A vederlo da lontano sembra uno di quei rapper francesi di origine africana che girano i video nelle banlieue. Avete presente? Quei ragazzoni enormi e muscolosi, sguardo duro come l'ossidiana, con gilet mimetici e armi orgogliosamente in bella mostra, scortati da decine di altri nerboruti che tengono il tempo su basi trap. E invece lui è Ibrahim Traoré, 37 anni, professione presidente del Burkina Faso, una striscia di terra che probabilmente manco sapreste individuare su una cartina geografica ma che sta incredibilmente facendo parlare di sé grazie alle gesta del suo leader. Traoré è un militare arrivato al potere quasi dal nulla. Nel 2022 ha messo a punto anni di esperienza trascorsi nell'esercito organizzando un golpe e diventando capo di Stato. Una volta presidente ha subito iniziato a ricostruire il suo Paese pezzo per pezzo. Perché mai dovrebbero interessarci le gesta di un militare africano? Semplice: il “capitano” Ib, come lo chiamano i suoi sostenitori, sta letteralmente terrorizzando l'Occidente. La spiegazione sta tutta nell'agenda di Traorè che, da presidente di ferro, ha espulso le truppe francesi dal Burkina Faso (entrando in collisione con Emmanuel Macron), cacciato le multinazionali occidentali e allineato il suo Paese a Russia, Cuba e Venezuela. Nei suoi discorsi promuove l'unità panafricana contro l'Occidente “colonialista”, predica l'autosufficienza nazionale e si dipinge come un anti imperialista radicale.

Pare sia scampato già ad alcuni attentati. E che sia finito nel mirino delle intelligence di Parigi e Washington, infastidite da un militare che sta sostanzialmente chiedendo all'Africa di svegliarsi e reagire contro l'influenza economica, politica e culturale dell'Occidente. Mr. Traoré si è già trasformato in un'icona rivoluzionaria, in una specie di incarnazione di Thomas Sankara, lo “Che Guevara d'Africa” che alla fine degli anni Ottanta era diventato presidente del Burkina Faso (ovviamente dopo un golpe militare), diventato icona del panafricanismo e della lotta contro il colonialismo e l'imperialismo occidentali. Non è un caso che abbia rilanciato le politiche economiche dello stesso Sankara racchiudendole in quella che ama definire una “rivoluzione popolare progressista”. E che in campo internazionale sia diventato uno dei più importanti sostenitori africani di un mondo multipolare, nonché il volto dell'Alleanza tripartita degli Stati del Sahel (Aes), un blocco regionale anti occidentale costituito da Burkina Faso, Mali e Niger. In patria Traorè sta praticando tolleranza zero contro i gruppi jihadisti. Sebbene il presidente avesse inizialmente promesso di consegnare il potere ai civili entro il 2024, pare sia pronto a rimanere al potere almeno fino al 2029. I critici, o “nemici” sostenuti dall'Occidente - come li chiama il Ib - vengono incarcerati o mandati al fronte nella lotta contro i terroristi.

È molto attento a coltivare la sua immagine. Sui cartelloni pubblicitari di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, viene mostrato mentre inaugura fabbriche e incontra dignitari stranieri. All'insediamento del presidente del Ghana, a gennaio, Traoré si è presentato con un'arma da fuoco, il suo caratteristico basco rosso e i guanti militari, ricevendo fragorosi applausi. La Russia, che ha inviato consiglieri militari a Ouagadougou poco dopo l'ascesa al potere di Traorè, potrebbe aver aumentato il suo appeal. L'African Initiative, un'agenzia di stampa legata al Cremlino, ha fatto del Burkina Faso il fulcro dei suoi “sforzi di soft power” nella regione. Di recente il capitano è volato fino a Mosca, ricevuto e abbracciato da Vladimir Putin. In decine di video virali su TikTok, intanto, si vede Traoré guidare eserciti immaginari e rovesciare imperi occidentali. Gli utenti lo acclamano come il “nuovo Sankara”, “Il Messia dell'Africa” e “Il Capitano del Popolo”. Un leader del genere infastidisce la Francia – che non ha ancora rinunciato alla Francafrique – e pure le grandi multinazionali occidentali – limitate dalle nazionalizzazioni avanzate da Traorè. Ma in queste ore il Burkina Faso ha lanciato anche Itaoua, la sua prima auto elettrica a energia solare assemblata localmente e costruita in collaborazione con aziende cinesi. Basata sul Wuling Mini EV, è dotato di una batteria da 31,45 kWh, autonomia di 330 km, ricarica rapida in 30 minuti e supporto solare. Viene prodotta a Ouagadougou, segna un passo fondamentale verso la mobilità sostenibile e la crescita tecnologica in Africa. Insomma, il "capitano Ibrahim Traoré sembra intenzionato a lasciare il segno nella storia, e l'Occidente presto o tardi dovrà farci i conti.

