Sta per arrivare Ferragosto? Altro che ferie, questo è il momento degli scioperi. Già, perché le spiagge italiane, da meta sognata da milioni di persone, si sono trasformate in luoghi di grandi polemiche, dove i balneari hanno deciso di chiudere gli ombrelloni, ma solo per poco… Per esempio “al Papeete di Milano Marittima – scrive Vittorio Malagutti su Domani – si sciopera ma con moderazione. Una serrata simbolica, giusto un paio d’ore di prima mattina, come centinaia di altri stabilimenti”. Un clima torrido, e non solo per il meteo, creato dalla famigerata scadenza delle concessioni balneari; e adesso, riporta Federico Baccini su EuNews, “con un ritardo di quindici anni le aste finalmente si terranno nel 2025”. Si tratta di uno scenario che sembra far paura a molti gestori degli stabilimenti, incluso “massimo Casanova, l’imprenditore ‘bagnino’ (definizione sua) – del Papeete – che cinque anni fa balzò agli onori delle cronache per la sua amicizia con Matteo Salvini”. Insomma, continua Malagutti, “semmai il governo di Giorgia Meloni decidesse finalmente di mettersi in regola, dopo due decenni di rinvii decisi dagli esecutivi precedenti, per Casanova (e non solo, ndr) sarebbe un bel problema”. In quel caso, infatti, “dovrebbe attrezzarsi (e investire denaro) per non ammainare la bandiera del Papeete […] pagando un canone di gran lunga superiore alla modica somma – si legge su Domani – che ha fin qui versato allo Stato”. Ma qual è, dunque, il vero giro di affari dei lidi italiani? Ecco i numeri degli incassi e delle spese, inclusi quelli del Twiga di Flavio Briatore…
Facendo i conti in tasca ai lidi italiani più famosi, Vittorio Malagutti ha scoperto che “nel 2024 l’azienda controllata dall’amico bagnino di Salvini se la caverà con 5.844,52 euro. La concessione per uso ‘turistico ricreativo’ risale al 2008 e scadrà nel 2033 […] Papeete srl – sottolinea il giornalista –, che si occupa del servizio spiaggia e delle molteplici attività collegate […] ha dichiarato un giro d’affari di 3,5 milioni nel 2023. Questo significa che Casanova versa allo Stato un canone che vale lo 0,16 per cento dei ricavi del suo stabilimento”. Spostandosi dalla riviera romagnola in quella toscana, e più precisamente a Forte dei Marmi, si arriva proprio alla spiaggia di mr. Billionaire. L’imprenditore piemontese, azionista del Twiga insieme a Dimitri Kunz (compagno della ministra Daniela Santanchè), secondo i calcoli di Malagutti “paga 22.905,65 euro per la sua concessione […] spiccioli se si considera che il Twiga nel 2023 ha chiuso i conti con ricavi per 9,7 milioni (più 15 per cento sul 2022) con 460mila euro di utile netto”. Rimanendo in Versilia troviamo anche la spiaggia di Andrea Bocelli, l’Alpemare Beach che, si legge sempre su Domani, “ha incassato 3,6 milioni […] versando allo Stato 5.869,51 euro come canone, sceso a 5.844,52 euro per il 2024”. Allo stesso modo a Portofino “si scopre – scrive il giornalista – che ai Bagni Fiore viene chiesto un canone annuale di 7.289,94 euro. In compenso cabine e lettini sono decorati da Dior e per un ombrellone la spesa minima è di duecento euro al giorno. La società […] ha chiuso il 2022, anno dell’ultimo bilancio disponibile, con 231mila euro di utile su 490mila euro di ricavi”. E negli altri lidi italiani, soprattutto quelli più celebri, assicura Malagutti, “il giro d’affari cala, ma i canoni restano irrisori”. Secondo la Corte dei Conti, quindi, allo Stato ogni anno non arriverebbero nemmeno cento milioni di euro dalle concessioni balneari; in poche parole, conclude Domani, “il sessanta per cento circa dei balneari non va oltre un Isa di 8, il livello minimo per essere considerati affidabili. Come dire che il rischio di evasione è molto alto”.