Sono quasi le 23 a Roma. È un lunedì qualunque. Come ogni sera le auto sfrecciano veloce sui cavalcavia della Tangenziale Est, a pochi passi dal quartiere Pigneto. Due persone, un uomo e una donna, camminano in via Prenestina tra le saracinesche abbassate di negozi chiusi e muri imbrattati di vernice e portoni tutti uguali. Stanno per rientrare a casa, al civico 62, in un palazzo dove abitano molti loro connazionali. Sono cinesi. Proprio come Zhang Dayong, 53 anni, e della moglie Gong Xiaoqing, 38 anni, freddati a colpi di pistola in quello che sembrerebbe essere un agguato in pieno stile mafioso, una vera e propria esecuzione sommaria, un regolamento di conti, un omicidio su commissione. Le indagini sono ancora in corso. Uno o forse due killer hanno aspettato che la coppia rincasasse per poi trivellarla con una decina di proiettili. Potrebbe trattarsi di un semplice episodio di cronaca nera se non fosse che una delle vittime, Mr. Zhang, noto anche come Asheng, era un pezzo grosso della criminalità cinese in Italia. Ben conosciuto alle forze dell'ordine, Zhang Dayong era considerato il collaboratore più fidato di Zhang Naizhong, considerato il grande capo della mafia cinese in Europa.

Nelle settimane precedenti altri cinesi hanno riempito le cronache dei notiziari locali (un fatto più che inedito). A Torino un 38enne è stato arrestato con l'accusa di aver ucciso a coltellate un connazionale in Via Lauro Rossi, zona Barriera di Milano, nella notte del 7 marzo. Pare che il movente dell'omicidio sia riconducibile ad un importante debito di denaro contratto dall'uomo e mai restituito alla vittima. A Prato un cittadino cinese è stato massacrato di botte da un gruppo di connazionali mentre si trovava in un bar. Sempre nel capoluogo toscano un altro cinese è stato pestato a sangue in una rissa dove sarebbero esplosi anche colpi di pistola. Sei pacchi bomba sono invece fatti esplodere contro alcuni magazzini di aziende di logistica collegati in qualche modo alla Elt Express di Zhang Di, figlio del citato Zhang Naizhong. Appare evidente come questi e altri episodi analoghi siano riconducibili a qualcosa che sta avvenendo all'interno della criminalità organizzata cinese in Italia. Clan che pochi anni fa erano soliti affari in silenzio, infatti, adesso si fanno la guerra in stile Gomorra, infischiandosene di finire nelle agende di inquirenti, pm e forze dell'ordine. Ma cos'è che ha scosso l'impenetrabile mondo delle Triadi?

Per capirlo dobbiamo seguire due vicende parallele. Da un lato c'è il business del capo dei capi della mala cinese, Mr. Zhang, che potrebbe esser stato interessato da una riorganizzazione interna con tanto di clan scissionisti e gruppi un prima partner e adesso rivali. Dall'altro bisogna prestare la massima attenzione alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Già, perché le tariffe monstre che Donald Trump ha imposto sui prodotti cinesi hanno colpito dritto al cuore gli affari delle piccole e medie imprese cinesi (legali e non): aziende impegnate, tanto in patria quanto all'estero, a produrre beni a basso costo da esportare – più o meno indirettamente - nei mercati occidentali (Usa compresi). Come si legge in una lunga inchiesta del The New Yorker del 2018, molte società cinesi di Prato esportano negli Stati Uniti, principalmente nel settore tessile. Queste imprese, spesso gestite da immigrati provenienti da Wenzhou, sono attive nella produzione di abbigliamento e accessori, sia per marchi di fascia bassa che per brand di alta moda come Gucci e Prada. Considerando che le Triadi controllano molte delle attività ombra che alimentano la rete dell'economia cinese in Europa, i dazi di Trump non hanno fatto altro che incrementare la compeetizione tra clan rivali. Lo scontro intestino alla mafia cinese è infatti nata ben prima delle tariffe della Casa Bianca, e si lega alla cosiddetta “guerra delle grucce”. Gli inquirenti non escludono che l'omicidio del braccio destro di Zhang a Roma possa rientrare nella faida tra gruppi cinesi per il monopolio della logistica nel settore dell'abbigliamento, sfociata negli ultimi due-tre anni, appunto, nella guerra delle grucce di Prato. Una guerra che dalla Toscana si è espansa a macchia d'olio nella capitale, a Milano, nel resto d'Italia e pure in Europa. E che i dazi di Trump le mosse di Zhang Naizhong hanno ulteriormente aggravato.

Torniamo al duplice omicidio di Roma. Il nome di Dayong compare tra gli imputati del processo nato dall'inchiesta “China Truck” del 2018, coordinato dai magistrati della Dda di Firenze, sull'attività di bande di trafficanti cinesi soprattutto nel campo dell'abbigliamento e della logistica. L'inchiesta avrebbe svelato la presenza nella città toscana di figure apicali, per tutta Europa, della mafia cinese, collegate alla madrepatria. Il blitz avvenuto nella capitale ha avuto, quindi, come obiettivo una figura apicale del gruppo criminale e legata a Zhang Naizhong, considerato al vertice dell'organizzazione. Un personaggio, così come emerge dalle carte di vecchie inchieste, “determinato e volitivo”, capace di imporsi, “senza porsi alcuno scrupolo nell'uso della violenza”, come “punto di riferimento” della criminalità cinese “in Italia e nell'intera Europa”. Come ha scritto Repubblica, il grande capo Zhang si sarebbe ritirato a Roma - insieme al figlio e ai suoi uomini fidati - quando si è infiammata la guerra delle grucce di Prato. Dayong sarebbe stato il suo referente: una testa calda, che in passato aveva creato diversi problemi al boss (liti con affiliati, risse, mancanze di rispetto), ma che alla fine era stato perdonato. Naizhong era stato arrestato nel gennaio 2018. Secondo le indagini aveva interessi criminali che spaziavano dal gioco d'azzardo alla prostituzione, dalla droga al monopolio del trasporto di merci contraffatte. Tuttavia, sia il Tribunale del riesame che la Cassazione hanno annullato l'accusa di associazione mafiosa, sostenendo che non esistevano “gravi indizi” di colpevolezza per tale contestazione. Il processo a suo carico ha intanto subito numerosi rinvii a causa di problemi tecnici, come la mancata disponibilità dei 56 faldoni del fascicolo, e di questioni procedurali, come difetti nelle notifiche e richieste di legittimi impedimenti. Morale della favola: Zhang Naizhong è ancora a piede libero.

L'ansia della mafia cinese di perdere intere fette di mercato per colpa dei dazi degli Stati Uniti. Il tentativo di alcuni gruppi di estromettere Zhang Naizhong dal giro che conta. Clan che si sfaldano a causa di lotte intestine. L'uomo del “capo dei capi” ucciso a Roma come segnale di avvertimento. Ecco cosa sta succedendo all'interno della criminalità cinese in Europa, con l'Italia che è diventata epicentro di uno scontro ormai visibilissimo e pericoloso. Soprattutto pericoloso, perché i gangster cinesi hanno imparato a collaborare con i “colleghi” delle mafie tradizionali italiane e riciclano denaro anche per i cartelli della droga messicani e colombiani). Che significa? “Ipotizziamo di avere un milione di euro sporchi in Italia, giriamo questo denaro ai broker cinesi, loro ordinano ai loro sodali di dare la quantità equivalente di denaro a noi. I sodali poi si prendono cura del denaro da ripulire. Immediatamente è immesso in un sistema di riciclaggio che sposta denaro in conti bancari in Cina. I soldi poi si muovono oltre confine e sono ripuliti o con investimenti o nei paradisi fiscali. Un sistema perfetto e difficile da tracciare”, ha spiegato alla Rai Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark (Usa). “Da anni i clan della ‘ndrangheta utilizzano reti clandestine cinesi per riciclare e spostare milioni di euro in tutto il mondo. La criminalità cinese, come più volte confermato dalle relazioni semestrali della Dia, ha rapporti con altre realtà criminali italiane: con la 'ndrangheta, la camorra, Cosa Nostra e persino con le mafie pugliesi. Ha la capacità di relazionarsi anche con esponenti di gruppi criminali stranieri albanesi e nigeriani”, ha aggiunto l'esperto. Il duplice omicidio in via Prenestina è soltanto la punta di un iceberg enorme. E ancora tutto da scoprire.
