Pugni sul tavolo, dichiarazioni pesanti e accuse. L'assemblea dei soci di Fenice, la società che custodisce i marchi di Chiara Ferragni, non è stata esattamente una tranquilla riunione di condominio. Il verbale notarile della seduta del 10 marzo, depositato giorni dopo, racconta tutto: c'è chi vuole rilanciare e chi invece vede il business ormai bruciato dopo lo tsunami Balocco.
I numeri sono impietosi: nel 2024 i ricavi sono crollati a 2 milioni dai 14 del 2022. Il bilancio 2023? "Perdita di 6,9 milioni e patrimonio netto negativo di 2,9 milioni". Serve un aumento di capitale da 6,4 milioni per tenere in piedi la baracca, e Chiara Ferragni si dice pronta a metterci tutto, se necessario, diventando padrona assoluta della società. Via libera al piano da parte della stessa Ferragni (che detiene il 32,5%), di Paolo Barletta (40%) e opposizione netta di Pasquale Morgese (27,5%).
Il primo a parlare è Claudio Calabi, amministratore unico di Fenice, che apre la seduta illustrando i conti: "Il bilancio al 31 dicembre 2023 tiene conto di tutte le passività, potenziali ed effettive, sorte nel corso del 2024, alla luce dei principi di prudenza e completezza, nel rispetto dei principi contabili". Ma Morgese e il suo team non la bevono: secondo loro il bilancio "non risulta assolutamente veritiero" e manca di trasparenza. "Dichiarazioni strumentali e pretestuose", ribatte la controparte.
"Contestiamo la carenza di documenti", attacca l’avvocato Filippo Garbagnati, rappresentante di Morgese, lamentando in particolare "l'assenza del bilancio della partecipata Fenice Retail". Chiede lo stop dell'assemblea, ma Calabi lo respinge al mittente. "I soci hanno un quadro informativo sufficiente", sostiene il commercialista di Ferragni, Federico Baccani.

Fenice Retail, infatti, è ormai un cadavere che cammina. "Si è cercato di trovare la soluzione migliore per traghettarla verso una liquidazione in bonis, lavorando con massima attenzione e prudenza", spiega Calabi. Ma resta la domanda: "Per quale motivo anche nel 2024 Fenice ha erogato ulteriore credito alla partecipata, credito poi nuovamente svalutato"? E nel budget 2025? "Perché vi sono costi di pertinenza della società partecipata, come ad esempio il pagamento dei dipendenti di quest’ultima"? La risposta di Baccani: le valutazioni sul bilancio chiuso a fine 2023 sono state fatte nel 2025 e questo spiega la diversa prospettiva.
Calabi tiene il punto: "A partire dall’1 novembre 2024, data in cui ho assunto la carica di amministratore unico, ho operato con la doverosa massima prudenza nella valutazione di tutte le poste passive, sia attuali che potenziali, sia pure in un’ottica di continuità aziendale".
A difesa della sua gestione, ribadisce di aver agito "con massima diligenza, massima buona fede, principio di correttezza e rispetto dei principi contabili". Ma Morgese e i suoi non mollano: vogliono vederci chiaro sulle spese legali, sui fondi rischi e sulle operazioni con parti correlate. Il sospetto? "Il bilancio non risulta assolutamente veritiero né corroborato da un'adeguata documentazione e manifesta un fabbisogno sensibilmente superiore rispetto alle effettive necessità della società", accusa il team di Morgese, anche "al fine di coprire l'operato del precedente organo amministrativo", ovvero Ferragni e Barletta.
Dopo due ore e venti minuti di scontro serrato, il bilancio viene approvato a maggioranza e l'aumento di capitale pure. Morgese vota contro, Garbagnati ribadisce che "si riserva di esercitare i propri diritti anche in via giudiziale". Insomma, la guerra non finisce qui: il prossimo round potrebbe giocarsi in tribunale. E Ferragni? Per ora incassa e rilancia. Fenice riparte, anche se con le ali spezzate.
