Nelle ultime settimane la Cina lo aveva definito “piantagrane” e “pericoloso indipendentista”. Per i media di tutto il mondo era invece semplicemente William Lai, il megafono del “voto anti-cinese”. Lai Ching-te, questo il suo nome esatto, alla fine ha vinto le elezioni di Taiwan diventando il nuovo presidente dell’isola rivendicata da Pechino. Lai, 64 anni e fiero autonomista, candidato del Partito democratico progressista (Dpp) attualmente al governo, ha ottenuto il 40,1% delle preferenze, pari a oltre 5,6 milioni di voti. Il suo principale avversario Hou Yu-ih, 66 anni, candidato del Kuomintang (KMT) che sosteneva il riavvicinamento a Pechino, si è fermato al 33,5% (circa 4,7 milioni di voti) mentre il terzo incomodo Ko Wen-je, 64 anni, del piccolo Partito popolare di Taiwan (Tpp) che si presentava come anti establishment, è finito terzo con il 26,5% dei consensi (quasi 3,7 milioni di voti). "Voglio ringraziare il popolo taiwanese per aver scritto un nuovo capitolo nella nostra democrazia", ha dichiarato il neo leader nel suo discorso di vittoria, perché "stiamo dicendo alla comunità internazionale che tra democrazia e autoritarismo, saremo dalla parte della democrazia". Ma chi è William Lai? Perché si fa un gran parlare delle elezioni taiwanesi? Quali sono i rischi all’orizzonte? E che cosa potrebbe succedere adesso?
Chi è il nuovo presidente di Taiwan
Partiamo dall’identikit di Lai Ching-te, aka William Lai. È il vicepresidente uscente di Taiwan, e succederà all’attuale presidentessa dell’isola, Tsai Ing-wen, anch’essa figura chiave del Dpp. Pechino è estremamente critica nei confronti di Lai, che nel 2017 si è definito un “lavoratore pragmatico per l'indipendenza di Taiwan”. Laureato ad Harvard, il nuovo presidente dell’isola proviene Lai del DPP è in lizza per succedere al suo capo, il presidente uscente Tsai, di cui è vicepresidente da quattro anni. Pechino è estremamente critica nei confronti di Lai, che nel 2017 si è definito un “lavoratore pragmatico per l'indipendenza di Taiwan”. Lai, 64 anni, laureato ad Harvard, proviene da un ambiente umile. Suo padre morì in un incidente in miniera quando lui non aveva ancora un anno ed è stato quindi allevato dalla madre. Prima di diventare vicepresidente, è stato sindaco della città di Tainan e successivamente premier di Taiwan. Al fianco di Lai troviamo Bi-khim Hsiao, già ambasciatore de facto di Taiwan negli Stati Uniti, che diventerà vicepresidente dell’isola. Una volta ottenuta la vittoria, Lai ha subito affrontato il dossier più scottante della tornata elettorale, i rapporti tra Taiwan e la Cina, spiegando di essere "determinato a salvaguardare Taiwan dalle continue minacce e intimidazioni della Cina" ma al contempo di voler mantenere lo status quo tra le due sponde dello Stretto. "Mantenere la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan è una responsabilità importante", ha aggiunto, promettendo che "userà il dialogo per sostituire il confronto" nei suoi scambi con Pechino.
Che cosa succederà adesso
La Cina, che considera Taiwan una sua provincia, o meglio una sorta di “provincia ribelle” da riannettere con tutti i mezzi, non può essere soddisfatta dell’esito delle elezioni. Lai, come detto, è un fervente sostenitore della sovranità taiwanese. Non a caso, prima del voto, le autorità cinesi avevano invitato gli elettori taiwanesi a fare "la scelta giusta", promettendo con il suo esercito di "schiacciare" ogni desiderio di "indipendenza". Lai, anche se non sostiene formalmente una dichiarazione di indipendenza, è come detto considerato dal Dragone un vero e proprio troublemaker. È qui che scatta un serio campanello d’allarme per l’intera comunità internazionale, visto che Pechino e Taipei hanno obiettivi e aspettative divergenti, e che il leader cinese Xi Jinping continua da tempo a promettere di conseguire la riunificazione di Taiwan con qualsiasi mezzo. Lai, inoltre, ha sottolineato di voler proseguire la linea dell’amministrazione Tsai, coincidente in politica estera con il rafforzamento delle relazioni con gli Stati Uniti e i loro partner. Come se non bastasse Washington ha lasciato intendere di voler difendere l’isola nel caso in cui il Dragone dovesse tentare un’offensiva militare nel tentativo di conquistarla. Dagli Usa sono arrivati a Taipei consigli, suggerimenti e pure i primi armamenti (altri potrebbero presto seguire), scatenando l’ira della Cina. È dunque lecito supporre che nel corso dei prossimi anni la tensione nello Stretto di Taiwan continuerà a restare altissima. Nel frattempo, secondo le stime di Bloomberg Economics, un’eventuale guerra a Taiwan potrebbe costare all’economia mondiale circa 10 trilioni di dollari, l’equivalente di quasi il 10% del pil globale. Ecco perché ci interessa sapere chi è William Lai e cosa intende fare per mantenere lo status quo.