Toni Capuozzo, storico inviato di guerra, è stato subissato di critiche e attacchi dopo aver espresso perplessità sul racconto “ufficiale” della strage di Bucha (quella dei civili ammazzati e lasciati per strada): nei suoi confronti ci sono state ripercussioni non solo sui social, vedi per esempio ritiro (effettivo o minacciato che sia) del Premio Ischia (“Pronto a restituirlo. Datemi il tempo di ritrovarlo. DHL va bene?”, ha ironizzato il giornalista). Ma cosa ha detto (e scritto) di così grave?
“La prima domanda che mi sono fatto – le parole di Capuozzo su Facebook, dopo un analogo intervento a Quarta Repubblica su Rete 4 – è: pensi che sia impossibile che i russi, ritirandosi, abbiano fatto, per vendetta e odio, una strage di civili? Non lo ritengo impossibile, ho visto troppe volte che la guerra porta a dare il peggio di sé. La seconda domanda è stata: pensi che sia impossibile che gli ucraini, aggrediti, bisognosi di aiuto, ansiosi di coinvolgere la comunità internazionale, abbiano «costruito» la scena? Ho una lunga esperienza, dal Kosovo al Libano, da Betlemme a Belgrado, di situazioni forzate, modificate, usate: in guerra ogni mezzo è buono. In più, in questo caso, ci sono i precedenti della ragazza di Mariupol (diceva la verità allora, o la dice adesso?), il mistero del teatro di Mariupol, i numeri che vengono forniti dalle Nazioni Unite e dagli ucraini su vittime civili e perdite militari russe (sarebbero morti 400 militari russi per ogni civile ucciso…)”.
Capuozzo sottolinea che “il mestiere del giornalista è farsi domande, anche quelle scomode. E allora mi ha sorpreso una sequenza di date:
- il 30 marzo le truppe di Putin abbandonano Bucha
- il 31 marzo il sindaco, davanti al municipio, rilascia una dichiarazione orgogliosa, sul giorno storico della liberazione. Non parla di vittime per le strade.
- il 31 marzo Maxar Technologies pubblica le foto satellitari che rivelano l’esistenza di fosse comuni attorno alla chiesa. È una scoperta che poteva essere fatta a terra: è la fossa che pietosamente gli abitanti del posto hanno iniziato a scavare il 10 marzo per seppellirvi i propri morti nella battaglia – siamo poco lontani dall’aeroporto di Hostomel – in cui nessuno avrebbe fatto distinzioni tra civili e militari.
Il 1 aprile va in onda a Ukraine TV24 l’intervista al sindaco. Non è accompagnata da alcun commento su morti per strada.
Il 1 aprile un neonazi che si fa chiamare Botsman posta su Telegram immagini di Bucha. Dice solo di aver trovato un parlamentare, in città, non parla di morti. Ma lo si sente rispondere a una domanda: «Che facciamo con chi non ha il bracciale blu?» «Sparate», risponde.
Il 2 aprile la Polizia ucraina gira un lungo filmato sul pattugliamento delle strade di Bucha (che non è enorme: 28 mila abitanti). Si vede un solo morto, un militare russo, ai bordi della strada. Nel filmato, lungo 8 minuti, ci sono abitanti che escono dalle case, e passanti che si fermano a parlare con la polizia. Lieti di essere stati liberati, ma nessuno parla di morti per strada. La cosa peggiore è quando uno racconta di donne costrette a scendere in una cantina, e uomini prelevati per essere interrogati.
Il 3 aprile il neonazi su Telegram incomincia a postare le foto dei morti. A tre giorni pieni dalla Liberazione.
Il 4 aprile il New York Times pubblica una foto satellitare che riprende i morti per strada, spiegando che è stata scattata il 19 marzo (quindi i corpi sarebbero per strada da quasi due settimane, sembrano le armi chimiche di Saddam).
Va da sé che onestà e indipendenza (che poi uno scambi l’indipendenza come dipendenza da Mosca mi fa solo ridere amaramente) impongono domande. Com’è che gli abitanti di Bucha che, sotto la dura occupazione russa, seppellivano i propri morti, questi invece, pur liberi, li lasciano sulle strade? Com’è che attorno ai morti non c’è quasi mai del sangue? Se una vittima viene sparata alla tempia, è una pozza, finché il cuore batte. Se gli spari che è già morto, niente sangue. Com’è che in una cittadina piccola e in guerra, dove nessuno presumibilmente si allontana da casa, nessuno ha un gesto di pietà, per tre giorni, neanche uno straccio a coprire l’oscenità della morte? Erano morti nostri o altrui? Se uno vuole credere, se cioè è questione di fede, anche l’osservazione che i morti, per bassa che sia la temperatura non si conservano così, è inutile. Morti pronti per il camera car che è una gimkana tra i corpi. Una volta tirai un sasso a un randagio, io che amo gli animali, perché si stava cibando del corpo di un terrorista, e non era in una città affamata”.
E ancora: “Resta l’orrore, e la speranza che commissioni severe indaghino e la facciano pagare ai responsabili. Se sono russi, irraggiungibili, resteranno nell’album delle infamie. Se qualche ucraino ha abbellito o costruito la cosa, è giusto almeno porsi un altro paio di domande scomode. Come fai a non mandare armi a un popolo così martoriato, come fai a non reagire all’orrore? Come fai a convincere l’opinione pubblica mondiale che bisogna mandare altre armi e puntare a punire l’invasore, non a negoziarne il ritiro? Come si giustifica un’escalation? In poche parole: a chi giova? Ma, attenzione, anche rispondere a questa domanda non dà alcuna certezza. Perché la guerra è calcolo, ma ancora di più follia e stupida ferocia”.
Le polemiche e le accuse di essere pro Putin non si placano, e allora Capuozzo (dopo aver sottolineato che sta circolando un video, verificato dal New York Times, in cui si vedono soldati ucraini che gioiscono al cospetto di russi apparentemente sgozzati dopo essere stati catturati e che sparano tre colpi a uno che ancora si muoveva a terra in mezzo al sangue) fa altre domande: “Perché non è stata coinvolta, sulla scena del massacro di Bucha, la Croce Rossa Internazionale? Lo sanno tutti che è il primo passo per denunciare un crimine, fare i rilievi, raccogliere testimonianze indipendenti. Una svista? Il timore che vedessero, ad esempio la scena che vi ho descritto prima? O che facessero domande indiscrete? Ho postato ieri il giornale ucraino che il 2 aprile annunciava un’operazione dei corpi speciali per stanare sabotatori e collaborazionisti dei russi. Com’è finita? I giornalisti andati sul posto lo hanno chiesto, se lo sono chiesti? Nessuno risponde”.
Qui sotto la versione fortemente censurata dal Daily Mail del video dei soldati ucraini. Qui su Telegram l’originale in tutta la sua crudezza e ferocia.
Sul caso di Bucha Capuozzo aggiunge: “C’è una documentazione, piuttosto sofisticata, che circola in rete che dimostrerebbe che la famosa foto satellitare del New York Times sarebbe stata scattata il 1 aprile. Non mi interessa molto perché se pure fosse stata scattata il 19 marzo non esiste che dei corpi restino all’aperto per quasi quindici giorni conservati in quel modo. Il New York Times fa il suo mestiere. Lo fa anche il Corriere della Sera. Non gli passa per la testa che sia improbabile che i corpi siano rimasti in strada 15 giorni. Ma avete mai visto il luogo di un massacro, anche dopo soli 2 giorni? Torno a domandare: dando per certo che i russi durante l’occupazione di Bucha hanno ucciso e commesso crimini, testimoniati dalle fosse comuni, dove i cittadini di Bucha hanno sepolto i loro morti sfidando l’occupante, perché improvvisamente, all’inizio di aprile, i morti per strada non vengono più sepolti, in quelle fosse? Se hai sfidato l’occupante nel gesto pietoso di seppellire, perché non lo fai più quando Bucha è libera? Erano morti altrui? Il primo fotografo giunto sul posto raccontò a Repubblica di aver visto in una cantina vittime con il bracciale bianco, collaborazionisti. Poi quel dettaglio è sparito. Lo intervistano, non glielo chiedono più. E lui, dovendo lavorare sul posto, non si dilunga. Ho sentito e letto di Bucha come spartiacque valicato, di punto di non ritorno. Se cercavano un’autorizzazione a procedere sulla via della guerra, l’hanno trovata. Non lo so se dietro quella strage ci siano menzogne o altro, so che, alla fine, è stata una strage, chiunque fossero quei morti e chiunque li abbia uccisi. Ma so che perfino lo spostamento di un corpo da esibire ai fotografi mi fa una pena infinita. Lo stesso morto, ma cambiamo la posa”.
Qui sotto le immagini a cui si riferisce Capuozzo.
Aggiunge lo storico inviato: “Va bene, faccio delle domande e nessuno risponde. Stiamo alle immagini, allora. Solo io mi accorgo che in almeno due fotografie le vittime hanno il bracciale bianco dei filorussi? Cos’è stato, il suicidio di una setta? Attendo risposte dai maestri che distribuiscono sdegno, pur di farci accettare tutto, economia di guerra e guerra stessa”.
Qui sotto le foto di cui parla il giornalista.