Sembra una partita a scacchi tra colossi della finanza, ma in realtà è più un match di wrestling tra titani in doppiopetto. Da una parte Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, deciso a mettere le mani su Banco Bpm con un'Ops (Offerta pubblica di scambio) che scuote Piazza Affari. Dall’altra, Palazzo Chigi, con Giorgia Meloni che brandisce il golden power come una mazza ferrata per proteggere il “risparmio degli italiani” e, diciamolo, un po’ anche per difendere l’orgoglio nazionale.
L’aria che tira tra il Ministero dell’Economia e Palazzo Chigi sarebbe chiara: “Fermare Orcel a qualsiasi costo”. E per farlo, come rivela La Repubblica, il governo starebbe raccogliendo carte e pareri come se dovesse portare in tribunale un boss della mala. La prenotifica di Unicredit inviata il 13 dicembre sarebbe stata seguita da una richiesta di documentazione aggiuntiva, segnale che non si vorrebbe lasciare nulla al caso.
Dietro questa opposizione si celerebbero due grandi paure. La prima riguarderebbe la sovranità finanziaria. Si temerebbe un patto segreto tra Orcel e i francesi di Crédit Agricole, che già da tempo muoverebbero i fili dietro le quinte. La prospettiva? Amundi (il colosso del risparmio francese) potrebbe prendersi anche la rete Banco Bpm, scalzando Anima, il campione del risparmio gestito tricolore. Per Palazzo Chigi, “il risparmio dei correntisti Unicredit e Banco Bpm verrebbe tutto gestito da controparti francesi”. Un incubo che farebbe sembrare l’alleanza Stellantis una merenda tra amici.
La seconda preoccupazione sarebbe ancora più delicata: il credito alle imprese. Se Unicredit inghiottisse Banco Bpm, le Pmi italiane si troverebbero con una banca in meno a fare da contraltare a Intesa Sanpaolo. Tradotto: meno prestiti, più rischi per l’economia reale. Non proprio lo scenario ideale in un Paese in cui le piccole imprese sono il motore della crescita.
Per questo motivo, secondo Repubblica, Palazzo Chigi avrebbe chiesto all’Avvocatura dello Stato un parere sul rischio di concentrazione del credito, mentre avrebbe sondato direttamente i vertici francesi per tastare il terreno. E se Crédit Agricole dovesse acquisire le filiali di Banco Bpm eccedenti i limiti antitrust? Voilà, potrebbe nascere il terzo polo bancario italiano... ma con sede a Parigi.
Nel frattempo Orcel, imperturbabile come uno squalo che nuota tra le correnti, lascerebbe trapelare che non rilancerà sul prezzo dell’Ops. Sarebbe convinto che, senza la sua offerta, il titolo di Banco Bpm potrebbe affondare come una barca bucata. Ma da Piazza Meda, sede storica di Banco Bpm, nessuno sventolerebbe bandiera bianca. Si vocifererebbe di un rilancio sull’Opa di Anima, un’operazione che renderebbe il boccone ancora più indigesto per Unicredit.
Insomma, mentre i banchieri affilerebbero i coltelli e i francesi attenderebbero sulla riva del fiume, il governo preparerebbe le barricate. Questa scalata potrebbe non essere solo una questione finanziaria. Sarebbe diventata una battaglia di sovranità, un duello in cui, dietro la retorica del “salvare i risparmiatori italiani”, si giocherebbe una partita molto più grande: quella del controllo sul futuro della finanza tricolore.