Lo champagne di Davide Lacerenza (che porta il suo nome) è già diventato un oggetto di culto per i fan dell’ex re delle notti milanesi. Ma non tutti sembrano essere particolarmente entusiasti di questa “trovata” del proprietario della Gintoneria, ora agli arresti domiciliari, accusato di sfruttamento della prostituzione e spaccio di droga. Su Dissapore la giornalista freelance Valentina Dirindin si è chiesta perché il Comitè Champagne, organismo che tutela il suo vino “come se fosse la cosa più preziosa che ha (perché in effetti lo è)” non abbia ancora detto nulla sullo champagne di Davide Lacerenza. “Il buon nome dello Champagne non si tocca, ed è certamente uno dei segreti del suo successo” ha scritto la giornalista, spiegando che gli italiani dovrebbero “prendere spunto” per tutelare le proprie produzioni. E invece? “Ogni tanto qualche soggetto pensa anche di mettere il piede in quelle altrui, come ha fatto Davide Lacerenza con il ‘suo’ champagne”.

Della bottiglia di champagne del proprietario della Gintoneria, con un prezzo che supera i trecento euro, ne abbiamo parlato anche noi di MOW, raccontando di come queste bottiglie siano diventate quasi un oggetto da collezione. E la giornalista si è chiesto: “ma al Comité andrà bene associare il buon nome dello Champagne a quello dell’ex di Stefania Nobile, finito agli arresti per un presunto giro di droga e prostituzione?”. Uno champagne “realizzato con una lunga conservazione sui lievi, periodicamente controllata e degustata” e “realizzato in poco più di mille bottiglie”. L’unica speranza, secondo Valentina Dirindin, “nostra e probabilmente anche del Comité, è che siano effettivamente andate esaurite in fretta”.

