In vista delle elezioni americane di novembre, sempre più vicine, non si parla che della Convention dei democratici americani, in corso a Chicago in questi giorni. Tra i tanti ospiti presenti, è diventata protagonista indiscussa la coppia di coniugi Barack e Michelle Obama, intervenuti entrambi sul palco, con gli “Yes She Can” di endorsement per Kamala Harris - evocando il famoso slogan vincente del 2008 - e le “frecciatine” di Michelle verso Trump, che dovrebbe rassegnarsi al fatto che la presidenza americana è “è un lavoro da neri”. Tutta la stampa nostrana si è spesa in un tripudio di infiniti encomi ed elogi. Tutti i giornaloni mainstream "adorano" Barack Obama, Premio Nobel per la pace (preventivo, non necessariamente onorato) nel 2009, e il suo operato, quando Joe Biden era suo vice. Eppure, tra le tante lodi, ci si dimentica che Obama, il primo presidente afroamericano della storia, non fu sempre così “brillante”, soprattutto per quanto riguarda alcune questioni di politica estera.
A provare a suonare la sveglia è Daniele Capezzone (Libero): “Diciamolo senza fronzoli: questo culto di Obama, questa religione dogmatica e farlocca che ormai imperversa da oltre un quindicennio, ha stufato. Come ha stufato il 'credo' gemello: quello per cui, se vuoi essere una persona gentile, con il cuore e la testa al posto giusto, decente, accettata in società, tu debba per forza tifare per la Harris”, aggiungendo anche quanto, d’altra parte, chi “osa” preferire Donald Trump, venga “automaticamente buttato nell’inferno degli impresentabili”, attribuendo al repubblicano le “colpe” di tutto ciò che non va oggi negli Stati Uniti, dimenticando che da quattro anni al potere, sono in realtà i democratici.
Tra chi titola che “Michelle detta la linea democratica” e definisce Barack “il miglior presidente della storia americana” – sempre per il suo premio Nobel – ci si dimentica che Barack “ha sbagliato in Libia, così come ha sbagliato la scommessa sulle primavere arabe. Ha sbagliato con l’Iran: ora lo sappiamo che è proprio Teheran la testa del serpente. L’aveva capito Donald Trump, che costruì gli Accordi di Abramo isolando l’Iran e favorendo il dialogo tra Arabia Saudita e Israele. E invece non l’avevano capito – anni prima – Barack Obama e Joe Biden” commettendo degli errori “fatali”.
Nonostante la disastrosa situazione che regna oggi in Medio Oriente, con le tensioni ai massimi livelli tra Israele e Iran, oltre alla guerra a Gaza, e la delusione delle primavere arabe, dirette conseguenze delle politiche di Obama, l’ex presidente viene dipinto come “fascinoso ed eloquente, figo e 'cool' ”, sebbene – come sottolinea Capezzone - “quando era alla Casa Bianca non ne ha azzeccata una. E – tra qualche anno, quando le cose saranno auspicabilmente esaminate con minore partigianeria – contenderà a Jimmy Carter il titolo di peggior presidente americano degli ultimi 50-60 anni”. Difficile quando questo accadrà, ma forse la verità verrà restituita un giorno dalla storia.
Intanto Capezzone ironizza anche nella sua rassegna video, sottolineando come sui maggiori quotidiani “è tutta una cosa di violini per Kamala e Obama”, dove il Corriere ha anche pubblicato un murales con Martin Luther King, Obama e Kamala Harris insieme, mettendoli e paragone e dove Kamala, sempre sul Corriere “guida la svolta interna” con un “partito a trazione femminile”, mentre Donald è il “cattivo” tra “complotti e falsità”.