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Che ingrati i politici (e che codardi i mafiosi): nemmeno un necrologio per Matteo Messina Denaro?

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

26 settembre 2023

Che ingrati i politici (e che codardi i mafiosi): nemmeno un necrologio per Matteo Messina Denaro?
Abbiamo cercato sui giornali i necrologi di Matteo Messina Denaro, ma… niente. Non se ne trovano. Neanche della figlia. E nemmeno dei politici che hanno beneficiato dei voti e dei “favori” della mafia. E nemmeno dei mafiosi stessi. Hanno il coraggio di mettere le bombe ma non quello di far pubblicare un saluto al boss? Sono codardi? E pensare che la codardia è un’infamia tremenda per Cosa Nostra…

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

Niente, non si trovano necrologi per Matteo Messina Denaro sui quotidiani, neanche quello della figlia che ha preso il cognome in articulo mortis. Niente. Non esiste un politico che abbia da dirgli, se non “grazie”, almeno “diremo una preghiera per te che tanto ci hai beneficato”. Niente, neanche dalle carceri, dai non pentiti. Niente, nulla. Rendiamo lode ai Casamonica, che hanno il coraggio di impiantare funerali faraonici. Neanche i neomelodici siciliani, che (a mio parere giustamente, il fenomeno non è diverso dal gangsta rap americano) cantano le lodi dei boss in carcere, esaltano l’omertà e l’affiliazione, raccontano comunque un mondo che la letteratura e la musica dovrebbero raccontare – Roberto Saviano è il neomelodico della letteratura – hanno cantato qualcosa. Niente, nulla, non pervenuti.

Hanno il coraggio di mettere le bombe, di rendere famoso il loro nome ricattando lo Stato – che, forse, si è fatto ricattare abbondantemente, anche perché buona parte di esso è colluso – ma non hanno il coraggio di scrivere e fare pubblicare un necrologio, un atto cristiano. Bruciano i santini, parlano molto di Dio, ma nemmeno un necrologio. Di cosa hanno paura? Sono codardi? La codardia è un’infamia tremenda nel mondo mafioso. E allora perché niente necrologi?

saviano messina denaro
Messina Denaro e Saviano

Oggi c’era il necrologio del presidente della regione siciliana, Renato Schifani, per Mauro Rostagno, “ucciso dalla mafia”. Anche Sergio Mattarella lo ha ricordato. Ma Rostagno era vicino ad ambienti estremisti di sinistra, eversivi. Renato Curcio testimoniò al processo per il suo omicidio dicendo che non era stata la mafia a ucciderlo, bensì “cose indicibili”. Personaggio controverso sul quale però i necrologi si pubblicano.

Non per Matteo Messina Denaro. Che di sicuro spostava pacchetti di voti, influiva sulle elezioni, decretava gli esiti degli appalti pubblici.

Messina Denaro non ha voluto funerali religiosi perché a suo dire la Chiesa vive nel peccato. Cosa dovrebbe pensare di tutti i politici collusi ai quali ha fatto comodo l’appoggio dei voti della mafia ma che non hanno il coraggio di vergare due righe nel giorno della sua morte?

Mauro Rostagno
Mauro Rostagno

Rostagno sì, Messina Denaro no. Eppure, anche se si fa fatica ad accettarlo, terrorismo e mafia sono fenomeni assai più simili di quanto possa sembrare. Che poi la mafia abbia sfruttato l’odio per lo Stato per arricchirsi personalmente e che il terrorismo fosse in mano a poteri occulti ai quali conveniva una strategia della tensione non fa altro che sottolinearne le similitudini.

E non capisco neanche perché il terrorismo, nel sentire comune, sia un “delitto politico” mentre la mafia no, quando invece è lampante che anche la mafia abbia a che fare, e molto, con la politica. Strategia della tensione sia da una parte che dall’altra, e la morte in contemporanea con Giorgio Napolitano, che pretese la distruzione delle intercettazioni telefoniche tra lui e il fu ministro dell’interno Nicola Mancino sulla questione trattativa stato-mafia, non fa che beffardamente sottolinearlo.

È un paesastro, il nostro. Ingarbugliato e ipocrita. Chi ha avuto i voti della mafia non ha scritto neanche un rigo. Io direi: vergogna!

Sono l’ipocrisia, la collusione e l’omertà che mangiano viva la mia isola. Mi sarebbe piaciuto che in morte del boss qualcuno avesse avuto il coraggio di ricordarlo. Almeno quelli che hanno beneficiato della sua immonda crudeltà.

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