Ci siamo quasi. Manca poco alla mezzanotte del 31 dicembre, il giorno in cui non si celebra l’arrivo del nuovo anno, ma si decreta ufficialmente l’apocalisse delle nostre orecchie, dei nostri animali e, in molti casi, dell’intelligenza collettiva. Sì, perché tra un panettone e una pubblicità di regali di Natale, spuntano loro: le pubblicità dei botti. Ma non botti qualunque. Proiettili a salve, fuochi d’artificio fatti in casa, bombe degne di un film di Michael Bay. La novità? Li pubblicizzano su Instagram e TikTok. Un video su TikTok, firmato da Armeria Rullo (mai nome fu più azzeccato), recita con disarmante nonchalance: “Se a Capodanno vi volete divertire, da zero concorrenza dovete venire”. 50 pezzi di fiocchi a 10 euro. Un’offerta imperdibile per chi vuole spendere poco e rischiare tutto. Nel frattempo, la società si spacca: da una parte quelli che i botti li disprezzano e raccolgono firme (67mila per la campagna #BastaBotti di Lav Italia), dall’altra quelli che postano sui social video di esplosioni che fanno sembrare Hiroshima una candelina di compleanno. E i numeri fanno paura: con un aumento del 52% rispetto all’anno precedente, ci sono stati 274 feriti lo scorso Capodanno, di cui 12 per armi da fuoco. Sì, avete capito bene: armi da fuoco. Ma va tutto bene, eh. Tanto qualcuno su TikTok sta già pianificando la prossima bomba da mezza tonnellata per raccattare qualche like. E poi ci sono gli artigiani del crimine, quelli che producono bombe in casa e le vendono su Telegram come se stessero smerciando biscotti fatti a mano. Per esempio, c’è Kaboomshop (nome rassicurante, vero?), che propone orgogliosamente la sua bomba da 585 grammi. E noi? Niente, guardiamo i loro video e ci indigniamo giusto il tempo di scorrere al prossimo.
E sì, sono ancora legali. Perché, nel 2025, è normale che possiamo legalmente terrorizzare animali, ferire persone e devastare le strade. Il 94% degli italiani, secondo l’indagine Doxa di Lav, è contrario ai botti. Ma allora, chi diavolo li compra? Chi li vende? Dove sbagliamo? Il problema è culturale, ed è così radicato che diventa sempre più difficile combatterlo. Su Instagram e TikTok queste esplosioni vengono dipinte come il nuovo divertimento cool. Una bomba e via: sentirsi grandi con una piccola esplosione, perché dentro si è vuoti come un mortaretto. A Terracina sequestrano 213 pezzi di fuochi d’artificio illegali. A Napoli, nel Rione Traiano, trovano 200 articoli pirotecnici stipati in un’auto come fossero buste della spesa. A Pagani, 300 chili di botti nascosti insieme a droga, sigarette di contrabbando e banconote false. A Catania un carico di 640 ordigni rudimentali impacchettati in carta arancione, denominati "bombe Sinner" (dedicate al tennista). E quindi, davanti a tutto questo, la domanda resta: ma possibile che chi compra e usa questi botti non abbia mai guardato negli occhi il proprio cane terrorizzato? O pensato al vicino che l’anno scorso ha perso un dito? No. Perché il problema non sono i botti: è la mentalità. Il desiderio di sentirsi dei Rambo delle periferie, dei boss di quartiere, dei mini criminali col botto.
Questa non è una novità. Lo diciamo ogni anno, puntualmente, dopo l’ennesimo bollettino di guerra del primo gennaio. “È necessario che le istituzioni intervengano in modo strutturale, introducendo un divieto dei botti, e individuando e proponendo contestualmente forme di riconversione delle attività economiche di produzione e vendita dei prodotti pirotecnici”, ha dichiarato Alessandra Ferrari di Lav. E non posso che essere d’accordo. Ma il contrabbando continuerebbe ad esistere. La questione dei botti non si risolve perché non si vuole risolvere. È un problema culturale, radicato in una mentalità per cui il botto è simbolo di forza. Ma cosa c’è di virile nel terrorizzare gli animali, nel mettere a rischio i passanti, nel farsi esplodere mezza mano per un’esplosione che dura meno di cinque secondi? Non c’è rispetto, né consapevolezza. Il botto è solo il simbolo di una gara a chi fa più rumore, una triste allegoria di una società che scambia il chiasso per importanza. E allora, come si combatte? Non si combatte. Si può solo sperare che l’intelligenza artificiale soppianti quella umana, perché con quest’ultima, amici miei, siamo messi malissimo.