Un’inchiesta congiunta del Guardian, della rivista israelo-palestinese +972 Magazine e del quotidiano ebraico Local Call ha rivelato dati classificati dell’intelligence militare israeliana che sembrano smontare la narrazione della lotta al terrorismo di questi mesi. Secondo il database interno, aggiornato a maggio 2025, cinque palestinesi su sei uccisi dall’esercito israeliano non erano combattenti. Il database elenca 8.900 combattenti di Hamas e della Jihad islamica palestinese (PIJ) come morti o “probabilmente morti”. Nello stesso periodo, il Ministero della Salute di Gaza aveva registrato 53.000 vittime complessive, includendo civili e combattenti. Questo significa che, secondo le stesse fonti israeliane, i militanti rappresentano appena il 17% delle vittime, mentre l’83% erano civili. Si tratta di un rapporto estremamente elevato: negli ultimi decenni, tassi simili si sono verificati soltanto in episodi di massacri di massa, come Srebrenica (1995), il genocidio in Ruanda (1994) e l’assedio russo di Mariupol (2022). “Quella percentuale di civili tra le vittime sarebbe insolitamente alta, soprattutto perché si verifica da così tanto tempo”, ha dichiarato Therése Pettersson dell’Uppsala Conflict Data Program, che monitora i conflitti a livello globale. Il confronto, in ogni caso, è tra il numero totale die morti e il numero di terroristi identificati. In altre parole i terroristi uccisi potrebbero comunque essere di più.

L’esercito israeliano non ha negato l’esistenza del database. A Local Call e +972 Magazine i portavoce non avevano contestato i dati; al Guardian, invece, hanno dichiarato che le cifre “non riflettono i dati disponibili nei sistemi dell’IDF”, senza specificare quali fossero i numeri corretti. Secondo analisti e fonti militari citate dall’inchiesta, i dati usati dal governo israeliano nelle dichiarazioni pubbliche – che parlano anche di 20.000 combattenti uccisi o di un rapporto 1:1 tra civili e miliziani – sarebbero fortemente gonfiati. Anche Itzhak Brik, generale israeliano in pensione ed ex consigliere di Netanyahu, ha affermato che ‘non c’è assolutamente alcuna correlazione tra i numeri annunciati e ciò che sta realmente accadendo. È solo un grande bluff’.

Il conflitto a Gaza è iniziato dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, in cui morirono 1.200 persone in Israele. Da allora, le operazioni militari hanno devastato la Striscia: oltre 52.928 palestinesi risultano ufficialmente uccisi al 14 maggio 2025, secondo il Ministero della Salute di Gaza. Gli esperti sottolineano come la natura della guerra – combattuta da Israele contro miliziani radicati in aree densamente popolate – spieghi in parte l’altissimo numero di civili uccisi. Ma molti studiosi parlano apertamente di genocidio: “A Gaza stiamo parlando di una campagna di omicidi mirati, condotta senza alcun riguardo per i civili”, ha dichiarato Mary Kaldor, professoressa emerita alla London School of Economics e studiosa delle “nuove guerre”. Gruppi per i diritti umani, accademici e perfino alcuni militari israeliani hanno denunciato che la strategia di guerra dell’Idf punta a colpire indiscriminatamente. Registrazioni televisive israeliane hanno documentato dichiarazioni di generali che parlano apertamente di “uccidere 50 palestinesi per ogni vittima del 7 ottobre, indipendentemente che siano bambini”. Testimonianze di soldati descrivono pratiche come sparare a civili che oltrepassavano linee immaginarie tracciate sulla sabbia, senza alcun avvertimento.

Nel corso degli anni i dati forniti dal Ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, e quelli forniti da Israele, sono sempre stati rispettivamente una stima al rialzo e una al ribasso del numero di civili morti, ma le cifre erano più o meno simili a quella fornite dalle organizzazioni indipendenti che hanno poi potuto verificare le morti sul campo. Da due anni a questa parte, invece, l’Idf ha smesso di fornire dati precisi, lasciando che l’unica fonte di informazione fosse il ministero di Gaza. Se questi dati dovessero essere coerenti con l’attuale stato di conoscenza delle forze armate e governative israeliane, allora ci sarebbe da chiedersi come sarà possibile per Israele giustificare questa sproporzione, che nulla ha a che vedere con la guerra al terrorismo.
