Nessuno si aspettava uno strike simile. Tanto meno i funzionari delle Forze di difesa israeliane (Idf), convinti che l’Iron Dome, lo scudo incaricato di proteggere i cieli di Israele, riuscisse a neutralizzare ogni minaccia. E invece, in un raid notturno preparato nei minimi dettagli, Hezbollah ha bucato la grande muraglia di Tel Aviv centrando in pieno la base militare delle Idf adiacente a Binyamina, una città situata a circa 40 miglia dal confine libanese, uccidendo 4 soldati e ferendone una sessantina (alcuni si troverebbero in gravi condizioni). I sistemi di difesa aerea israeliani tendono a essere molto affidabili, ma questa volta non sono state segnalate allerte nella zona colpita dal gruppo filo sciita, il che solleva interrogativi su come il drone nemico sia riuscito a penetrare così in profondità nel territorio israeliano senza essere individuato. Dal canto suo, Hezbollah ha affermato di aver lanciato decine di razzi verso le città di Nahariya e Acri, nel nord di Israele, per saturare i sistemi di difesa aerea israeliani, lanciando poi contemporaneamente uno sciame di velivoli senza pilota. “Questi droni hanno sfondato i radar di difesa israeliani senza essere individuati e hanno raggiunto il loro obiettivo nel campo di addestramento della Brigata d'élite Golani a Binyamina”, ha fatto sapere Hezbollah.
Da una crisi all’altra, perché non c’è stato neppure il tempo di capire cosa fosse accaduto tra Israele e Libano che in Asia è scoppiata un’altra emergenza. La Cina ha schierato aerei e navi da guerra intorno a Taiwan, nell'ambito di esercitazioni militari definite dal Dragone come un “serio avvertimento” rivolto alle autorità “separatiste” di Taipei. Il Comando del teatro orientale dell'esercito cinese ha fatto sapere che le esercitazioni, che prevedono operazioni congiunte di esercito, marina, aeronautica e forze missilistiche, si stanno svolgendo nello Stretto di Taiwan, uno stretto specchio d'acqua che separa l'isola dalla Cina continentale, e attorno alla stessa Taiwan. Nei giorni scorsi, gli Stati Uniti avevano messo in guardia contro qualsiasi "provocazione" della Cina e denunciato operazioni "ingiustificate, con rischio di escalation". Per Pechino, “si tratta di un'operazione legittima e necessaria per salvaguardare la sovranità dello Stato e l'unità nazionale”.
Sempre restando sul fronte asiatico, i media cinesi hanno fatto sapere che sono stati schierati caccia, bombardieri e altri aerei d'attacco, diversi cacciatorpediniere e fregate. Al momento, e a meno di clamorosi colpi di scena, difficilmente scoppierà una guerra tra la Cina e Taiwan, nonostante i media di tutto il mondo continuino a enfatizzare le tensioni regionali. Diverso è il discorso in Medio Oriente, dove Israele sta già combattendo una guerra su più fronti (Striscia di Gaza, Hezbollah in Libano) e potrebbe aprirne uno nuovo direttamente con l’Iran. Gli Stati Uniti non sanno più come tenere a bada il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ormai intenzionato e eliminare ogni nemico dello Stato ebraico in un gioco al rialzo sempre più pericoloso. Già, perché l’Iran, a sua volta, è pronto a replicare colpo su colpo in un gioco al massacro letale per l’intero Medio Oriente. Washington è schiacciato tra due crisi troppo lontane, troppo importanti ma anche impossibili da controllare.