“La nuova fiction Rai è una poltrona per due”, titola Il Tempo sulle manovre interne al Cda della tv pubblica, aggiungendo che “la prossima batttaglia è tra l’ad Roberto Sergio e il dg Giampaolo Rossi” e che “sul rinnovo del consiglio di amministrazione si giocano le alleanze politiche”. Nell’articolo Luigi Bisignani, noto anche come “l’uomo che sussurra ai potenti” (come da titolo del libro scritto con Paolo Madron), sottolinea che Rossi (ora direttore generale) è un fedelissimo di Giorgia Meloni (“l’unico autentico vate del credo meloniano, anche se in passato ha strizzato l’occhio a Forza Italia”) mentre l’attuale amministratore delegato Sergio ha avuto “una vita a cavallo tra Dc e Pd”. L’attuale Cda è in scadenza a luglio 2024: Sergio punta alla riconferma, mentre Rossi secondo Bisignani sarebbe “convinto di conquistare il trono di via Mazzini in nome di una staffetta che gli fu promessa”, anche se “non dovrebbe però dimenticare che in politica - perché la Rai è politica - le staffette non hanno mai funzionato, come quella storica tra Craxi e De Mita, negli anni ’80”. Cosa succederà? Riuscirà la Meloni a incasellarsi nei poteri forti (a cui la guida di viale Mazzini certamente appartiene)? O preverranno altre dinamiche (tradotto, verrà “fregata”, magari dagli stessi alleati)? Lo abbiamo chiesto a Michele Anzaldi, già deputato nonché segretario della commissione di vigilanza Rai.
Anzaldi, da lungamente addetto ai lavori che giudizio dà dell’attuale situazione del servizio pubblico radiotelevisivo, in particolare del dibattito aperto sulla “poltrona per due” per l’ad Sergio e il dg Rossi in vista della nomina del nuovo amministratore delegato col prossimo Cda?
“Sicuramente Bisignani ha colto nel segno: quella che sembrava una semplice nomina notarile, l’aver indicato Roberto Sergio come Ad col presunto accordo di una staffetta dopo un anno con Giampaolo Rossi, pare ormai uno scenario totalmente superato. In base allo Statuto Rai sia Sergio che Rossi potrebbero, in piena legittimità, essere nominati Ad col prossimo Cda, perché il regolamento prevede che ogni consigliere di amministrazione può ricoprire l’incarico per un massimo di due mandati, ed entrambi alla fine di questa consigliatura ne avranno fatto uno solo. Quindi sia l’uno che l’altro potrebbero essere indicati”.
Secondo lei chi ha più chance, se davvero sarà una corsa tra loro due?
“Registro che Sergio ha fatto delle scelte che mettono in crisi la vulgata di una Rai diventata monocolore meloniano, basti vedere il trattamento riservato da Report al cofondatore di Fratelli d’Italia e seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa. Mi pare che l’inchiesta della trasmissione di Rai3 sia andata in onda regolarmente senza problemi, come accadeva in passato, e l’Ad non ha mai messo in discussione il programma”.
Quindi secondo lei Sergio potrebbe ottenere la riconferma grazie a manovre dei partiti che non sono Fratelli d’Italia?
“Chiunque voglia impedire che la Rai diventi davvero una semplice espressione della propaganda di Palazzo Chigi e di Giorgia Meloni dovrebbe pensarci bene prima di dare il benservito a Sergio e mettere un amministratore delegato come Rossi. Davvero i partiti vogliono affidare l’azienda a chi si vanterebbe di essere l’unico autentico vate del credo meloniano, per usare ancora le parole di Bisignani? D’altronde la maggioranza che governa la Rai non è un monocolore, ma poggia su partiti come la Lega e Forza Italia, che già in passato hanno bloccato la nomina di Rossi, e di un partito che dovrebbe essere di opposizione come il Movimento 5 stelle. Se davvero la scelta fosse tra la riconferma di Sergio e la promozione di Rossi non darei il risultato così per scontato”.