Il buco nell’ozono sta scomparendo. Per chi andava alle elementari e alle medie una decina di anni fa, era in assoluto l’ombra più buia su cui si doveva lavorare per riportare in salute il Pianeta Terra. Bene, entro un paio di decenni, il buco nell’ozono sembra che sarà completamente sparito nella maggior parte del mondo. Vent’anni e il mostro ambientale potrebbe diventare un lontano ricordo. Le date si allontanano un po’ se parliamo dell’Artico e dell’Antartide, che rispettivamente recupereranno il oro strato nel 2045 e nel 2066, ma le notizie sono buone. La perdita graduale era iniziata intorno agli Anni ’80 e finalmente si può tirare un sospiro di sollievo. La notizia è doppiamente positiva perché questo miglioramento è frutto anche dell’intervento tempestivo dell’uomo, a partire dal protocollo di Montreal del 1989, che contribuì a eliminare il 99% delle sostanze chimiche impattanti per la salute dell’atmosfera, come i clorofluorocarburi (CFC).
I CFC sono anche gas serra e in generale le decisioni prese avrebbero avuto un effetto positivo anche sulla crisi climatica, che tuttavia rimane un problema ancora molto importante. A tal proposito, commentando la notizia, Petteri Taalas, il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, ha affermato: «Il nostro successo nell'eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare con urgenza per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l'aumento della temperatura». Già nel suo libro Il cambiamento climatico attraverso gli occhi di uno scienziato climatico, Taalas aveva sottolineato l’importanza di concentrarsi sul problema dell’uso di energia fossile: «Il recente dibattito sul clima in Finlandia si è concentrato sui pozzi di carbonio e sulla foresta: quali sono le dimensioni del setaccio di carbonio, quali sono le dimensioni della biomassa delle foreste e quanta crescita può essere tagliata. Purtroppo, però, il problema climatico non può essere risolto senza interferire con la materia centrale, cioè l'uso di energia fossile».
Se dovessero intraprendere una strada tanto radicale quanto quella iniziata con il protocollo di Montreal, allora le conseguenze si riverserebbero inevitabilmente nel settore automotive, in particolare accelerando la conversione all’elettrico, ma imponendo anche ai produttori di energia, quindi alla fonte, di trasformare le loro centrali, privilegiando una filiera dell’energia elettrica davvero pulita. Una svolta che potrebbe mettere la parola fine alle discussioni intorno alla rivoluzione green che sta attraversando, non senza difficoltà, il mondo delle auto e delle moto.