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Caso Mediobanca, Orcel (UniCredit) e le fondazioni per la scalata a Banco Bpm, mentre un’inchiesta su Mps agita il risiko bancario…

  • di Matteo Suanno Matteo Suanno

  • Foto: Ansa

13 giugno 2025

Caso Mediobanca, Orcel (UniCredit) e le fondazioni per la scalata a Banco Bpm, mentre un’inchiesta su Mps agita il risiko bancario…
Unicredit, Banco Bpm, Mps, Commerzbank, Mediobanca e Generali: il risiko bancario italiano ed europeo si infiamma tra offerte pubbliche, Golden Power, inchieste giudiziarie e strategie che si intrecciano con i palazzi della politica e il mondo delle fondazioni. L’amministratore delegato di UniCredit, Andrea Orcel, al centro della scena, tra sponde che si assottigliano e ostacoli crescenti, mentre le Fondazioni Cariverona e Crt invocano il dialogo per evitare lo stallo e un naufragio delle grandi manovre. Il tutto mentre a Milano si accendono i riflettori della Procura su una cessione lampo del 15 per cento del Monte dei Paschi (Mps), con attori, tempi e modalità che sollevano più di un interrogativo sul futuro del sistema creditizio

Foto: Ansa

di Matteo Suanno Matteo Suanno

Il risiko bancario italiano vive settimane di altissima tensione, in un gioco di equilibri fragili e strategie complesse che coinvolgono i vertici delle principali banche – da Unicredit a Banco Bpm, da Commerzbank a Mps – e si intrecciano con le mosse di governo, Consob e magistratura. Al centro del campo di battaglia c’è Unicredit e il suo ad Andrea Orcel, che deve fronteggiare ostacoli su più fronti. L’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm, partita mesi fa con ambizioni di consolidamento, è finita in un vicolo cieco: dopo le rigide condizioni imposte dal golden power e lo stop di Consob, confermato dal Tar del Lazio, le chance di successo si sono ridotte al 20 per cento secondo lo stesso Orcel. Il vertice di Piazza Meda, con il presidente Massimo Tononi e il ceo Giuseppe Castagna, non fa sconti: parla di un’ops “senza chiarezza”, “straordinariamente lunga” e limitante per la flessibilità strategica del gruppo in un momento chiave per il credito. E se in Italia i colloqui per sbloccare la situazione sembrano fermi al palo, anche in Germania le acque sono agitate: l’ad di Commerzbank, Bettina Orlopp, respinge le dichiarazioni di Orcel e difende la strategia e il valore della banca tedesca, minacciando di far saltare l’ipotesi di un’aggregazione italo-tedesca che avrebbe potuto cambiare gli equilibri bancari europei. Unicredit si ritrova così in una posizione delicata, con dossier aperti su più tavoli e un clima che si surriscalda di giorno in giorno.

Risiko bancario
Il risiko bancario illustrato

In questo scenario carico di tensioni, si alza forte l’appello al dialogo delle Fondazioni bancarie, storici azionisti e garanti della stabilità del sistema. Al congresso annuale dell’Acri, svoltosi a Gorizia, il presidente di Fondazione Cariverona, Paolo Giordano, e quello di Fondazione Crt, che insieme controllano circa il 3 per cento di Unicredit, hanno invitato tutte le parti – governo, banche, regolatori – a sedersi a un tavolo e cercare un compromesso per evitare lo stallo. Giordano, da sempre vicino a Orcel, ha ricordato come “alzare muri non porti a nulla” e come “sia necessario un percorso comune”. Anche Matteo Tiezzi, numero uno della Fondazione Modena, ha ribadito che un eventuale flop dell’ops non sarebbe drammatico per Unicredit, che resta solida e ben guidata. Ma intanto il tempo stringe: la sospensione dell’offerta decisa da Consob e confermata dal Tar concede un margine per nuove trattative, ma le condizioni poste da Palazzo Chigi con il decreto golden power restano un ostacolo importante. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito che si attende ora la chiusura della fase di monitoraggio e le valutazioni sulle osservazioni presentate da Unicredit e Banco Bpm. La sensazione diffusa, però, è che serva un segnale politico forte per sciogliere un nodo che rischia di bloccare la più grande operazione bancaria italiana degli ultimi anni e di lasciare il settore del credito impantanato nel mezzo del guado.

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Ad accendere ulteriormente i riflettori sulle grandi manovre bancarie è l’inchiesta aperta dalla Procura di Milano sulla cessione del 15 per cento di Mps effettuata lo scorso novembre dal Tesoro attraverso Banca Akros. Un’operazione rapidissima – nove minuti in tutto – con quattro soli invitati: Banco Bpm (già protagonista del risiko), Anima, Delfin e Caltagirone. Tutti hanno offerto lo stesso premio del 5 per cento sul valore di Mps, sufficiente a evitare accuse di svendita ma non a fugare i sospetti su un processo poco trasparente. La scelta di Akros, piccola banca d’affari del gruppo Bpm senza esperienza su operazioni di simile portata, e la platea ristretta di investitori coinvolti, hanno acceso il dibattito e ora alimentano le indagini, che puntano a fare luce su eventuali anomalie o irregolarità. Sullo sfondo si stagliano i movimenti paralleli su Generali, Mediobanca e Banca Generali, con un mosaico di partecipazioni incrociate che lega Delfin, Caltagirone e Banco Bpm, e che rischia di infiammare ulteriormente il confronto nei palazzi della finanza e della politica. Un risiko che si gioca non solo sui numeri, ma anche sui nervi e sulle alleanze, e che vede il sistema bancario italiano alle prese con un passaggio cruciale per il proprio futuro.

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