“In Italia le dimissioni si chiedono, non si danno” scriveva Roberto Gervaso, scrittore che dovrebbe piacere a Francesco Giubilei, il quale invece si è dimesso per davvero, lasciando l’incarico di consulente del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in data 11 giugno. Il giovane editore classe 1992, docente a contratto all’Università Giustino Fortunato di Benevento e autore di più di dieci libri il cui filo conduttore è il conservatorismo (l’ultimo ha per titolo “Gli intellettuali di destra e l’organizzazione della cultura”, per la Oligo), ha scelto di rinunciare al ruolo di stretto collaboratore “per ragioni di opportunità”, come ha scritto al quotidiano Il Foglio che il giorno prima, il 10 giugno, aveva sollevato il caso del finanziamento ministeriale alla Fondazione Tatarella, presieduta proprio da Giubilei. L’opportunità rimanda alla dimensione etica, e di conseguenza, per un personaggio pubblico che riceve un compenso pubblico, anche politica. “Chissà cosa avrebbe detto un conservatore e fustigatore di certe pratiche italiane come Prezzolini”, ironizzava il giornale diretto da Claudio Cerasa. Per Giuseppe Prezzolini, uomo tutto d’un pezzo che preferì condurre vita modesta negli Stati Uniti, anziché accettare i ponti d’oro che gli faceva l’amico Mussolini, probabilmente non si sarebbe posto il caso. Ma altrettanto probabilmente avrebbe apprezzato la scelta di abbandonare il posto, nel nostro Paese un atto mai scontato.
Nella lettera al Foglio in cui ha spiegato le proprie dimissioni, Giubilei scrive che la Fondazione dedicata a Giuseppe Tatarella, detto Pinuccio (morto nel 1999 da principale artefice della trasformazione finiana del Movimento Sociale in Alleanza Nazionale) al fratello Salvatore, riceve fondi dal MiBac “almeno dal 2020”, relativamente al bando della Direzione Generale Archivi su progetti riguardanti “movimenti politici o organismi di rappresentanza dei lavoratori”, con regolare commissione tecnica e previo parere della competente soprintendenza archivistica regionale, nello specifico la Puglia. Nel 2020, per mantenere e valorizzare l’archivio Tatarella, la Fondazione ha percepito 30.500 euro (più “spiccioli” per un convegno su Almirante e un contributo per le “biblioteche non statali aperte al pubblico”, totale: poco più di 3 mila euro). Nel 2021, 50.400 euro (più 29.998 come ente ammesso al bando triennale per gli istituti culturali). Nel 2022 sono arrivati 41.160 euro, più 39.483 euro nel capitolo istituti culturali, più altri contributi (un convegno sulle Destre, acquisto di volumi, ecc). Nel 2023, per gli archivi, la cifra ammonta a 46 mila euro. Si trova tutto nella sezione “trasparenza” della Tatarella. Nella lista degli altri beneficiari statali, sempre per ciò che riguarda gli archivi, si trova un po’ di tutto: dalla Fondazione Gramsci alla Fondazione Lelio Basso, dalla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice alla Fondazione Ugo La Malfa, dalla Donat-Cattin alla Gaetano Salvemini, dalla Enrico Berlinguer alla Alcide De Gasperi. Sinistra, centro, destra. Con governi di centrosinistra (Conte 2, ministro Dario Franceschini del Pd) e trasversali (Draghi, ministro sempre Dario Franceschini).
A far scattare il caso è stata, come ha riconosciuto Giubilei, l’inopportunità di lavorare in qualità di “consigliere per la promozione della cultura fra i giovani”, per un importo lordo – si legge nella tabella online del MiBac – di 40 mila euro lordi, e in contemporanea presiedere, gratis, un ente sostenuto finanziariamente dal Ministero. In buona sostanza, Giubilei lascia un incarico remunerato restando a capo di una fondazione che non prevede compensi, fatti salvi i rimborsi. Era opzionabile una dimissione preventiva dalla Tatarella prima dell’incarico al ministero? Sarebbe stato conveniente, e forse anche opportuno. A ogni modo, l’uscita dell’articolo del Foglio illumina la tempistica, ma presumibilmente non la ragione più pressante e urgente della rinuncia. Una ventina di giorni fa, infatti, Sangiuliano aveva dovuto accettare le dimissioni di un altro nome in vista legato al suo ministero: il 26 maggio, Ricardo Franco Levi ha rimesso il mandato di Commissario straordinario per la Fiera del Libro di Francoforte 2024 dopo un articolo, questa volta di Libero, in cui si rivelava che avesse affidato la gara per la gestione della comunicazione italiana alla Buchmesse alla Ifc Next, società belga in cui lavora Alberto, figlio di Levi. Dopo essersi difeso in prima battuta affermando che la Ifc Next è “una delle più grandi compagnie europee” del settore e che il figlio “non si è mai occupato di questo progetto”, Ricardo Franco Levi annuncia di essere stato subito dopo contattato telefonicamente da Sangiuliano che gli ha comunicato “la sua decisione di voler accettare le dimissioni”. Il ministro, in una nota ufficiale, specificava che, pur non essendo il “soggetto abilitato” ad accettarle, le condivideva di buon grado “dopo le recenti polemiche”. Ecco, evidentemente a Sangiuliano conveniva evitarne altre, su Giubilei.
Due considerazioni, a chiosa. A denunciare le incompatibilità sono stati due giornali non certo d’opposizione: Libero è schierato con le baionette a favore del governo Meloni, il Foglio, più centrista, come minimo non gli è ostile a priori (specialmente sui dossier della politica estera, della politica economico-sociale e della giustizia). C’è, tuttavia, da fare una distinzione fra i due episodi: mentre Franco Levi è un vecchio prodiano, area Pd, e perciò logicamente inviso alla stampa di destra, Giubilei è, come si direbbe in linguaggio gramsciano, organico alla destra di governo. Nel suo caso, l’ipotesi più plausibile è che pesino le rivalità e invidie nel retrobottega del potere romano. Ma ad accomunare le due impallinature è il bersaglio grosso, che sta in cima: Sangiuliano. Il ministro deve sentirsi nel mirino, ma per ora, grazie al fatto che chi aveva conflitti d’interessi non si è arroccato, l’ha scampata. Un’altra componente dell’esecutivo, per dire, al proprio conflitto d’interessi ha preferito reagire in altro modo: Daniela Santanchè, titolare del dicastero del Turismo e al tempo stesso, all’atto della nomina, di quote minoritarie dello stabilimento Twiga in Versilia, le ha cedute al socio Flavio Briatore e al compagno, come ha scritto il Sole 24 Ore (24 novembre 2022). Certo, i livelli non sono paragonabili, ma, come si diceva all’inizio, in Italia la via diritta delle dimissioni non sono automatiche. Giubilei ha fatto eccezione.