Questo giornale ha ospitato un’interessante intervista di Matteo Cassol all’attore Pierfrancesco Favino. Tra le molte proposte delle dall'attore, che per realizzare il film "L'ultima notte di Amore" (e anche il podcast dedicato alle storie di agenti alle prese con le difficoltà della loro professione) ha ascoltato le storie di ex membri delle forze dell'ordine, ha detto in sostanza: "Pagati troppo poco per troppe ore di lavoro con rischi e tentazioni …”. Il problema degli stipendi dei poliziotti, ma direi degli statali in genere, è un problema sacrosanto, attuale ma di difficile soluzione e in questo momento non certo rapida. In attesa che questo governo trovi i fondi per potere migliorare le condizioni economiche di chi lavora nello Stato si potrebbero da subito trovare almeno delle forme di riconoscimento o di benefit per i dipendenti pubblici. A tal proposito mi permetto di suggerire a Mowmag, magari coinvolgendo lo stesso Favino, di avviare una campagna di informazione su una notizia che ho letto pochi giorni fa su alcuni giornali dal titolo : “Dipendenti pubblici, possibile anticipo della liquidazione”. Gli articoli dicono che un gruppo di parlamentari starebbe per depositare un emendamento che consentirebbe di equiparare il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) ovvero la liquidazione che il lavoratore privato riscuote andando in pensione, con il TFS (Trattamento di Fine Servizio) ovvero la liquidazione che il dipendente dello Stato riscuote andando in pensione. Come giustamente osserva Favino, gli stipendi già bassi oggi a causa del rincaro dei prezzi per il conflitto bellico in Ucraina, il sensibile aumento dell'inflazione, il protrarsi degli effetti della pandemia sul sistema produttivo ed economico, i livelli salariali rimasti immutati, rendono necessario ed urgente una risposta. In pratica, chi oggi è titolare di un futuro TFR può andare in Banca e chiederne l’anticipo e quindi avere con una somma notevole a disposizione prima della pensione. Il tutto, poiché si tratta di un anticipo garantito, senza il pagamento di alcuna rata o di altre spese mensili che andrebbero ad intaccare la disponibilità mensile dello stipendio. Ecco, tutto questo con il TFS non è possibile! Il dipendente pubblico ha una unica scelta per avere delle somme dalle banche ed è quella della Cessione del Quinto. Pratica che, come si evince dallo stesso nome, riduce lo stipendio mensile di un quinto, e quindi priva la famiglia del dipendente di disponibilità economica. Il provvedimento se approvato consentirebbe di eliminare questa disparità, o meglio ingiustizia di trattamento. Si potrebbero così sostenere le esigenze di liquidità delle famiglie attraverso un accesso al credito senza alcun costo mensile per le famiglie.
In particolare, l'emendamento riguarderà il personale delle forze armate, di polizia, vigili del fuoco, docenti, universitari, dipendenti di altri enti e tutti gli altri dipendenti pubblici assunti prima del 1° gennaio 2001, per un totale di oltre 3 milioni di dipendenti pubblici.
Per l’attuale quadro normativo, risalente al 1950, infatti, chi beneficia del TFR risulta maggiormente favorito rispetto a chi ha il TFS, in quanto durante il rapporto di lavoro il TFR può essere offerto a garanzia di un finanziamento ed è possibile chiederne, in alcuni casi, un’anticipazione. Al contrario, il dipendente pubblico non può dare in garanzia il proprio TFS, né chiederne un anticipo, potendo disporne solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Ferme e inalterate le funzioni retributive e previdenziali degli istituti del TFR e del TFS, la nuova norma uniforma, per limitati ma essenziali aspetti, il regime di disponibilità dei due trattamenti, prevedendo che, in pendenza del rapporto di lavoro, l’ammontare del TFS maturato possa essere concesso in garanzia consentendo in tal modo ai dipendenti pubblici l'accesso a nuove forme di credito il cui risultato finanziario sarà analogo a quello ottenibile con l'anticipo del TFR.
I mezzi di informazione ci dicono che dall’inizio della pandemia moltissimi dipendenti pubblici e pensionati hanno chiesto accesso con urgenza al credito nelle forme "classiche" della "cessione del quinto" per ottenere immediatamente liquidità per sostenere il reddito, compromesso dalla crisi economica, di propri familiari che operano nel settore privato. È, pertanto, urgente assicurare che i fabbisogni straordinari delle “reti familiari” (peraltro si stimano 150mila i nuclei familiari a rischio di esecuzione immobiliare) possano essere soddisfatti dal circuito ordinario degli intermediari finanziari vigilati (scongiurando le condizioni del ricorso all’usura), mantenendo, ove possibile, inalterate le capacità finanziarie dei dipendenti pubblici. Da questo punto di vista, attraverso la costituzione del pegno sul TFS, si consentirà l’accesso a nuove forme di prestiti il cui rimborso è posticipato ad un momento successivo alla data del pensionamento. Le risorse finanziarie così acquisite potranno assicurare il sostegno del nucleo familiare proprio o di un congiunto, spese mediche impreviste, l’estinzione di precedenti prestiti, anticipo per l’acquisto di un immobile e tante altre cose, senza rimborsi o rate mensili. La misura sarebbe funzionale a fronteggiare la crisi di liquidità dei lavoratori e consentire a loro e alle loro famiglie di realizzare il loro obiettivo/acquisto prima della data di pensionamento. Ma soprattutto metterebbe fine ad una disparità immotivata tra lavoratori. E da non dimenticare che la disposizione, contrariamente alla sacrosanta “proposta Favino”, non comporterebbe costi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica che anzi, grazie ai soliti bolli, tassi, e vari artefici burocratici, ci guadagnerebbe. E questa ultima riflessione mi permetto di sottolineare la potrebbe rendere operativa subito! Per questo penso che una buona comunicazione e, addirittura, con un testimonial come Favino, si potrebbe accelerare, o evitare che rimanga nel mondo dei buoni propositi, l’iter politico del provvedimento, mettere fine ad una disparità e dare, come dice Favino, un giusto riconoscimento ad una categoria.