“Può cambiare mestiere, si è giocata la credibilità. Poco cash, molti flash”. Il commento di Roberto D’Agostino sul suo sito Dagospia è perentorio, cinico e distaccato. Non è carico del livore che accomuna la valanga di commenti social contro l’imprenditrice digitale seguiti all’esplosione del pandoro-gate, ma con freddezza riassume quanti molti pensano e ancor più auspicano. In troppi provano soddisfazione nel vedere le cadute di chi stava in alto. Ma sarà vero che Chiara Ferragni deve cambiare mestiere? Che “si è giocata la credibilità” è un fatto. Che possa ricostruire quanto danneggiato è però una probabilità in cui Ferragni crede. E infatti si è rivolta a Community, società specializzata in “brand reputation” e gestione delle crisi che ha tra i suoi celebri clienti nomi come la famiglia Agnelli Elkann, De Benedetti, Luxottica, Benetton, Moncler... Anche Massimo Segre si è rivolto a loro dopo lo scandalo delle corna svelate durante la festa di fidanzamento a Torino (ricordate?). Spetta alla società di Auro Palomba, Marco Rubino e soci ricostruire quanto si è rotto, cioè il cuore del business della Ferragni: il rapporto con i suoi follower. Le aziende pagano (pagavano, almeno) Ferragni perché lei arriva al pubblico, che vuole vestire come lei, avere il suo stile, far beneficenza come lei, avere successo come lei... Il pandoro-gate ha rotto la fiducia, e di conseguenza Chiara Ferragni non è più un testimonial appetibile per le aziende. Lo dimostrano Safilo e Coca Cola che hanno fermato le loro collaborazioni con l’influencer. La prima ha recesso un accordo per la produzione di occhiali marchiati con l’occhiolino azzurro simbolo della Ferragni. La seconda ha bloccato uno spot con Chiara protagonista pronto per essere mandato in onda in concomitanza con il Festival di Sanremo. Un danno economico e di immagine enorme.
Il primo video di scuse postato da Chiara sui social è stato molto criticato. Dai detrattori, ovviamente, che non hanno perso l’occasione per addentare i canini su una preda già ferita e abbattuta. Ma anche gli esperti di comunicazione ne hanno colto la debolezza: Ferragni non ha affrontato il punto, ha piagnucolato scuse (non abbiamo motivo di dubitare della sincerità dello scoramento), si è impegnata a pagare per riparare al danno (e giù di nuovo critiche: “la reputazione non si compra”, dicono), ha tirato in mezzo i suoi figli (ancora critiche: “lasciali fuori dai riflettori!”), e via così... Cosa avrebbe dovuto o potuto fare? E, soprattutto, cosa potrà fare per ricostruire quanto rotto? Intanto, per iniziare, la donazione di un milione di euro promessa all’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino è stata fatta, ed è un primo passo che solo con malizia può essere criticato. Per il resto, da Community non trapela niente su quali saranno le strade suggerite a Chiara Ferragni per risalire la china verso l’Olimpo virtuale da cui è caduta. Dovrà cambiare lavoro, come sostiene D’Agostino & Co? Le quotazioni di Chiara Ferragni non sono mai state così basse, tuttavia possiede le risorse, economiche e imprenditoriali, per farcela. La Ferragni ora ha chiesto aiuto a professionisti che in passato hanno trattato la reputazione di Lapo, un uomo risorto varie volte dagli abissi in cui si era infilato e ora, è più forte che mai.