C'è un filo rosso che lega la Nato, gli Stati Uniti, l'Ucraina, la Russia e la Cina. E pure Taiwan, il Mar Cinese Meridionale e Kim Jong Un. Chiamiamolo effetto domino, o anche The Butterfly Effect. Il discorso è semplice, ma complesso allo stesso tempo. Nel cuore dell'Europa, da ormai più di due anni, sta andando in scena una guerra della quale ancora non si intravede una conclusione: quella tra Ucraina e Russia.
La Nato ha aperto il suo ombrello su Kiev fornendo il proprio sostegno militare ai soldati di Volodymyr Zelensky. Chiaro l'obiettivo: neutralizzare l'avanzata delle truppe di Vladimir Putin. Missione riuscita a metà, perché è vero che i presunti piani dello Zar (conquistare l'intera Ucraina?) sono falliti, ma è altrettanto vero che adesso l'Europa si ritrova a fare i conti con una classica “guerra di logoramento”. Quando e come finirà? Impossibile saperlo.
Certo è, invece, che la Nato, in occasione dell'ultimo vertice andato in scena a Washington per celebrare il 75esimo anniversario della sua fondazione, ha fatto infuriare la Cina. Il motivo? La sua estrema vicinanza alla Russia, della quale del resto è “partner senza limiti”. Dal momento che Pechino fa parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ha puntualizzato l'Alleanza atlantica, “deve smettere di fornire qualsiasi forma di sostegno politico e materiale” alla Russia. Non solo: per la Nato, il Dragone “costituisce un pericolo per l’Europa e la sua sicurezza”. Dulcis in fundo, nello stesso documento conclusivo sono stati citati altri nemici del patto, compresa la Corea del Nord.
In poche parole, la Nato è stata chiara: la Cina è un rivale sistemico dell'Alleanza ma è sulla buona strada per diventare il suo prossimo nemico. L’intensificarsi dei legami tra Pechino e Mosca desta “profonda preoccupazione” perché la nazione guidata da Xi Jinping è diventata “una facilitatrice decisiva” della guerra della Russia contro l’Ucraina. La diretta interessata ha ovviamente rispedito al mittente ogni accusa e rilanciato: “Invece di usare gli altri come capro espiatorio, la Nato dovrebbe riflettere su se stessa e prendere azioni vere per disinnescare la situazione e risolvere i problemi”.
Sarà sicuramente un caso, ma nelle ultime ore Xi ha inviato decine di aerei e navi da guerra intorno a Taiwan, l'isoletta situata a un centinaio di chilometri dalle coste cinesi, de facto indipendente, ma che la Cina considera parte integrante del proprio territorio e che, prima o poi, vorrebbe riannettere (con le buone o con le cattive). Le tensioni tra le due sponde dello Stretto di Taiwan si sono intensificate a partire dallo scorso 20 maggio, data dell'insediamento del presidente taiwanese Lai Ching Te, accusato dal governo di Pechino di aver imboccato "la strada dell'indipendenza" e di cercare la secessione dalla Cina con la complicità degli Stati Uniti.
Ma che c'entra la Nato con Taiwan? In teoria nulla, visto che l'Alleanza atlantica dovrebbe occuparsi di questioni riguardanti Europa e Stati Uniti. Il punto è che c'è un articolo del patto fondante del gruppo, il numero 5 del Trattato del Nord Atlantico, secondo cui un attacco armato contro uno o più Paesi membri dell'organizzazione sarà considerato quale attacco diretto contro tutte le parti, che dovranno così assistere lo Stato aggredito, nel caso anche attraverso l'uso della forza.
Consideriamo il “dinamismo” degli Stati Uniti nel Mar Cinese Meridionale, in prima fila nel sostenere Taiwan (e pure Filippine) in chiave anti cinese: nel caso in cui dovesse scoppiare una guerra tra le due potenze globali, allora la Nato potrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere trascinata nell'ipotetico conflitto.
E Kim Jong Un che cosa c'entra? È un altro nemico giurato degli Usa. E la sua Corea, quella del Nord, è ancora tecnicamente in guerra con la Corea del Sud, altro partner americano per eccellenza. Pyongyang potrebbe insomma approfittare delle crescenti scintille tra Pechino e Washington per gettare ulteriore benzina sul fuoco. Si aprirebbe così un fronte asiatico dagli esiti incerti.
La Nato e i suoi alleati asiatici - Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda - lanceranno intanto quattro nuovi progetti congiunti per “approfondire la loro cooperazione”. Non sono filtrati ulteriori dettagli. Sappiamo soltanto che si concentreranno su intelligenza artificiale, disinformazione, sicurezza informatica e Ucraina. Insomma, la Nato ha iniziato a prendere le misure in Asia. Il rischio di un'escalation è altissimo.