Pietro Orlandi non ha mai indicato la Basilica di Santa Maria Maggiore come il luogo in cui sarebbero conservati i resti di sua sorella Emanuela, ma di una cassa che potrebbe contenere materiale relativo alla sua scomparsa. Documenti, prove, che secondo alcuni testimoni sarebbero conservati nella Basilica romana. Ma facciamo un passo indietro. Lo scorso gennaio, per ricordare il cinquantaseiesimo compleanno di Emanuela, come ogni anno aveva organizzato un sit-in in cui parlò per la prima volta della questione di Santa Maria Maggiore. A distanza di due mesi è tornato a parlarne in un’intervista al Fatto Quotidiano: “Sono andato a Santa Maria Maggiore insieme alla persona che me l’ha indicata, per verificare, visto che non lo ha fatto ancora nessuno. Ci hanno detto che da un anno non è più possibile avere accesso a quella zona perché Santa Maria Maggiore è stata commissariata e il commissario è un monsignore che sta a Santa Marta: solo lui ha accesso a quella zona. Mi hanno anche detto che da poco hanno messo tre porte chiuse a chiave prima di accedere a quella zona. Io ho provato a contattare questo commissario, gli ho scritto chiedendo un incontro riservato: ha letto il messaggio ma non mi ha risposto. Di questo ho parlato a Diddi un anno fa: hanno chiamato la persona che mi ha detto dei lavori da fare lì sotto che dice di essere andato lì? Io so che non è stato convocato né dalla Procura Vaticana né da quella italiana nonostante le due inchieste aperte. Se questa cassa è lì sotto sono andati a verificarlo? Avranno trovato qualcosa? Se non lo hanno fatto, può farlo la Commissione parlamentare”.
Maria Giovanna Maglie nel suo libro “Addio Emanuela” ha inserito un certificato dei Servizi spagnoli in cui si parla della cremazione del corpo della cittadina vaticana scomparsa nel 1983, certificato che sembrerebbe essere stato conservato in una cassa. Forse la stessa che potrebbe trovarsi nella Basilica di Santa Maria Maggiore: “Sembra che le cose scritte dalla giornalista Maglie siano vere, che i servizi stranieri abbiano fatto un lavoro sulle criticità del Vaticano ed una di queste era la storia di Emanuela. La Maglie ormai è morta ma la sua grande amica Francesca Chaquoi (membro della Cosea, coinvolta anche nello scandalo di Vatileaks) può riferire su queste cose. Non penso si siano presi la briga di far cremare il suo corpo, se è vero che Emanuela sia morta a Londra come si lascia intendere nei cinque fogli. Non lo so, spetta a chi sta indagando scoprirlo”. Al momento le inchieste aperte per indagare sulla scomparsa di Emanuela sono tre: Procura, Vaticano e Commissione parlamentare. Tre fronti diversi che se mossi dalla volontà di arrivare fino in fondo, di arrivare alla verità dopo più di quarant’anni di silenzi e depistaggi, potranno mettere la parola fine al dolore per un’assenza che non ha spiegazione.