Più che un semplice tweet, sembra un avvertimento. Il mittente: l'ambasciata cinese negli Stati Uniti. Il destinatario (tra le righe): Donald Trump. Oggetto del messaggio: il fentanyl e i dazi del 10% (in aggiunta al precedente 25% già in vigore) che Washington ha appena imposto su tutte le importazioni provenienti dalla Cina. “Se gli Stati Uniti vogliono davvero risolvere il problema del fentanyl, allora la cosa giusta da fare è consultarsi con la Cina trattandosi come pari. Se ciò che gli Stati Uniti vogliono è la guerra, che sia una guerra tariffaria, una guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra, siamo pronti a combattere fino alla fine”. C'è tutto – ma proprio tutto – in questo cinguettio istituzionale: l'ira di Pechino per le nuove tariffe; l'ammissione implicita del fatto che la crisi dell'oppiaceo che ha travolto gli Stati Uniti sia in qualche modo influenzata dagli artigli del Dragone; la necessità che le due potenze mondiali si parlino da pari a pari (senza cioè che una delle due guardi l'altra dall'alto in basso); ma soprattutto c'è il rischio di una guerra totale tra gli Usa e la Cina. Ma cosa vuol dire “guerra di qualsiasi altro tipo”? Esiste la guerra tradizionale, come quella in Ucraina, combattuta con missili, proiettili e carri armati. Poi però ci sono anche altri tipi di guerra: quelle commerciali (al posto dei cannoni ci sono i dazi, i blocchi e gli assalti alle catene di approvvigionamento globali), cibernetiche (attacchi hacker), di propaganda (diffondere disinformazione o manipolare l'opinione pubblica per indebolire l'avversario), per procura (sostenere gruppi, Stati o fazioni terze), non convenzionali (quando qualcuno, per esempio, utilizza il traffico di droghe o sostanze per danneggiare qualcun altro)... Insomma, il messaggio che la Cina ha inviato a Trump è piuttosto preoccupante.


È un messaggio che preoccupa per due ragioni. Primo: è diretto, pungente e tagliente, poco consono allo stile diplomatico cinese. Secondo: racchiude in sé almeno due enormi dossier, il fentanyl e i dazi. La sensazione è che Pechino voglia dire a Trump: “Se continui a colpire il nostro Paese con tariffe, noi risponderemo allo stesso modo, ma con una forza maggiore. Imporremo dazi su settori strategici e risorse chiave (minerali critici, tra cui tungsteno, tellurio, rutenio e molibdeno, utilizzati nella produzione di semiconduttori e altre tecnologie avanzate) e, in aggiunta, smetteremo di contrastare il traffico dei precursori chimici utilizzati per produrre il fentanyl”. Ricordiamo che molti degli ingredienti base di questo potente oppiaceo provengono dalla Cina. Nel 2019, Pechino aveva attuato una stretta per limitare il fenomeno – nel tentativo di distendersi con gli Usa – ma ora che la situazione è precipitata, il Dragone sembra aver mollato la presa. Risultato: la produzione illegale di fentanyl e la sua distribuzione continuano attraverso il traffico clandestino, in una sorta di guerra dell'oppio al contrario. Cosa significa? Che oggi, a differenza di quanto accaduto durante la prima e seconda guerra dell'oppio (1839-1842 e 1856-1860), quando le potenze occidentali (principalmente il Regno Unito) attaccarono la Cina dopo averla inondata di oppio, è Pechino che sta fiaccando gli Usa, più o meno indirettamente, con il fentanyl (la Cina nega categoricamente). Manca la guerra vera e propria, che i cinesi hanno però appena dichiarato di essere disposti a combattere...

Gli sca**i tra Trump e la Cina non riguardano soltanto il fentanyl e i dazi. Prendiamo l'Europa: mentre gli Usa sono sempre più disinteressati ai destini del continente, Pechino sta cercando di riallacciare i rapporti con Bruxelles per occupare il vuoto lasciato dagli Usa e influenzare l'agenda politica dell'Ue. Alla luce del sole, ma anche da dietro le quinte, come ha lasciato intendere The Economist, che ha dedicato un approfondimento agli insoliti rapporti tra Alice Weidel, leader del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), sorpresa positiva delle ultime elezioni tedesche, e la Cina. Il settimanale ha infatti scritto che la signora Weidel avrebbe trascorso un soggiorno di sei anni oltre la Muraglia, dal 2006 al 2012. All'ombra della Città Proibita, dove ha scritto una tesi di dottorato sul sistema pensionistico cinese e avrebbe lavorato persino nella Bank of China, ha imparato il mandarino. Oggi, AfD è molto pragmatica nei confronti di Pechino, e i media cinesi sono soliti parlare bene della signora e del suo partito. Questo ha suscitato sospetti in alcuni funzionari della sicurezza occidentali, che monitorano gli sforzi della Cina per influenzare la politica in Europa (in chiave, va da sé, anti-Usa). Che dire, infine, delle Terre Rare e dello Spazio? Per quanto riguarda i Rare Earth Elements, Trump ha provato a ridurre il divario con la Cina (che possiede circa il 35-40% delle riserve di questi materiali strategici, oltre al 60-70% della loro produzione globale) imbastendo un accordo con Kiev; anche se dovesse esserci una fumata bianca, però, potrebbe non bastare. Sullo Spazio, infine, gli Usa si affidano alla Nasa e a Elon Musk: peccato che Pechino stia facendo progressi enormi e che controlli le terre rare necessarie per migliorare sempre di più le proprie tecnologie spaziali. Il Dragone vuole arrivare su Marte prima di Musk. È così che la guerra potrebbe trasformarsi in una guerra spaziale.

