La vicenda Sangiuliano-Boccia è un caso vecchio come la storia della Repubblica. Lo notano tutti a destra e a sinistra, per esempio Filippo Ceccarelli su Repubblica (e il Fatto, che nomina gli illustri precedenti, da Brunetta a Berlusconi). Il ministro non si dimette, ha parlato con Giorgia Meloni, dovrebbe averla tranquillizzata, pare (nessuno ci crede), e ribadisce: “Mai un euro del ministero, neanche per un caffè, è stato impiegato per viaggi e soggiorni della dottoressa Maria Rosaria Boccia che, rispetto all'organizzazione del G7 Cultura, non ha mai avuto accesso a documenti di natura riservata”. Questo succede martedì. Nella notte tra martedì notte e mercoledì notte Maria Rosaria Boccia smentisce Sangiuliano tornando a spostare la guerra dalle dichiarazioni ufficiali e istituzionali ai social. In altre parole, vince l’ennesima battaglia (e guai ai politici che credono di poter battere un’influencer nella loro disciplina: lo sputtanamento). Boccia pubblica alcune nuove storie e gioca le sue sullo schermo. Le carte di imbarco per esempio. Quelle per Pompei. Nella mail si vedono i pdf dei “voli Sangiuliano/Boccia”. Poi anche il programma della cerimonia per la consegna delle chiavi della città di Pompei il 23 luglio, cerimonia a cui avrebbe partecipato seguendo il “timing” imposto dagli organizzatori.
Le mail arrivano da Narda Frisoni, pare, a capo della Segreteria di Sangiuliano. In una di queste si legge: “Gent.ma dott.ssa Boccia, dando seguito a quanto anticipato per le vie brevi poco fa, le allego i contatti miei e del mio collega per qualsiasi esigenza legata alla sua nomina quale Consigliere del Ministro “PER I GRANDI EVENTI”: Alessandro Ferrari, Antonio Mazza. E in effetti Boccia parlerà con qualcuno al ministero e ne darà prova sui social condividendo un audio. Oltre agli inviti, dunque, Boccia sembra dimostrare che anche i voli sarebbero stati pagati non da lei ma dal ministero, che attraverso la segreteria di Sangiuliano invierà le carte d’imbarco all’influencer. Se così non è, ci sarebbe da chiedersi perché la segreteria di un ministero della Repubblica si sia impegnata a far recapitare una carta d’imbarco che Boccia avrebbe già dovuto avere, avendo pagato almeno per se stessa.
C’è una cosa ancora più assurda. Gli occhiali con telecamera, i Ray-Ban Stories, usati da Boccia all’interno dell’edificio dove si trovano gli uffici del ministero e dove è proibito fare riprese non autorizzate. Tutto questo è uscito fuori grazie a Selvaggia Lucarelli, che sul Foglio dedica una pagina a ricostruire la cosa. E lo ha fatto guardando la pagina social di Boccia. Le storie in evidenza, sotto le etichette “Montecitorio” e “Sangiuliano”, altre due cartelle sono con il tricolore. Boccia interagisce con il suo pubblico, fa domande, aumenta le interazioni. Insomma, non si nasconde. E, nota Lucarelli, a un certo punto si vedono le mani. Lei non può ovviamente usare il cellulare per le riprese (vietato) e in effetti non è dal cellulare che partono le riprese. Partono dalla testa, dagli occhiali che indossa Maria Rosaria Boccia. È entrata nei palazzi delle istituzioni, ha evitato di usare un dispositivo “vistoso” come lo smartphone tenuto all’altezza del busto per produrre dei bei contenuti social, e ha usato dei Ray-Ban nuovissimi in grado di fare riprese. Boccia stessa prova a scagionarsi da sola con l’ennesima storia, spiegando che quegli occhiali sono legali (ma è legale indossarli e fare riprese in luoghi dov’è proibito?) e fornendo un altro particolare: quando si inizia il video compare un piccolo led bianco vicino alla lente. Allora la domanda è: una neo-nominata del ministero o, stando al ministero stesso, una figura esterna e senza nomina – anche peggio quindi come Maria Rosaria Boccia, può andare in giro indisturbata a fare riprese senza che nessuno se ne accorga? Dov’erano le forze dell’ordine, gli assistenti, chiunque abbia un ruolo nella sicurezza del palazzo? Possibile che sia stata Selvaggia Lucarelli a capirlo analizzando il suo profilo Instagram? Se fosse entrata in un ufficio e avesse ripreso dei documenti o dei dati sensibili? Qualche domanda su tutto questo, e non solo sulla vicenda grottesca di un ministro pronto a saltare, forse dovremmo farcela.