L'attacco degli Stati Uniti ai siti nucleari iraniani segna una svolta nella tensione geopolitica in Medio Oriente. Donald Trump ha dichiarato che le forze americane hanno "distrutto" le strutture nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, utilizzando bombardieri B-2 per sganciare 12 potenti bombe "Bunker-Buster". Nonostante le parole trionfanti di Trump, l'Iran ha minimizzato i danni, affermando che il sito di Fordow non ha subito gravi conseguenze. L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) ha dichiarato che non si sono registrati aumenti significativi delle radiazioni. In un gesto di solidarietà, il primo ministro israeliano Netanyahu ha ringraziato gli Stati Uniti per l'azione. La risposta iraniana non si è fatta attendere, con missili lanciati su Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa, causando almeno 86 feriti. La situazione rimane tesa e incerta, con la comunità internazionale in attesa di sviluppi. Ma ora ci si continua a chiedere quale sarà la strategia di Israele. Eliminare, fino all'ultimo uomo e con ogni mezzo possibile, Hamas. Liberare gli ostaggi portati nella Striscia di Gaza. Neutralizzare Hezbollah e gli Houthi. Mettere “al sicuro” i Paesi confinanti, facendo in modo che le influenze di gruppi, gruppuscoli o leader vicini alle organizzazioni terroristiche possano lasciare spazio a personaggi amici. Colpire l'Iran, il grande nemico, prima che gli ayatollah possano produrre armi nucleari. Anzi no: uccidere tutti gli alti funzionari della Repubblica Islamica, fino alla Guida Suprema Ali Khamenei, e promuovere un “regime change”. Non si capisce più un caz*o: qual è l'obiettivo di Israele? Cosa vuole Benjamin Netanyahu? Il primo ministro israeliano sta davvero agendo per prevenire attacchi nemici oppure vuole semplicemente fare piazza pulita di ogni governo avverso in Medio Oriente e accontentare le frange più estreme dello Stato ebraico? Qualcuno (vedi il cancelliere tedesco Friedrich Merz) ha addirittura spiegato che Israele “fa il lavoro sporco per noi”, con quel noi che sta per “l'intero Occidente”. E allora cosa diavolo sta succedendo?

Israele sta unendo azioni necessarie legate alla salvaguardia della sicurezza nazionale, vecchi sogni di rivalsa contro nemici storici e ambizioni geopolitiche regionali. È vero: Hamas, Hezbollah e il (presunto) nucleare iraniano rappresentano minacce concrete per Tel Aviv. Ma una volta uccisi i capi delle organizzazioni nemiche – cosa avvenuta – non aveva forse più tempo aspettare gli Stati Uniti e negoziare con gli ayatollah per evitare il rischio che un conflitto tra due Paesi possa infiammare l'intero Medio Oriente? Anche perché l'Iran non è Hamas e neppure Hezbollah. Teheran sta rispondendo, colpo su colpo, ai blitz degli israeliani; ha bucato l'Iron Dome Usa in più di un'occasione e ha giurato di non volersi arrendere. Ok, andiamo avanti nel tempo: ammesso e non concesso che Israele riesca a sconfiggere Khamenei, cosa succederebbe a quel punto? La visione semplicistica che viene diffusa da alcuni media è: al posto degli ayatollah saliranno al potere rappresentanti di un governo amico. Ma siamo sicuri che questo sia un processo automatico? La storia dovrebbe insegnare... E ancora: neutralizzata la minaccia iraniana la regione mediorentale tornerebbe a essere immediatamente pacifica? Forse no...

Forse no, perché in Israele c'è già chi parla del “nuovo nemico” da combattere dopo aver chiuso i conti con l'Iran. Su un blog di opinioni esterne pubblicato da The Times of Israel si legge che “con Hamas quasi completamente smantellato a Gaza, Hezbollah sconfitto in Libano, il regime di Assad in Siria sostituito e i cieli dell'Iran sotto il completo controllo”, la mappa strategica del Medio Oriente deve sostanzialmente essere riscritta. Che vuol dire? Che “presto arriverà la fase successiva: la guerra d'influenza”. Da questo punto di vista l'avversario più pericoloso di Israele si chiama Qatar, un Paese che “indossa un abito elegante, ospita vertici internazionali, finanzia università d'élite e possiede una delle più potenti macchine mediatiche del mondo”. Dopo il nucleare iraniano in Israele c'è chi ritiene una minaccia Al Jaazera, ovvero l'emittente che darebbe al Qatar “il controllo sulla narrativa regionale”. Non è un affare da trascurare visto che questo Paese, agli occhi di Tel Aviv, finanzia il terrorismo, diffonde propaganda nemica e plasma l'opinione pubblica mondiale contro lo Stato ebraico. Come agire? Isolando il Qatar e convincendo gli Stati Uniti a spostare le loro basi dal suolo qatariota a quello di Israele. A quel punto sarebbe probabilmente il turno di un altro nemico di Israele: la Turchia di Erdogan. Quell'Erdogan che può contare su un super esercito e che fa parte della Nato, ma che ha anche dichairato che “Netanyahu e il suo governo stanno commettendo atrocità da mesi senza rispettare alcuna regola e hanno hanno scritto i loro nomi accanto a tiranni come Hitler e Pol Pot”. Meglio fermarsi in tempo prima che sia troppo tardi.

