L'uomo più potente del mondo non abita alla Casa Bianca, non ha un ciuffetto biondo, non è solito usare un linguaggio colorito in conferenza stampa e non è allergico alla cultura come Donald Trump. L'uomo più potente del mondo non vive neppure nel Cremlino, non ama fare il macho, minacciare gli avversari né tanto meno lanciare offensive militari come Vladimir Putin. L'uomo più potente del mondo è Xi Jinping. Al presidente della Cina ha dedicato un saggio magistrale Michael Dillon. In “Dobbiamo parlare di Xi”, recentemente pubblicato in Italia da Chiarelettere, lo storico britannico tratteggia “la storia segreta del leader più potente del mondo”. Pochi prendono sul serio questo signore misterioso, e ancor meno sono quelli che lo conoscono davvero, sanno cosa vuole e quali sono i suoi obiettivi. Xi è silenzioso, calibra ogni parola rilasciata a mezzo stampa, conosce la cultura occidentale (mentre noi occidentali abbiamo più volte dimostrato di non sapere un bel niente di quella cinese), ama la storia e, più che un presidente moderno, assomiglia quasi a un amministratore delegato. Xi Jinping, infatti, concepisce la Cina alla stregua di una nazione-civiltà ma la dirige con piglio ovviamente marxista, seguendo i traguardi dei piani quinquennali e dando la massima priorità all'economia (se il pil cinese cresce, allora il Paese è sulla retta via. Insomma: noi (inteso come Occidente) non conosciamo Xi, ma lui ha più volte dimostrato di conoscere noi, le nostre ambizioni, debolezze, punti deboli. Forse sarebbe allora il caso di iniziare a parlare di più – e in maniera più seria e meno caricaturale – della Cina di Xi Jinping. Anche perché oggi, che piaccia o meno, i principali affari internazionali passano in qualche modo dalla scrivania del capo del Partito Comunista Cinese...



Dillon racconta Xi a partire dalla sua infanzia e ne ricostruisce la lenta ascesa al potere; spiega cosa pensi il leader cinese di Taiwan, dell'Occidente, della Russia, della guerra in Ucraina; sottolinea come questo presidente abbia creato, a differenza dei suoi predecessori, un culto della personalità basato sulla segretezza, sulla censura e sulla paura della punizione. Attenzione però, perché Xi non nasce dal nulla. “L'uomo più potente del mondo” si muove all'interno di un sistema – il Partito Comunista Cinese – che esiste dal 1949 e, soprattutto, è riuscito a fondere il suo pensiero, quello del Partito e la vecchia filosofia cinese in un unicum senza precedenti. "Lo Stato, l'esercito, i civili e il settore dell'istruzione; est, ovest, nord e centro: il Partito guida tutto", ha dichiarato lo stesso Xi all'inizio del suo secondo mandato. Il Partito è dunque la bussola della Cina odierna, e comprendere il suo funzionamento e le idee di chi la utilizza potrebbe rappresentare un vantaggio per i leader occidentali. Ma cosa vuole Xi? Far tornare la Cina al centro del mondo, rendere il pianeta un luogo più ospitale per la sua visione, rivedere gli equilibri globali e renderli meno “a trazione occidentale”.

Trump e Putin, i due spauracchi dell'Occidente, sono in qualche modo entrambi assoggettati a Xi. Il primo deve infatti capire come fare a frenare la crescita economica della Cina, evitando che il Dragone possa mangiarsi gli Usa e diventare la potenza numero uno del mondo. I dazi non stanno avendo l'effetto sperato e, presto o tardi, è previsto un incontro tra il presidente degli Stati Uniti e quello cinese: la trattativa non sarà affatto facile dal momento che nessuno vorrà cedere di un millimetro. Putin è stato costretto a fare affidamento su Pechino per evitare che l'economia del Cremlino collassasse in seguito al conflitto ucraino. Tra la Cina e la Russia esiste ufficialmente “una partnership senza limiti” ma dietro le quinte – sussurrano alcuni analisti - crescerebbero dubbi e timori da parte di Mosca che non vuole assolutamente essere stritolata dall'abbraccio cinese. Persino l'uomo più ricco del mondo, Elon Musk, teme gli umori di Xi. Già, perché Tesla ha fatto affari d'oro oltre la Muraglia, ha una gigafactory a Shanghai e se non ci fosse stato il mercato cinese avrebbe probabilmente avuto problemi a far quadrare i conti (giusto per capirsi, nel 2024 l'azienda di Musk ha piazzato in Cina 657.102 veicoli, quasi il 38% delle vendite totali). Xi Jinping ha dunque la possibilità di mandare in crisi il Doge, di far preoccupare Putin e pure di lasciare col fiato sospeso Trump. A proposito: in questi giorni c'è chi ipotizza un tentativo cinese di avvicinarsi nuovamente all'Europa, approfittando del grande gelo che ha paralizzato l'asse Washington-Bruxelles. Se così fosse, Pechino avrebbe vinto la guerra commerciale contro gli Stati Uniti (molto più interessati, pare, a ingraziarsi Mosca) senza sparare un solo colpo di cannone. Difficilmente, tuttavia, Xi abbandonerà Putin per fare all in sulla riottosa Ue. La sensazione è che l'uomo più potente del mondo giocherà su entrambi i tavoli: Russia più Europa.

