Essere minacciati per aver espresso un’opinione. Parte da qui il racconto di Daniele Capezzone. Tutto inizia l’anno scorso, quando il direttore editoriale di Libero era intervenuto al Tg4 per commentare l’obbligo del velo islamico per le donne. La tesi di Capezzone era che le donne fossero nella gran parte dei casi obbligate a indossarlo. “Cosa che è parsa al marocchino una valida ragione per minacciarmi”. Di chi si tratta? El Mahdi Tbitbi, ex aspirante cuoco arrivato in Italia a undici anni e radicalizzatosi nel nostro Paese. Dall’apertura verso l’Occidente al martirio. E, nel frattempo, in attesa di partire il 20 settembre per la Giordania e, forse, poi per l’Arabia Saudita, qualche minaccia su Instagram e su Facebook. Tra queste anche i messaggi minatori diretti a Capezzone: “Userò tutta la tua famiglia, per fartelo capire: questo poco amichevole messaggio,” racconta il giornalista, “era direttamente indirizzato a chi scrive questo articolo. Ma ce n’erano anche molti altri – come dire – più generali, rivolti erga omnes verso tutti noi occidentali, per definizione infedeli: Preparate le vostre teste ad essere tagliate, Io amo la vendetta, e ancora Morire non è un problema, Esploderò, Percorrerò questa strada fino alla morte”. Le indagini sono state condotte dalla pm milanese Bruna Albertini e dalla Digos coordinata da Antonio Marotta. El Mahdi Tbiti, spiega Capezzone, “si trovava in un centro di accoglienza di Milano dove saltuariamente lavorava come interprete e mediatore culturale: segno di come proprio in questi snodi delicati – sociali e professionali – possano nascondersi insidie di segno integralista. E viene dunque da chiedersi: quanti saranno gli ‘El Mahdi’ che non conosciamo, totalmente invisibili, non segnalati come radicalizzati, apparentemente ‘mimetizzati’ nel normale tessuto sociale delle nostre città? E cosa diranno, che semina faranno, verso le persone con cui entrano in contatto? Non è purtroppo difficile immaginarlo”.
Le indagini sono state avviate anche a seguito della denuncia di Capezzone, che ricevuti i commenti di odio del ragazzo marocchino scelse nel 2023 di passare alle vie legali. Tra gli obiettivi polemici di Tbiti anche Giorgia Meloni e Papa Francesco. Una virata antioccidentale che per Capezzone dimostra come “per questi fanatici il Medio Oriente e le nostre capitali occidentali sono semplicemente due diversi teatri della stessa battaglia: la violenza e la morte possono essere seminate alternativamente lì o qui”. Due i punti fondamentali a cui arriva Capezzone: “Che conclusioni possiamo trarre da questa vicenda? L’immigrazione va tenuta sotto controllo: senza cadere in automatismi o in colpevolizzazioni indiscriminate, è proprio dentro un’ondata troppo grande che possono nascondersi – o crearsi, come in questa vicenda – casi di integralismo”. E poi: “Nella dimensione di terrorismo fai-da-te in cui viviamo, con istruzioni ricavabili in rete e un pulviscolo di potenziali attentatori, anche figure apparentemente integrate o comunque inserite nel nostro tessuto sociale possono rappresentare una bomba ad orologeria. Occorre vigilare – cosa che le forze dell’ordine e gli apparati di sicurezza fanno in Italia in modo mirabile – ma occorre anche espellere sempre di più: meno di questi soggetti stanno sul nostro territorio, e meglio è”. Ma essere vigili è anche un compito che i cittadini devono prendersi in carico: “È decisivo denunciare tacere non serve. Anzi, diciamolo fuori dai denti: ieri (per chi mi legge stamattina) non avrò forse trascorso la migliore delle mie giornate. Ma, se mesi fa avessi deciso di non denunciare e se quindi il soggetto fosse rimasto a piede libero, sarebbe stato incomparabilmente peggio dover magari leggere la notizia, tra qualche tempo, di un crimine commesso da quel tipo contro una persona innocente. Pensiamoci bene prima di chiudere gli occhi e voltarci dall’altra parte”.