E se la morte non fosse che l’inizio? Una frase che suona come sapienziale, lontana, forse astrusa per l’ascoltatore medio della nostra epoca. Eppure, a volte, in certi momenti della nostra vita, tutti ci siamo chiesti cosa ci sia di là, dopo il confine oltre il quale si ferma il respiro. Morire. Fa paura. Per alcuni filosofi l’essere stesso è predisposto per morire, un giorno, come se fosse il suo destino. Ma cosa vi sia dopo rimane ancora un mistero. Nonostante questo, c’è chi ogni giorno studia e sviluppa dei protocolli scientifici e rigorosi per affrontare questi temi in modo lucido e senza pregiudizi di sorta. Contro ogni sorta di paradigma materialista, che ci vorrebbe un insieme di cellule con una data di scadenza, molte teorie hanno proposto che dopo la morte la coscienza, almeno, possa sopravvivere al corpo. Per capirlo si interrogano i medium, delle persone che dicono di poter parlare con i morti. Al GRIM di Padova, il Gruppo di Ricerca italiano sulla Medianità, degli esperti si impegnano per raccoglie dati ed evidenze. Tra loro, c’è anche Laura Liberale, filosofa, docente di scrittura, poetessa ed esperta di indologia, che di recente ha pubblicato un articolo scientifico insieme a Patrizio Tressoldi e Fernando Sinesio, Is There Someone in the Hereafter? Mediumship Accuracy of 100 Readings Obtained with a Triple Level of Blinding Protocol, pubblicato per la rivista scientifica OMEGA – Journal of Death and Dying. A lei abbiamo chiesto di parlarci dell’aldilà, di inferno, di possessioni e di case infestate, per un’intervista sull’oltretomba for dummies.
Di cosa ti occupi?
Di diverse cose. Ho una laurea in filosofia e un dottorato di ricerca in studi indologici. Quindi mi occupo di sanscrito, indologia, cultura dell’India. In quanto scrittrice, mi occupo anche di scrittura creativa. Nel 2014 ho frequentato, a Padova, dove vivo, il master “Death Studies and the End of Life, Studi sulla morte e il morire per il sostegno e l’accompagnamento”, diretto dalla professoressa Ines Testoni; dopodiché sono diventata io stessa docente del master negli ambiti della narrazione & death education e della concezione della morte in India. Tre anni fa, assieme a Patrizio Tressoldi e Fernando Sinesio, abbiamo fondato il GRIM, il Gruppo di Ricerca Italiano sulla Medianità.
Quando nasce l’interesse per questo tema?
Ho sempre avuto un certo interesse e una certa curiosità nei confronti della morte: spiritualmente, antropologicamente, esperienzialmente e filosoficamente; quindi mi interessava anche tutta la “zona grigia” della cosiddetta “after death communication”. Già da ragazzina, un caro amico di mio padre mi aveva introdotta a questi temi; poi, per anni, non ci ho più pensato, presa soprattutto dalla filosofia; finché un giorno, dopo un evento luttuoso e per certi versi traumatico, sono tornata a interrogarmi su cosa si muovesse in questo sottobosco di esperienze. Mi sono messa in contatto con Patrizio Tressoldi, ex ricercatore presso il Dipartimento di psicologia generale dell’Università di Padova, e oggi studioso senior dello Studium Patavinum, fondatore dello Science of Consciousness Research Group, e dunque indagatore dei fenomeni non ordinari di coscienza. Tressoldi, insieme ad altri intellettuali, è stato anche firmatario del manifesto per una scienza non materialistica. Insieme a lui e allo psicologo Fernando Sinesio, che è di stanza a Genova, abbiamo fondato appunto il GRIM, che vorrebbe indagare con metodo scientifico i fenomeni cosiddetti medianici.
Tu credi?
Mi piace definirmi, un po’ scherzosamente, animista. Ma non appartengo a nessun tipo di confessione religiosa. Mi sento molto chiamata, tuttavia, dai temi spirituali, soprattutto quelli legati all’interconnessione tra tutti gli esseri viventi.
Con Tressoldi e Sinesio hai pubblicato di recente una ricerca su una rivista scientifica. Come funziona?
Due anni fa abbiamo ottenuto un finanziamento dalla portoghese Bial Foundation, presentando il nostro progetto di ricerca, a un tempo quantitativo e qualitativo, ovvero sul doppio binario della raccolta di dati oggettivi, statisticamente rilevanti, da una lato, e dell’analisi di dati ottenuti dalle narrazioni verbali, dall’altro. L’articolo a cui fai riferimento è uscito su Omega – Journal of Death and Dying, rivista peer-reviewed. Vengono riportati i risultati di ciò che abbiamo indagato in questi mesi con 28 medium, in ben 100 canalizzazioni.
Cos’è una canalizzazione?
Il channeling, la canalizzazione, è il contatto che il medium-canalizzatore realizza con le cosiddette “entità disincarnate”.
Da quali domande siete partiti?
Ci siamo chiesti se e in che modi un sedicente medium possa realizzare questo tipo di contatto; il che, naturalmente, chiama in causa altre “grandi” questioni, del tipo: la coscienza sopravvive o meno alla morte fisica? È solo un epifenomeno cerebrale o c’è dell’altro? A dispetto del paradigma materialistico dominante, oggi sono in molti a indagare quell’“altro” (si pensi solo al campo delle NDE, le Near Death Experience, e le OBE, Out of Body Experience).
Come avete provato a rispondere a queste domande?
Intanto abbiamo rintracciato le medium (dico “le” perché al momento sono tutte donne). La prima cosa fatta è stata intervistarle (ai fini della ricerca qualitativa che ti dicevo), poi, sulla base di un protocollo scientifico da noi approntato, le loro facoltà medianiche sono state “testate”. Il metodo, in breve è il seguente: per escludere qualsiasi scambio di informazioni “utili” o eventuali fenomeni telepatici, la procedura avviene in triplo cieco, ovvero, tutte le parti coinvolte sono all’oscuro circa l’identità del defunto. Da un primo ricercatore vengono reclutati i sitter, cioè coloro che desiderano contattare dei defunti specifici. I sitter comunicano soltanto il nome di battesimo del defunto, nient’altro. Vengono quindi formate delle coppie di defunti dello stesso sesso. Un secondo ricercatore è deputato a interagire, via Skype o WhatsApp, col medium (in due canalizzazioni distinte, una per defunto), fornendogli il nome di battesimo del defunto da canalizzare e ponendogli delle domande standard, del tipo: “Qual è l’aspetto fisico del/la defunto/a?”, “Dov’è nato/a?”, “Che lavoro faceva?”, ecc. Le registrazioni vengono poi trascritte e formattate, escludendo, da quanto raccolto, oltre il nome del defunto, anche le informazioni troppo generiche (es.: “X dice che ti ama”, “X non vuole che ci si preoccupi per lui/lei…). Il file, con i dati dei due consulti della coppia di defunti, viene inviato al primo ricercatore che li appronta per poi sottoporli, anonimi, ai sitter, affinché vengano da loro valutati secondo una scala che va da 0 (informazione totalmente errata) a 6 (informazione totalmente corretta). Ciascun sitter sceglie poi quella che ritiene essere la canalizzazione relativa al suo defunto.
Sembra davvero complicato.
È impegnativo per i medium, più che complicato concettualmente. C’è poi l’analisi dei dati. I criteri di accuratezza che il medium deve raggiungere sono i seguenti: superare in almeno due consulti il 55% delle informazioni corrette con una differenza minima del 25% tra informazioni corrette ed errate (es. 55% corrette e 30% errate oppure 60% corrette e 35% errate, ecc.); nel caso in cui la differenza tra informazioni corrette ed errate sia inferiore al 25% (es. 55% corrette e 40% errate), ottenere una valutazione globale del consulto riferito al proprio defunto superiore a 3 (scala 0-6).
E cosa avete ottenuto alla fine?
La ricerca sembra confermare l’ipotesi che i cosiddetti medium siano in grado di ricevere delle informazioni corrette, e che le ricevano dai defunti stessi. Consiglio anche la lettura dei due libri di Sinesio: Al di là del conosciuto, voll. 1 e 2.
Avete avuto qualche problema con il CICAP.
Ovviamente. Siamo stati accusati di rilasciare dei “patentini di medianità”. Ma non è così. Quel che rilasciamo è solo l’attestazione che il medium X ha superato i criteri stabiliti dal nostro protocollo scientifico.
Di solito i medium si fanno pagare?
Alcuni sì; altri no; altri ancora scelgono l’offerta libera.
Secondo te perché c’è molta opposizione a ricerche come le vostre, nonostante gli standard rigorosi?
Perché il paradigma imperante è quello materialista, con il quale però non tutto può essere spiegato o bellamente liquidato. Forse è tempo di accettare la possibilità di un dialogo proficuo tra scienza e tradizioni mistiche e sapienziali, non solo occidentali.
Spesso e volentieri gli scettici sostengono che ci sia di mezzo l’autosuggestione, ma il paradigma di senso comune oggi è quello degli scettici, dunque il pregiudizio sarebbe da parte loro.
Esatto. Anche lì sta il bias. Se per partito preso tu dici che tutto questo è illusorio (se non frode bella e buona), il problema è tuo. La scienza stessa ha dimostrato nel tempo delle cose che inizialmente sembravano assurde. I medium che partecipano alla nostra ricerca vogliono comprendere, tanto quanto noi, quel che accade loro. Siamo tutti impegnati in questa direzione.
Rupert Sheldrake ha studiato a Cambridge e a Harvard, faceva parte della Royal Society, ma a un certo punto è stato cacciato dalla comunità degli scienziati per le sue tesi.
Ma anche Elisabeth Kübler-Ross, autorità indiscussa nel campo della psicotanatologia (suo è il celebre modello delle cinque fasi dell’elaborazione del lutto), è stata osteggiata nel momento in cui ha reso note le sue convinzioni circa l’immortalità.
Come ve lo immaginate l’aldilà?
Ci sono molti studi e testimonianze da parte di svariati medium in merito. Ne parleremo presto nei nostri nuovi articoli, quindi non anticipo nulla.
Qual è il luogo comune più diffuso sull’aldilà?
A mio avviso quello delle pene postume. Ciò che al momento tutte le medium dicono è che la visione infernale, di castigo, non è realistica. È solo qui che ci troviamo a penare, nella dimensione terrena, nostra “palestra” evolutiva.
Che ci dici sulle case infestate? È solo folklore?
Non mi azzarderei a liquidare il fenomeno come folklore, né ad asseverarlo. Bisogna indagarlo.
E sulle possessioni?
Stessa cosa. E so per certo che questi studi vengono già condotti.
Ma i morti possono dirci i numeri del lotto?
Preferisco pensare che “i morti” non vogliano (né forse possano) interferire col nostro arbitrio. Sarebbe già molto se si limitassero a osservarci con benevolenza.
Gli studi che state portando avanti che ruolo potrebbero avere per la società?
Al di là di quello che potrebbe venire in mente subito a chiunque, tipo l’ausilio che un sensitivo potrebbe fornire alle forze dell’ordine, per noi ricercatori si tratta più della possibilità di un ampliamento della consapevolezza ai fini di una vita realmente etica e interconnessa: quali effetti potrebbe infatti avere sul nichilismo imperante sapere, e non solo credere per fede, che la coscienza, o una qualche sua espressione, non scompaia con la morte fisica?
Si parla mai di reincarnazione?
Alcune medium ne parlano, sì. Ma se ne parla in generale da quanto? Secoli?
Hai mai avuto casi di gente che si definisce la reincarnazione di altri?
La psicopatologia è sempre dietro l’angolo, è bene essere chiari su questo. Ma sì, i casi ci sono e vengono studiati da più parti.
Per finire, c’è un messaggio che è arrivato da qualche tuo caro defunto che usi come bussola per la tua vita?
Sì. Una grande rassicurazione rispetto a tante cose temute, senza ragione. E un senso di enorme, pacificante benevolenza.