Trentuno anni sono trascori dalla scomparsa di Elisa Claps, che a soli seddici anni è stata brutalmente uccisa da Danilo Restivo. Per diciassette anni il suo corpo è rimasto nascosto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza. L'ultimo posto in cui è stata vista viva e al tempo stesso il posto in cui mai è stata cercata. Con il giornalista e criminologo Michel Emi Maritato abbiamo ripercorso tutti i punti oscuri di questa tragica storia: “A un giorno dalla commemorazione della morte della povera Elisa Claps si ha come l’impressione che all’appello della giustizia manchi ancora qualcuno. Quel qualcuno che, per anni, ha tessuto una coltre di omertà così fitta da ammantare pure ciò che noi adibiamo al culto”. Tra le figure più controverse di questo caso c'è quella del parroco: “Quello che per tutti era Don Mimì, a capo della Chiesa della Santissima Trinità, luogo in cui Elisa Claps fu vista per l’ultima volta prima che se ne scoprisse la tragica fine. Elisa Claps, all’epoca 16enne, scompare il 12 settembre 1993. Don Mimì morì di morte naturale nel 2008, due anni prima che si scoprisse ciò che rimaneva della povera Elisa, proprio nel sottotetto della chiesa amministrata dal parroco in questione. Eppure erano troppi gli elementi che non potevano convincerci all’ora, in merito a questa drammatica vicenda, e che non ci convincono ancora oggi”. Il racconto di Don Mimì su quanto sapesse è sempre stato poco chiaro: “Le affermazioni di questo prete vengono smentite dai fatti. Come la famosa frase riferita a Filomena, la mamma di Elisa, Don Mimì ripeté due volte alla donna, proprio dopo la sparizione di Elisa: "Non conoscevo Elisa e non conosco Danilo (Restivo ndr)”. E continuiamo a chiederci: “Perché usare un tempo verbale al passato riferendosi ad Elisa, ed uno al presente per chiarire la sua conoscenza con l’assassino?”. Una frase che ci riporta a quella detta da papa Francesco a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983: “Durante un fugace incontro al termine di una messa il Papa informa la famiglia Orlandi che Emanuela è in cielo, è da decenni che cerchiamo questa ragazza, mentre sembra invece che loro abbiano già ben chiara la sorte di queste sparizioni, che ahimè hanno scosso il nostro paese, proprio perché, come nel caso di Elisa Claps, si trattava di raccapriccianti omicidi”. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: “Sono preti, uomini di Dio, sciamani o chiaroveggenti? Se non fosse che Don Marcello Sabia scrisse una lettera indirizzata alla famiglia Claps, che il prete non spedì mai, ma che venne comunque rinvenuta dagli inquirenti nel suo appartamento. Una lettera misteriosa, che sicuramente fornisce dei validi spunti per capire chi era veramente questo prete”. Don Mimì Sabia il giorno dell’uccisione di Elisa non si trovava a Potenza, si era infatti recato alle terme di Fiuggi. Un viaggio che era stato organizzato da tempo, ma che nella realtà dei fatti fu molto breve. Come mai? La convocazione in Questura: “Davanti agli agenti afferma di non conoscere Elisa e di conoscere appena Danilo Restivo. Un’affermazione falsa, che sarà smentita dallo stesso assassino, durante il processo celebratosi in Gran Bretagna. Qui nel frattempo Restivo aveva ucciso un’altra donna, Heather Barnett. Danilo afferma infatti che a partire dal 1986 aveva iniziato a tagliare ciocche di capelli ad alcune ragazze, tanto che si era affidato a Don Mimì. Un vero professionista, che sicuramente avrebbe individuato la pericolosità dell’individuo, ed avrebbe salvato queste donne. Tengo a precisare che arrivarono proprio a lui le lamentele di alcuni fidanzati delle ragazze alle quali l’assassino di Elisa aveva tagliato le ciocche di capelli".
Era noto a tutti che Don Mimì aveva rapporti con la famiglia di Danilo Restivo, eppure mentì. Perché? Non solo. Perché questo prete non fu accusato di falsa testimonianza quando disse di non conoscere Restivo? “Fu lasciato libero, la giustizia non lo raggiunse, tanto che gli fu addirittura dedicata una targa. Ma per cosa? Forse per l’egregio lavoro svolto in questo caso? Don Mimì non solo aveva rapporti consolidati con la famiglia Restivo, ma sembrerebbe addirittura che lo stesso, nonostante fosse ampiamente a conoscenza dei disturbi di Danilo, gli affidasse anche le chiavi della chiesa della Santissima Trinità. Al prete era tanto sconosciuto Restivo da presentarsi, nel 1990, alla festa del suo 18esimo compleanno. Insomma qual era la vera natura dei rapporti tra Restivo e Don Mimì? Per stessa ammissione di monsignor Agostino Superbo, all'epoca vescovo di Potenza, nel 2011 davanti ai pm che indagavano sul caso di Elisa Claps, descrisse don Mimì come "una persona tendente alla solitudine, tant'è che quotidianamente pranzava da solo al ristorante", e che "la sua chiesa sfuggiva in qualche modo al mio controllo". Un’affermazione forte questa fatta da Monsignore in merito a Don Mimì, tanto schivo che però amava la compagnia di Restivo, tanto da presenziare alla sua festa di compleanno, ed ergersi ad una sorta di guida spirituale, per farlo desistere dal continuare a tagliare ciocche di capelli alle ragazze. Non credo si tratti solo di misericordia o atto di carità verso il prossimo”. Don Mimì si premura poi di contattare monsignore Superbo. Motivo? Gli chiese di intercedere con il prefetto affinché fossero tolti i sigilli ai sotterranei della chiesa apposti per gli accertamenti giudiziari: “Così disse il prete in quella circostanza: “Che devono cercare, qui non c'è nessuno". Eppure di tracce in quei sotterranei ne furono trovate parecchie, comprese quelle della povera Elisa. E che dire delle affermazioni che trapelano nel 2011, grazie al legale della famiglia Claps Giuliana Scarpetta, quando i due vescovi, che subentrarono durante i 17 anni trascorsi fra la morte e il ritrovamento di Elisa, avevano omesso detta dichiarazione testimoniale: "La chiesa della SS. Trinità era sfuggita al loro controllo per la resistenza del parroco Don Mimì Sabia che non ammetteva ingerenze, entrambi i vescovi non hanno utilizzato gli strumenti che avevano per esercitare il loro dovere di controllo come l'avvicendamento del parroco. Noi li abbiamo ritenuti responsabili civili di quello che è accaduto nella chiesa della SS. Trinità". Come li possiamo evidenziare questi comportamenti, depistaggi?”. Ma cosa conteneva la lettera scritta, e mai spedita, da Don Mimì alla famiglia Claps? “Riportava la data del 19 settembre 1993, esattamente una settimana dopo la scomparsa di Elisa. Lasciava intendere che la ragazza si fosse allontanata spontaneamente, ma lui che ne sapeva? Diceva di non conoscerla, qual era il suo reale intento? Proteggere un suo “pupillo”, o sé stesso? Tengo a precisare che gli investigatori, a seguito della perizia calligrafica, stabilirono che a scrivere quella lettera fu proprio Don Domenico Sabia. A questo punto perché non inserire anche il prete tra gli indagati, esattamente alla stessa stregua di Restivo. Del resto la Legge non è uguale per tutti?”.
Don Mimì è stato addirittura premiato con una targa apposta nella chiesa della Santissima Trinità, dopo la riapertura avvenuta nell’agosto scorso: “Una targa dentro la chiesa degli orrori, dove lo si definisce un "illustre pedagogo”. Insomma, che dire, un premio al ricordo di un prete che sfuggiva al controllo dei vescovi, che si ergeva a guida spirituale per una persona fortemente disturbata tanto da compiere omicidi. Il prete ne rimane illeso, ma l’assassino ha continuato ad uccidere, e gli dedichiamo anche una targa per l’egregio lavoro svolto, un improprio o un tentativo di riabilitare l’inabilitabile?”. Una targa che rappresenta un vero affronto verso la famiglia di Elisa: “Don Mimì non è sicuramente un esempio per nessuno se si ragiona in termini di società civile e sana, se invece lo si vuole premiare per le false testimonianze allora sicuramente un merito potrebbe averlo”. Ed Elisa, in tutto questo? “Era lì che giaceva morta, nello stesso posto dove questo prete e Restivo si ritrovavano. Danilo era libero di entrare e uscire a suo piacimento da quella chiesa, per quale motivo poi questo prete avrebbe dovuto dargli le chiavi?”. Ma soprattutto: “Perché non è stato confrontato il Dna del prete con quelli trovati nel materasso, rinvenuto nel sottotetto della chiesa?”. Danilo avrebbe dovuto, e per tempo, affrontare i suoi evidenti problemi con qualcuno di competente: “Un ragazzo fortemente disturbato che doveva essere seguito da un neuropsichiatra, non da un prete e nemmeno da un esorcista. Sono certo che anche l’egregio Dottore Basaglia rabbrividirebbe nell’apprendere come un malato psichiatrico della portata di questo omicida, capace di uccidere alla stessa stregua di un killer seriale, fosse libero di agire, in più parti del mondo, e soprattutto affidato ad un prete che non possedeva né le competenze né le abilità per aiutare nessuno, in quanto egli stesso, tanto schivo e taciturno, da rifiutare la compagnia di altri fedeli, se non quella di Danilo Restivo. Agli inquirenti fu chiaro sin dall’inizio che Danilo Restivo fosse un personaggio disturbato, eppure all’illustre “pedagogo” Don Mimì no, che lo conosceva così bene?”. La violenza che Danilo ha manifestato nei confronti di Elisa è stato l'episodio che arrivava dopo un’escalation di comportamenti morbosi: “Importunava continuamente le ragazze con telefonate anonime, tagliava loro le ciocche dei capelli per conservarle come cimelio feticistico, tanto che amava portare anche qualche ciocca con sé. Restivo veniva descritto come l’autore di corteggiamenti insistenti, questo è ciò che dichiarano le amiche di Elisa”. La famiglia Claps aveva capito fin da subito che Danilo era l’assassino, perché non fu ascoltata? “Restivo è riuscito a continuare i suoi delitti anche fuori dall’Italia, e dobbiamo ringraziare la giustizia inglese se questo feroce assassino è stato assicurato alla giustizia, impedendogli di uccidere ancora. Però la povera Elisa per decenni non ha avuto giustizia, ed a ricordarcelo sarà una delle tante targhe apposte nelle chiese, che ci raccontano in latino certi illustri pedagoghi, che furono indubbi preti, e si ergevano a psichiatri”.