Perché Donald Trump sembra perennemente incazzato? Per lo stesso motivo per cui Silvio Berlusconi sorrideva sempre? Tra minacce, bullismo alla “mi baciano il culo” e pragmatismo americano: di fronte ai politici, in questo momento specialmente rispetto al presidente degli Stati Uniti, ci si divide sostanzialmente in due fazioni: o è pazzo, o è un gran figo. Magie della comunicazione: per capire meglio la situazione abbiamo chiesto un commento a Patrick Facciolo, l'analista della comunicazione che offre un servizio che dovrebbe essere garantito dallo Stato. Il suo ultimo libro, Fallacie Logiche, uscito per HarperCollins, si potrebbe descrivere riassumendolo come un corso di autodifesa dalla comunicazione ingannevole. Fitness per il cervello, un po' come riportare al senso originale la frase di Giovenale, depredata dagli sportivi: mens sana in corpore sano, che per intero era: “Bisogna pregare affinché ci sia una mente sana, in un corpo sano”. Ovvero, non ce ne facciamo nulla di un benessere fisico, se manca quello psichico, oggi come sempre minacciato dalle strategie, e dalle abitudini, di comunicazione.

Perché oggi è fondamentale imparare a difendersi dai discorsi fallaci?
Le fallacie logiche sono errori di ragionamento nascosti. E i politici ne commettono moltissimi, talvolta intenzionalmente, per cercare di manipolare la percezione degli elettori. Lo racconto nel mio ultimo libro, “Fallacie logiche”: anziché argomentare in modo razionale, i politici cercano spesso di suscitare emozioni in chi li ascolta, in modo da persuadere le persone in modo più convincente. Facendo leva su bias cognitivi, ovvero su scorciatoie di pensiero.
Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro? E perché proprio ora?
La risposta sta nella tua prima domanda: perché è fondamentale imparare a difendersi dai discorsi fallaci, cioè da discorsi che contengono errori di ragionamento nascosti. Mai come oggi la razionalità è in esilio, a vantaggio di emozioni, spesso, distruttive.
Quali casi famosi di comunicazione analizzi in Fallacie Logiche?
Da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi, da Barack Obama a Margaret Thatcher, Da Steve Jobs a Vladimir Putin, più un elenco innumerevole di esempi che potranno farvi riflettere sulla comunicazione di numerosi politici italiani contemporanei, benché non siano direttamente citati.

La comunicazione di Trump, in generale. Stefano Massini ha scritto che “il sorriso è il grande assente”, e che si presenta come un “leader livido, rabbioso e ringhiante”. Sei d'accordo?
Dobbiamo deciderci: Berlusconi era quello del “sorriso in tasca” e per molti non andava bene. Trump è quello senza sorriso, e per quegli stessi molti non va bene lo stesso. Non possiamo usare gli aspetti non verbali e paraverbali dei politici sulla base degli accadimenti del momento. Trump è rabbioso perché chi l’ha votato è rabbioso. Restituisce, come la stragrande maggioranza dei politici contemporanei, ciò che gli è stato chiesto. Semmai, sociologicamente, sarebbe bene domandarsi come mai oggi sia proprio la rabbia l’emozione dominante tra gli elettori.
Possiamo dire che ha portato lo stile del wrestling nella geopolitica?
Trump in ambito geopolitico ha sempre avuto una comunicazione avversativa. Oggi ci risuona più d’effetto perché siamo vittime del solito recency bias, un fenomeno psicologico per cui ciò che accade oggi ci sembra più importante di ciò che è accaduto in passato. E questo, semplicemente, perché non ne ricordiamo più la portata emotiva. Pensiamo sempre che ciò che accade oggi non sia mai accaduto prima nella storia. Pia illusione. È da secoli che vige il detto “mala tempora currunt”. E siamo ancora tutti qui a ripetere lo stesso ritornello per l’ennesima volta.

E per quanto riguarda i dazi?
Difficile capire come andrà realmente a finire questa faccenda, dopo la recente sospensione di novanta giorni. Quello che possiamo osservare è che l’azione comunicativa di Trump è spesso ispirata da forme di reattanza psicologica, ovvero il costrutto per cui “per principio” alcuni individui non permettono che venga compresso da altri il proprio senso di libertà percepita. Donald Trump, da classico leader decisionista, si caratterizza per un locus of control fortemente interno. Ovvero si ritiene causa efficiente dei cambiamenti del mondo, ed è meno incline all’ipotesi contraria, cioè che possa essere il resto del mondo a produrre effetti su di lui. Per questo potrebbe essergli difficile accettare che altri gli impongano come comportarsi.
Il populismo è quella che chiami “Fallacia di Checco Zalone”, cioè quella tipica dei guru per cui "se ce l'ho fatta io, puoi anche tu", tradotta in politica?
Il populismo porta con sé la combo di numerose fallacie logiche. La stessa locuzione di “populismo”, tradotta per come l’ha fatto in passato Giuseppe Conte ("Io sono populista. Il populismo significa dedicarsi a tempo pieno a questa responsabilità stando vicino ai bisogni della gente”) è un esempio conclamato di fallacia etimologica, per esempio. La fallacia etimologica è quella per cui ci si aggrappa al significato letterale di un termine (in questo caso si fa risalire la radice della parola “populismo” a “popolo”), ignorando l’uso corrente effettivo che si fa di quella parola. Ed è una fallacia frequentatissima da numerosi politici italiani, spesso auto-dichiaratisi populisti. Anche di questo parlo nel mio nuovo libro, “Fallacie logiche”, da pochi giorni disponibile in libreria e su Amazon.
