Sono trascorsi più di quarantadue anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. Un caso di cronaca in cui ormai è stato ipotizzato tutto e il contrario di tutto. Terrorismo internazionale, criminalità organizzata, coinvolgimento del Vaticano e chi più ne ha più ne metta. Una telefonata a casa prima di sparire nel nulla, poi più niente. Poi mai più. Quasi come se fosse stata inghiottita dalla terra, di Emanuela si perdono le tracce fuori dalla Basilica di Sant’Apollinare, dove si trovava la scuola di musica che frequentava. È stata avvicinata da qualcuno? Uno sconosciuto o una persona che conosceva? C’entra la Banda della Magliana? Domande ancora oggi senza risposta, nonostante i tre fronti d’indagine che stanno indagando sulla sua scomparsa: la Procura, la Commissione Parlamentare d’inchiesta e il Vaticano. Eppure, siamo sempre al punto di partenza. Eppure, quasi ciclicamente, si torna sempre lì. Alla via più facile, a quella di comodo. La “pista familiare”. Allo zio Mario Meneguzzi, che nel periodo immediatamente successivo alla scomparsa di Emanuela si è occupato di tenere i rapporti con la stampa e rispondere alle telefonate dei presunti rapitori. Motivo? il padre di Emanuela, Ercole Orlandi, era distrutto per l’improvvisa scomparsa della figlia. L’accusa, alla base di questa fantomatica “pista” si baserebbe su delle molestie fatte dallo zio Mario a Natalina, la sorella maggiore di Emanuela. Da qui il collegamento, che privo di oggettivi riscontri ma che si basa su delle supposizioni, con la sparizione della quindicenne cittadina vaticana. Chi scrive si chiede, ma dopo più di quarant’anni che senso ha gettare tutte le colpe nei confronti di una famiglia che ha perso una figlia? Una sorella? In un momento in cui dovremmo solo iniziare a togliere elementi dal piatto, e non continuare aggiungere ipotesi su ipotesi.
Natalina Orlandi continua a cercare Emanuela, e lo fa chiedendo rispetto da parte di chi si trova dall’altra parte attraverso lo studio legale “Tutela Donne” e “Per Marta e per tutte”: “La spettacolarizzazione del dolore non conosce distinzioni, colpisce la madre che ha perso il figlio in un incidente, la donna vittima di violenza domestica, i familiari di persone scomparse e le vittime di reati contro la persona. È accettabile sottoporre un familiare di una vittima a pressioni mediatiche sotto la propria abitazione? Non si tratta solo di rispettare la famiglia Orlandi, ma di costruire un sistema dell’informazione che tuteli la vittima”. Natalina ha già spiegato, quando venne per la prima volta fuori la questione dello zio Mario nel 2023, cosa fosse accaduto: “Per prima cosa non esiste stupro, secondo è una cosa che risale al 1978. Mio zio ha fatto delle semplici avances verbali e un regalo, ma quando ha capito che non c’era nessun tipo di possibilità è finito tutto lì. Indubbiamente in un primo momento sono rimasta scossa e la prima cosa che ho fatto è stato parlarne con il mio fidanzato Andrea, che oggi è mio marito. Di questa cosa non sarei mai andata a parlare con mio padre, l’unica persona con cui mi sono confidata è stata il nostro padre spirituale. Ed è finito lì, questo è stato il grande rapporto che c’è stato con mio zio. Non c’è stato assolutamente altro". Un comportamento, da parte di uno zio che non è giustificabile, ma se la famiglia di Emanuela avesse voluto una verità di comodo non lotterebbe con uno degli stati più potenti al mondo. La famiglia Orlandi per Emanuela vuole soltanto la verità.