Ci voleva Donald Trump per intavolare negoziati di pace sull'Ucraina con Vladimir Putin? Davvero, in Europa, non c'era nessuno in grado di alzare la cornetta, telefonare al Cremlino e dialogare con il presidente russo per capire come far cessare la guerra sul fronte ucraino? A quanto pare no visto che, mentre Trump spiegava di aver avuto una lunga e produttiva conversazione con Putin, concordando con lui di avviare quanto prima negoziati per porre fine al conflitto, da Bruxelles si sono alzate ondate di indignazione. Non solo: l'Unione Europea, usata fino a pochi mesi fa dall'amministrazione Biden per pressare Mosca e ora ritrovatasi senza più alcuna voce in capitolo sul dossier ucraino, ha sparato le sue ultime cartucce dichiarando di voler “rafforzare il supporto all'Ucraina per la sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale di fronte alla guerra di aggressione della Russia”. Tutto inutile, o quasi, perché la vera partita diplomatica sull'Ucraina si giocherà lungo il sottilissimo filo che collega la Casa Bianca al Cremlino. Con condizioni, va da sé, decise dal “grande croupier” Trump.


Che cosa succederà nei prossimi mesi? Chi controllerà l'Ucraina? Andiamo con ordine. Innanzitutto, è importante elencare i protagonisti delle trattative di pace. Trump è l'uomo ispiratore dell'accordo con Putin, il businessman disposto a trattare una complessa vicenda geopolitica come un deal con altri uomini d'affari. Il presidente degli Stati Uniti ha telefonato sia al suo omologo russo che a Volodymyr Zelensky, cercando di capire cosa offrire al primo per far ritirare le forze russe dall'Ucraina e rassicurando il leader ucraino riguardo a una pace duratura. Putin, invece, è pronto ad accettare il non ingresso di Kiev nella Nato e a ottenere alcuni dei territori conquistati negli ultimi anni. Leggi: una cospicua fetta del Donbass, o meglio Donetsk, Lugansk e Mariupol, che passeranno sotto la bandiera russa e consentiranno al Cremlino di estendere il controllo sullo strategico Mar d'Azov. Gli Stati Uniti, intanto, incasseranno qualcosa. Già, perché il “bottino” di Trump dovrebbe corrispondere a 500 miliardi di dollari di terre rare (ossia litio, lantanio, cerio, neodimio, berillo...) che affollano il sottosuolo ucraino e che sono fondamentali per sviluppare una vasta gamma di tecnologie moderne. I grandi sconfitti, invece, si chiamano Zelensky, che, ammesso e non concesso che resti in carica, potrà assistere alla fine delle barbarie in Ucraina, e l'Unione Europea: sono i due attori che, presumibilmente, saranno estromessi o fortemente limitati da qualsiasi nuovo equilibrio ucraino...

Arriviamo quindi al nodo più spinoso di tutti: il controllo effettivo dell'Ucraina. La Russia si limiterà a gestire i territori conquistati e, se rispetterà l'accordo con Trump, ritirerà le sue truppe dal Paese. Gli Stati Uniti hanno specificato di non voler assolutamente schierare i propri militari all'estero né permettere che la Nato scenda in campo a sostegno di Kiev. L'Unione Europea, almeno a parole, continua a ripetere di voler sostenere Zelensky, e cioè un presidente che ha – politicamente parlando – le ore contate; un presidente che aveva promesso di riconquistare tutti i territori perduti e di sconfiggere Mosca, e che invece sarà costretto a cedere territorio al nemico. E allora, chi controllerà l'Ucraina del futuro? Un nuovo governo tutelato presumibilmente dalla comunità internazionale e da attori terzi come Turchia, India, Cina (insomma: il resto del mondo che l'Occidente ha sempre ignorato), e in qualche modo legato alle condizioni che saranno decise in sede negoziale da Washington e Mosca. Gli Stati Uniti potrebbero in ogni caso chiedere a Kiev garanzie su risorse strategiche (come le citate terre rare) e influenzare le decisioni politiche ucraine in cambio della fine del conflitto. Con buona pace di Bruxelles.

