Recentemente è stato ascoltato in Commissione parlamentare d’inchiesta l’ex capo della Gendarmeria vaticana Domenico Giani, che è tornato a parlare della presunta “trattativa” tra Procura e Santa Sede circa lo spostamento del corpo di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare, proprio dove Emanuela Orlandi frequentava le lezioni di musica. “Io non so perché De Pedis era lì, non me ne sono mai occupato, non faceva parte dei miei compiti. Se non fosse venuta fuori dai giornali probabilmente questa tomba sarebbe ancora lì. Anche io lo ritengo un fatto grave, ma detto questo non so perché c'era, non me ne sono occupato. Nel momento in cui i superiori della Segreteria di Stato si sono resi conto di questa cosa, è stato detto "questa tomba qui non ha titolo di starci" ed è stata portata via. Mi chiesero di prendere contatti con il dottor Capaldo (al tempo procuratore aggiunto della Procura di Roma ndr), chiaramente, la richiesta proveniva dalla segreteria di Stato e da mons. Georg Gaenswein ed ecco perché quando il dottor Capaldo ha usato il sostantivo emissario sono rimasto molto basito perché non sono un emissario, ancorché non sia una parola offensiva di per sé, ma ero un capo della polizia, un servitore dello Stato, non l'ho trovata una bella cosa, mi ha dato fastidio, poi tutto il resto è comprensibile”.
Dichiarazioni che l’avvocato Laura Sgrò, che da anni segue la famiglia Orlandi, non ha mancato di commentare: “Sono emerse due verità oramai incontrovertibili, delle quali Pietro Orlandi riferisce da anni. La prima è che il comandante Giani incontrò più volte nel 2012 il dottore Capaldo, che al tempo indagava sul rapimento di Emanuela Orlandi, nell'ambito della estumulazione della tomba di Enrico De Pedis, sepolto incredibilmente nella Basilica di Sant' Apollinare; la seconda è che esiste un fascicolo avente ad oggetto Emanuela Orlandi in Vaticano, di "ricostruzione storica", che non può che essere frutto di una attività di indagine. Dall'audizione si è appreso, inoltre, che il comandante si è sentito offeso dalla Procura di Roma per non essere stato informato tempestivamente da quest'ultima della estumulazione di De Pedis e anche per essere stato definito "emissario" dal dottore Capaldo. Non una parola per chi invece, offeso lo è da quarantuno anni, gli Orlandi, ai quali il Comandante non ha ritenuto di dovere dire, già dal 2017, di essere stato lui a incontrare il dottore Capaldo quando i familiari di Emanuela, con atti formali, gli avevano chiesto di indagare su questo incontro tra il procuratore Capaldo e due misteriosi emissari vaticani. E neppure una parola sul fatto che di questa "ricostruzione storica", che adesso sarebbe nelle mani del Promotore di Giustizia, gli Orlandi chiedono di potere avere copia, da molti anni prima che venisse aperta una inchiesta vaticana. Collaborare significa lavorare insieme, e, purtroppo, non è stato questo il caso”. Collaborare per mettere alla famiglia Orlandi di arrivare alla verità, di arrivare a Emanuela…