Inaugurare l’anno accademico alla Luiss parlando di sessismo nelle fiabe? Fatto. L’impresa è stata portata a termine da Paola Cortellesi, attrice e star talmente premiata dal pubblico per il suo ultimo film, C’è ancora domani, da essere menzionata nei cartelloni delle manifestazioni, come accaduto a Roma in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Quindi perché non affondare il coltello nel dramma sociale della discriminazione di genere? Stavolta toccando una tra le più note storie per bambini del mondo occidentale, Biancaneve e i sette nani: “Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso? Perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia? Biancaneve faceva la colf ai sette nani!” E via con la polemica. Lo schema sembra il solito. Un personaggio famoso con voce in capitolo attacca un tema che sembra intoccabile, assolutamente superiore alla “critica del reale”, lo sport preferito da intellettuali e affini. Ma anche un capolavoro della narrazione per l’infanzia può finire sotto l’occhio attento degli alfieri del politicamente corretto.
È anche abbastanza normale che arrivino critiche da destra. Alcune più ferrate sulla materia, altre meno. Anche nel caso della Cortellesi c’è chi riesce a cogliere nel segno, come Luigi Mascheroni che firma per Il Giornale un breve editoriale che arriva al cuore della questione: “Ovviamente, come insegnano Propp, Bettelheim e Jung (ed evitiamo di citare Tolkien che è di destra), le fiabe non sono piene di stereotipi. Ma di funzioni, significati psicologici e archetipi. E senza scivolare nella battuta che fra Biancaneve obbligata a pulire casa e i nani condannati al lavoro in miniera forse è andata meglio alla prima, resta da dire che le fiabe non vanno cambiate, ma raccontate, tramandate e caso mai spiegate. Si chiama Tradizione. Poi se vuoi ne scrivi di nuove, con dentro Hansel e Greta Thunberg, trans e cacciatori vegani. E comunque Biancaneve fuggiva dalla matrigna, altro che patriarcato”. Cosa succede, però, se la bocciatura arriva non dal prof di destra, ma da sinistra? O, almeno, dalla tua stessa parte del campo di gioco? È il caso di Simona Vinci, Premio Campiello, autrice di Mai più sola nel bosco. Dentro le fiabe dei fratelli Grimm, un racconto appassionato della sua infanzia sulla via dell’emancipazione (con tutte le difficoltà che la nostra epoca poteva fornire; insomma, come in una fiaba). La scrittrice, nei suoi social, supera per femminismo le critiche di Paola Cortellesi al classico per bambini: “Le fiabe sono sessiste? Ciclicamente, questa inutile polemica si riaccende. Ho provato a raccontarlo qui, quanto sia limitata, sterile e per molti versi falsa questa lettura. Biancaneve, per esempio, non è quella che fa ‘da serva’ ai nani, ma è quella che ha il coraggio di scappare da sola nell'ignoto del bosco per sfuggire a un destino di morte. Cenerentola, per esempio, è quella che sfida le regole per partecipare, come tutte le altre ragazze, a una festa da ballo. E ci sono pure quelle che sfidano i padri padroni e scendono nell’oltremondo per andare ogni notte a consumare le scarpe ballando”.