e il comportamento estremista che stiamo vedendo nella società di oggi".

Il tutto è stato sottolineato da Fink nella lettera indirizzata agli azionisti per il 2022, e quindi in uno scenario comunicativo totalmente contro gli interessi di chi scriveva. Ma la sincerità del Ceo, dettagliata con cognizione di causa, ha puntato a chiarire una variazione di panorama socio-economico impossibile da ignorare e, soprattutto, che impone delle contromosse.

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BlackRock teme ritorno a economia in stallo della guerra fredda

La lettera di Fink arriva esattamente a un mese dall'invasione russa dell'Ucraina, con le forze di Mosca attualmente sui territori nemici e Stati Uniti e Ue focalizzati sull’imposizione di sanzioni senza precedenti all’indirizzo di Mosca. Sanzioni di cui Fink ha tenuto ampiamente conto nella sua comunicazione agli azionisti, parlando di “guerra economica contro la Russia” e citando l’impegno della stessa BlackRock nell’adottare misure per sospendere l'acquisto di qualsiasi titolo russo nei suoi portafogli.

Paradossalmente, è proprio questa corsa a “slegare” economicamente e socialmente potenze mondiali, questa battaglia a colpi di dazi e limitazioni, che pone di fronte al concreto rischio di essere catapultati in uno scenario anni ’90: “All'inizio degli anni '90, quando il mondo è venuto fuori dalla Guerra Fredda, la Russia è stata accolta nel sistema finanziario globale e ha avuto accesso ai mercati capitali globali. L'espansione della globalizzazione ha accelerato il commercio internazionale, ha fatto crescere i mercati e ha alimentato enormemente la crescita economica”.

Proprio allora, esattamente 34 anni fa, nasceva BlackRock, beneficiando non poco di un panorama globalizzato e della crescita dei mercati, che ha condotto gradualmente verso la necessità di una gestione patrimoniale basata soprattutto sul comparto tech. Ma ora tutto questo – che va dall’evoluzione sul fronte tecnologico alla transizione del settore automotive passando per il clima – è fortemente a rischio. Non lo nasconde Fink, che spiega di rimanere in ogni caso un “sostenitore a lungo termine dei vantaggi della globalizzazione e del potere dei mercati dei capitali globali”, che consentono alle aziende di “finanziare la crescita” ai paesi di “aumentare lo sviluppo economico” e a sempre più persone di “sperimentare il benessere finanziario”. Ora però l’impegno sta tutto nel monitorare gli impatti diretti e indiretti della crisi, sperimentare una filiera produttiva fatta di sanzioni e carenze e capire, nel mentre, come andrà delineandosi il nuovo scenario socio-economico mondiale.

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