A trentuno anni dalla scomparsa di Elisa Claps l’ambulatorio medico a lei dedicato diventa finalmente realtà. Il progetto era stato annunciato nei mesi scorsi da Gildo Claps, che noi di MOW abbiamo intervistato, riuscendo a realizzare il sogno della sorella uccisa il 12 settembre 1993 da Danilo Restivo. Il suo corpo fu trovato soltanto diciassette anni dopo, nel 2010, nascosto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità a Potenza. “Sono davvero molto felice di poter annunciare che il sogno di Elisa di diventare un medico e di poter operare al servizio degli ultimi e dei più deboli in Africa si potrà tradurre in un progetto, fortemente voluto dalla mia famiglia, intitolato Il cuore di Elisa nel cuore dell’Africa”. Un progetto che, come ci ha raccontato Gildo, oggi verrà finalmente inaugurato. Nonostante la bellezza di quanto si è riusciti a realizzare, sarà sempre impossibile dimenticare cosa è accaduto in questi trentuno anni: infiniti depistaggi, indagini inconcludenti e una chiesa che ha solo alzato i muri. Come mai? Impedire che si arrivasse alla verità. E continuiamo a tirare in ballo Don Mimì Sabia, parroco della chiesa in cui Elisa fu uccisa, perché la domanda delle domande è soltanto una: “È possibile avere un cadavere nella propria casa e non saperlo?”. Insieme a Gildo Claps, fratello di Elisa, che mai in questi anni si è arreso, abbiamo tirato le somme di dove si è arrivati, ripensando a questo infinito e doloroso giro di boa lungo trent’anni. E l’abbiamo fatto passando anche per la serie Rai "Per Elisa - Il caso Claps", che dal suo debutto su Netflix ha raccolto solo consensi.
Gildo, siamo arrivati a trentuno anni senza Elisa. Che sapore ha questo anniversario?
Quest'anno l’anniversario ha più valore per l'ambulatorio in Congo, è con grande orgoglio che a distanza di un anno siamo riusciti a farcela. Il grazie va anche a tutto il sostegno che c’è stato. Noi siamo partiti come famiglia, con il consenso della Rai, ma poi è stata davvero una cosa incredibile. Siamo arrivati oltre i 50 mila euro in poco meno di un anno.
Avresti dovuto partecipare all’inaugurazione?
Si, sarei dovuto andare in Congo, dovevo essere lì, presente fisicamente all'inaugurazione. Poi la Farnesina ha raccomandato di non partire, perché oltre a tanti problemi, adesso c'è anche quello sanitario. E quindi abbiamo dovuto rimandare la partenza. Avevamo già i biglietti. Sarei dovuto partire insieme a Gianmarco Saurino (l’attore che interpreta Gildo nella serie). Però mi dispiaceva perché era tutto pronto, non era giusto legare necessariamente la mia presenza all’inaugurazione. Prima o poi ci andrò di persona, e quindi ho dato l'ok per inaugurarlo comunque.
E a Potenza avete organizzato qualcosa per ricordare Elisa?
Faremo un evento al Teatro Stabile, nel cuore della città, sempre per parlare dell’inaugurazione dell’ambulatorio. Quindi è un'anniversario importante.
Dalla Rai a Netflix. Ti sei accorto di quanto la serie su Elisa ha visto una nuova ondata di consensi dopo che è stata resa disponibile sulla piattaforma?
Sì, c’è stato proprio il boom, una cosa incredibile. È stata in testa per diverse settimane, davvero un successo che raramente accade per una serie così.
Non pensi che su questo abbia influito anche il target di utenti che raggiunge Netflix?
Ha raggiunto una fetta di pubblico che la Rai non riesce a prendere. Tantissima gente che magari non conosceva la storia, ma solo dei frammenti, ora sa cosa è accaduto a Elisa. Ed è una percezione che abbiamo avuta noi direttamente. È stato fantastico.
A distanza di un anno la targa a Don Mimì Sabia è ancora nella chiesa della Santissima Trinità.
Era quello che ci aspettavamo. Però io aspetto sempre che quella targa venga rimossa. Questo è il gesto che si aspetta tutta la famiglia, perché rappresenterebbe finalmente la chiusura con il passato, con quella figura, che pesa come un macigno su questa storia.
Non sono via la targa, ma anche delle scuse a voi famiglia di Elisa sarebbero più che dovute.
Ci starebbero delle scuse. Cambia la forma ma non cambia la sostanza. C'è una targa a Don Mimì e non una targa per Elisa in quella chiesa. È qualcosa di veramente vergognoso. Anche per il più cattolico credo che sia un insulto.
La gente ci va ancora in quella chiesa, o è finita l'ondata di curiosi?
No, non credo che ci vada altra gente al di là degli anziani che abitano lì. L'hanno voluta riaprire ma in realtà non è una parrocchia. Non c'è un ragazzo che entri là dentro francamente. Anche quello, alla fine, è diventato un boomerang. Resta come un mausoleo. Loro hanno, secondo me, estremo bisogno di chiudere questa pagina, ma non ci riescono. Anche perché, lo sanno benissimo che non ci aspettiamo un qualcosa che non siano solo parole, ma di concreto non è arrivato ancora nulla. Al di là della famiglia c'è una città intera che veramente si è spaccata su questa cosa, ed è una ferita ancora aperta. Ma diciamo che col passare del tempo la figura della Chiesa come intoccabile e granitica sta venendo meno.
Adesso, soprattutto nei giovani, che hanno conosciuto la storia di Elisa, c’è una presa di coscienza diversa.
Se ti fai un giro in chiesa la domenica l’età media viaggia sui 70-80 anni, i giovani capiscono. Io ormai non mi meraviglio più di niente ormai. Le ho viste tutte in questi anni, e con la riapertura della chiesa, che è stata una cosa veramente meschina, hanno toccato il fondo. Quindi adesso hanno bisogno di una ripulita e pensano di ottenerla senza pagare nessun prezzo. Questa è la verità, sono convinti della loro arroganza.
Avranno la presunzione di credere che, prima o poi, la gente dimenticherà.
Sperano che la storia di Elisa cada nell'oblio, che gli anni passano e che poi la gente non ricorderà più. Loro ricorrono sempre il tempo che passa, che cancella tutto.
Ma Elisa vivrà sempre nel ricordo di chi l’ha amata, e di chi oggi senza mai averla conosciuta continua a portare avanti la sua storia. Per Elisa, che mai verrà dimenticata.