Gennaro Sangiuliano non è il primo e non sarà l’ultimo a fare “figure di casta” tra intrecci magheggi e negazioni, poi doppie negazioni, che quindi confermano i sospetti. Forse fa parte del sistema e della natura umana, o della natura umana schiacciata da un sistema che, si dice, seduca (vuoi per il potere, vuoi per reazione freudiana all’ordine imposto dalla carica). Di fatto Gennaro Sangiuliano ha fatto quel che ha fatto con Maria Rosaria Boccia e, se dovesse scoprirsi peccatore, potrà almeno dire di aver peccato meno di altri. Questo stando a Marcello Venezia, l’ultimo intellettuale di destra in Italia che su La Verità dedica un pezzo al doppiopesismo dell’opposizione: “Sono amico di Gennaro Sangiuliano, attuale ministro della cultura, e perciò non mi sembra elegante difenderlo o attaccarlo per la vicenda che riguarda Maria Rosaria Boccia. Se fossero in ballo questioni importanti o risvolti penali il criterio sarebbe diverso; ma fino a prova contraria, si tratta di una questione di (in)opportunità e di (mal)costume”. Evitando di entrare nel merito finisce per entrare a gamba tesa su chi ha preceduto Sangiuliano e punta il dito contro Franceschini, culturista renziano – che potrebbe essere stato un rimpiazzo per sopperire al no di Alessandro Baricco: “L’osservazione preliminare è che il potere è da sempre assediato e insidiato da arrampicatrici e arrampicatori. Sarebbe facile poi ricordare casi gravi ma sottaciuti di familismi o di favoritismi da parte di ministri e politici del centro-sinistra”. E questo per dire che sì, non è un modo di spostare l’attenzione sulla sinistra, ma di dire, al massimo: nessuno è innocente in quel mondo lì.
“Ma quando gli accusatori di Sangiuliano sollecitano l’intervento e le indagini di magistrati e Corte dei conti, oltre le interrogazioni parlamentari in merito, a me sovviene un capitolo ministeriale passato indenne e inosservato perché investiva direttamente governi, ministri ed esponenti del centro-sinistra. Riguarda il cinema, visto che ci troviamo nei giorni del Festival del Cinema di Venezia”. Si torna indietro di un po’ e Veneziani menziona le sovvenzioni all’arte di una regista in particolare: “Tra i vari casi ne vorrei ricordare uno, particolarmente assurdo e particolarmente dimenticato dalla grande stampa e dai media. Mi riferisco ai film Te l’avevo detto e Magari di Ginevra Elkann, sorella di John (e di Lapo) e figlia di Margherita Agnelli. Quando era ministro della cultura Dario Franceschini lo Stato ha buttato via quasi tre milioni di euro per finanziare due opere che furono un assoluto flop e che non avevano alcun particolare pregio culturale. La regista della famiglia Agnelli-Elkann, ex Fiat, ricevette per la precisione 2.828.044, 32 euro tra crediti d’imposta e contributi a fondo perduto. Un film incassò appena 117 mila euro nelle sale. L’altro, precedente, era andato ancora peggio: aveva beneficiato di oltre un milione di euro ma aveva incassato in sala appena 12 mila euro, con l’attenuante in quel caso che era uscito al tempo del covid. Non vi parlo della preistoria ma di ieri, risalgono agli ultimi tempi della lunga gestione Franceschini del Ministero della Cultura. Lo stesso ministero che non aveva ritenuto di sostenere il film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, poi esploso nelle sale e nei media”.
Non si tratta di nomi fatti a caso. Chiunque potrebbe valutare l‘investimento sui film di Elkann come una sbandata in buona fede. Per Veneziani c’è di più e, pur senza accusare, mette insieme altri elementi: “Ma in questo caso, oltre l’ispirazione “progressista” del film e dell’autrice, c’è da sottolineare che i soldi pubblici sono andati a sostenere l’opera di una persona proveniente dalla dinastia degli Agnelli-Elkann e dell’impero Fiat, azienda già nota per aver scaricato sul pubblico le perdite private e aver beneficiato di incentivi e ammortizzatori statali; mentre si statalizzavano le perdite si continuavano a privatizzare i profitti; fino al paradosso di un’azienda-simbolo dell’Italia che batte bandiera straniera, anche sul piano fiscale, salvo usare ancora il marchio italiano”.