Un audizione molto importante e particolarmente attesa quella di Domenico Giani, ex capo della Gendarmeria vaticana, che è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il nome di Giani è stato tirato in ballo tantissime volte a proposito di una presunta trattativa tra Santa Sede e Procura di Roma per spostare il corpo di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, dalla Basilica di Sant’Apollinare dove era stato sepolto. Il magistrato Giancarlo Capaldo, che a lungo ha lavorato al caso della scomparsa della quindicenne cittadina vaticana, durante la sua audizione aveva parlato proprio del ruolo di Giani: “Mi fece presente che non veniva di sua spontanea volontà ma perché era stato incaricato da padre Georg come segretario di Benedetto XVI e voleva segnalare che il Vaticano era preoccupato da una serie di valutazioni che si facevano sulla stampa che lo coinvolgevano come ente poco collaborativo nella ricerca di Emanuela Orlandi e, in particolare, Giani mi chiese come se fosse una richiesta che lui transitava, diciamo così, da padre Georg, di aprire la tomba di De Pedis perché il Vaticano riteneva importante che fosse aperta dalla Procura di Roma. Io prospettai al dottor Giani che il motivo per cui sulla stampa c’era questo ampio dibattito se aprire o no, era perché coloro che volevano aprirla, volevano controllare se con la bara di De Pedis fosse sepolta anche la salma della Orlandi. Io segnalai che la ritenevo una ipotesi assolutamente inverosimile posto che la Orlandi era sparita nel giugno dell’ 83 e De Pedis ucciso nel febbraio del ’90. Comunque il Vaticano non voleva la responsabilità di adottare un provvedimento di traslazione della tomba, io segnalai che come aveva dato l’autorizzazione alla sepoltura poteva dare l’autorizzazione alla traslazione e riferii a Giani che non era per me una priorità nelle indagini aprire la tomba di De Pedis, e lo invitai a valutare che come magistratura italiana non avevamo mai avuto un reale aiuto nelle rogatorie inoltrate alla magistratura vaticana”.
Questo il racconto fatto da Giani in Commissione: “Io non so perché De Pedis era lì, non me ne sono mai occupato, non faceva parte dei miei compiti. Se non fosse venuta fuori dai giornali probabilmente questa tomba sarebbe ancora lì. Anche io lo ritengo un fatto grave, ma detto questo non so perché c'era, non me ne sono occupato. Nel momento in cui i superiori della Segreteria di Stato si sono resi conto di questa cosa, è stato detto "questa tomba qui non ha titolo di starci" ed è stata portata via. Mi chiesero di prendere contatti con il dottor Capaldo, chiaramente, la richiesta proveniva dalla segreteria di Stato e da mons. Georg Gaenswein ed ecco perché quando il dottor Capaldo ha usato il sostantivo emissario sono rimasto molto basito perché non sono un emissario, ancorché non sia una parola offensiva di per sé, ma ero un capo della polizia, un servitore dello Stato, non l'ho trovata una bella cosa, mi ha dato fastidio, poi tutto il resto è comprensibile”. E sulle notizie su Emanuela che avrebbe potuto fornire il Vaticano: “Noi non potevamo offrire a Capaldo niente di quello che non avevamo. Noi non avevamo niente, io non sono un piazzista, non vendo fumo, ma servizi alla persona e alle istituzioni, se io posso parlare è perché sono certo di quello che dico”.