Il clima tra Banco Bpm e UniCredit si surriscalda, e non solo per la scalata finanziaria che tiene banco da mesi. L’Ops lanciata da UniCredit il 25 ottobre scorso – valutata 10,1 miliardi di euro, pari a 6,657 euro per azione – ha ricevuto una controffensiva in piena regola: un esposto all’Antitrust, accompagnato da pesanti accuse. L’ad di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, non ha usato mezzi termini: l’operazione sarebbe una “killer acquisition”, un’acquisizione finalizzata non a valorizzare l’impresa acquisita, ma a limitarne il potenziale e, in ultima analisi, a eliminare un concorrente strategico.
Le accuse di Banco Bpm
Secondo Castagna, l’offerta di UniCredit mira a ingessare Banco Bpm in un momento cruciale per il suo dinamismo. “L’operazione – ha dichiarato – ha lo scopo di bloccare le attività strategiche della nostra banca, come l’Opa su Anima e l’acquisto del 5% di Mps”. Il punto critico, per il Banco, risiede nell’applicazione della passivity rule, una norma che limita le azioni difensive contro acquisizioni ostili e che, secondo l’istituto milanese, impedirebbe di portare avanti operazioni straordinarie già in cantiere.
“Non crediamo possa giovare alla trasparenza del mercato – ha aggiunto Castagna – annunciare un corrispettivo e al tempo stesso far presupporre che potrebbe essere rivisto”. Le accuse sono state ribadite anche in un esposto presentato alla Consob, con il quale Banco Bpm ha chiesto “l’adozione di provvedimenti a tutela di tutti gli stakeholder della banca e del mercato”.
Le mire di UniCredit
UniCredit, dal canto suo, respinge le accuse e sottolinea come l’Ops rappresenti un passo strategico per consolidarsi come terza banca europea, con sinergie stimate in 1,2 miliardi di euro. Per Andrea Orcel, ad di UniCredit, l’offerta è vantaggiosa per gli azionisti di Banco Bpm e si inserisce in una visione di lungo termine: “Il nostro obiettivo è rafforzare la nostra posizione in Italia, un mercato strategico per il gruppo.”
Ma non tutti sono convinti della bontà dell’operazione. Il cda di Banco Bpm ha respinto l’offerta, giudicandola insufficiente a garantire valore agli azionisti, e ora l’Antitrust dovrà valutare se l’operazione rispetta le normative sulla concorrenza.
Un conflitto di interessi strategici
La partita si gioca su più livelli. Da un lato, UniCredit punta a rafforzarsi in Italia con un’acquisizione che consoliderebbe la sua posizione nel mercato bancario europeo. Dall’altro, Banco Bpm denuncia un tentativo di sabotaggio delle sue mosse strategiche, che includono il rafforzamento in Mps e il controllo di Anima. Quest’ultimo punto è particolarmente sensibile, dato che l’asset manager è un tassello chiave per il futuro del Banco.
Il nodo politico
La vicenda si intreccia anche con dinamiche politiche. La scalata del Banco Bpm in Mps, bloccata dall’Ops di UniCredit, avrebbe complicato il progetto di un terzo polo bancario tra Milano e Siena, sostenuto da alcuni esponenti della Lega. Questo elemento rende il conflitto ancora più esplosivo, con interessi che vanno ben oltre il mero calcolo finanziario.
Cosa aspettarsi ora?
La parola passa ora a Consob e Antitrust, che dovranno esprimersi sulla legittimità dell’offerta. Mentre UniCredit punta a concludere l’operazione entro giugno, il Banco Bpm non sembra intenzionato a cedere terreno. Sarà questa l’ultima mossa di una partita che potrebbe ridisegnare il panorama bancario italiano? E, soprattutto, quali saranno le ripercussioni per i risparmiatori e gli stakeholder? Le risposte arriveranno nei prossimi mesi, ma una cosa è certa: lo scontro è tutt’altro che concluso.