Charlie Kirk scalda più del genocidio a Gaza e delle tensioni con la Russia in Polonia. La sua morte potrebbe essere un omicidio politico di sinistra, di un estremista di destra, o il crimine di una persona disturbata. O due delle tre possibilità messe insieme. La destra dice che è colpa della sinistra e la sinistra della destra, tutti a cercare il Nemico Assoluto. L’odio come categoria fondamentale dell’ontologia politica, come insegnava André Glucksmann. Giorgia Meloni, come ha spiegato qui Moreno Pisto, sta facendo ciò che Trump ha fatto in America: creare lo spauracchio del leftist, cioè il fascista antifascista, o il pericoloso progressista. A Trump, intanto, l’omicidio di Kirk darà spazio per militarizzare l’ultimo spazio su cui aveva messo gli occhi, e cioè le università, i campus americani. La verità è più sfumata. In un articolo, forse il migliore uscito finora, del Cato Institute, Alex Nowrasteh fa notare che il numero di crimini violenti politici sono pochi, soprattutto se escludiamo il numero di morti dell’11 settembre, e secondo l’autore sono anche statisticamente poco significativi. Gli omicidi politici, per altro, sono una minima parte di questi crimini. Comunque, per lo più sono quelli di destra a commetterne (63%) e in molti meno casi militanti di sinistra (10%). Un altro dato, di YouGov, appena uscito, serve a bilanciare queste evidenze: più a sinistra ci si sposta, più si tende a giustificare la violenza politica. Il 17% dei “liberal” contro il 9% dei conservatori (e solo il 3% dei conservatori più estremi) giustificano la violenza per ottenere obiettivi politici. Questo conferma anche quanto si può leggere, variamente, nei migliori scritti della produzione politica di sinistra in Italia o in Francia o in America. Dunque, la violenza politica, anche se non così significativa in America, pare riguardare tutti. Ma mentre la compie principalmente la destra, a concettualizzarla maggiormente è la sinistra. Ovvero: la sinistra prova a giustificarla (salvo eccezioni virtuose, come Bernie Sanders).
Allora non dovrebbe stupire la reazione di alcuni intellettuali notoriamente di sinistra alla morte di Kirk. Roberto Saviano: “L’assassinio di Charlie Kirk trasformerà la democrazia americana per sempre. Kirk è forse uno degli individui peggiori prodotti dalla politica americana: fondatore di Turning Point Usa, una delle organizzazioni più feroci americane sul piano della propaganda di estrema destra”. E poi: la sua morte “risulterà per Trump esattamente come l'incendio del Reichstag fu per Hitler. Non ho alcuna empatia con Charlie Kirk, disprezzo ciò che ha detto, ciò che ha fatto. Non riesco ad accodarmi al coro morale che, pur rispetto, di chi dice che qualsiasi vita umana va rispettata”. Nessun rispetto, nessuna empatia, nessuna commiserazione, nessun piantino. Nessuna, come l’ha chiamata qualcuno su Tiktok, “retorica cristiana”. Piergiorgio Odifreddi, su La7, a L’aria che tira, di fronte a due atterriti Parenzo e Giubilei, invece così: “Sparare a Martin Luther King e sparare a un rappresentante Maga non è la stessa cosa. […] Se si soffia sul fuoco, si usano questi mezzi, si incita all’odio contro gli immigrati, ci possono essere reazioni che io personalmente non condivido e non apprezzo, però capisco che ci possano essere queste cose”. Entrambi non condividono il gesto di uccidere, ma, come spiega Odifreddi, l’omicidio di Kirk può essere inserito in una dialettica, cioè in uno scontro tra opposti, che non sempre può portare a una risoluzione. Questa è la visione marxista, semplificando: non c’è una sintesi tra gli opposti, una delle due forze soccombe. Questa volta è toccato a Kirk.

Come il resto della teoria marxista, anche questo aspetto è debole e fallace, ma in una democrazia le parole non dovrebbero essere considerate, dando per altro ragione ai Saviano della situazione, degli atti di terrorismo. E dunque anche le parole di Odifreddi e Saviano dovrebbero essere giustamente rigettate, se si è razionali, senza considerarle inaccettabili in una democrazia, come hanno lasciato intendere a destra. Ma da quando, invece, abbiamo smesso di “tollerare” questo genere di espressioni? Basta tornare indietro di dieci anni, quando Matteo Salvini, leader della Lega in campagna elettorale, venne assalito da alcuni militanti a Bologna, che ruppero il vetro della sua auto blu (ma a lui non fecero niente). A Dimartedì da Giovanni Floris, si confrontarono proprio il leader della Lega e il giornalista Andrea Scanzi, un altro poco apprezzato per il suo intervento su Kirk. Ecco cosa disse Scanzi, in diretta televisiva, dell’aggressione a Salvini: “Non ho mai pensato che Salvini se la sia andata a cercare, non ho mai usato neanche la parola ‘provocatore’. Penso a una cosa più semplice, credo che Matteo Salvini abbia ottenuto attraverso questa aggressione da condannare esattamente ciò che cercava. Salvini cercava due cose: l’aggressione per poi recitare la parte del martire, cosa che fa ormai da giorni in maniera ininterrotta; e dall’altra raccogliere voti. In questo senso è stato assolutamente bravissimo. Da qui a dire ‘Oddio, povero Salvini’, a me dispiace molto, condanno la violenza, ma sono fermamente convinto che lui non aspettasse altro. Che non vuol dire giustificare la violenza come ha sostenuto. Nessuno mi toglierà mai dalla mente quello che ho detto”.
Eccolo, Saviano + Odiffreddi in una sola dichiarazione. No empatia, nessuna giustizia, ma… Il meccanismo in parte zoppica. Certo, anche Scanzi invecchia e, nonostante l’odio giornalistico per il Capitone, nel 2020, quando Salvini venne aggredito una seconda volta in strada a Pontassieve, in provincia di Firenze, esprimerà pubblicamente solidarietà, senza tentare spiegazioni sociologiche di stampo marxista come quella data a Dimartedì: “Solidarietà a Matteo Salvini per la vile aggressione subita. Senza se e senza ma”. Ai tempi, comunque, ci pensò il regista Gabriele Muccino, che rincarò la dose: “Solidarietà?!!!! A chi incita odio e violenza verso i più deboli?! No, grazie. Nessuna solidarietà. Non esageriamo adesso. Non siamo tutti buoni e uguali. Ci sono delle differenze di comportamento che hanno delle conseguenze. Anche comprensibili”. (Anzi, non pago aveva anche risposto all’ormai pacifico e pacifista Andrea Scanzi: “Se quella è un’aggressione, la condotta di continua aggressione di Salvini come la definiamo?! Nessuna solidarietà da parte mia. Ogni comportamento ha una conseguenza. Quello che ho visto è per me uno sfogo doloroso ed esasperato di una donna la cui storia non conosciamo”).
Ora, invece, ci siamo disabituati. Anzi, non siamo più neanche inclini a credere di poter tollerare fisicamente l’uso di certe parole. Questa, lungi dall’essere una sorta di risacca puritana, di rimozione della violenza – come vorrebbe certa letteratura di sinistra – è piuttosto una poca educazione al dibattito, e cioè, qualche volta, anche allo scontro. Per questo alla sinistra sembra inaccettabile ascoltare Charlie Kirk e alla destra sembra inaccettabile ascoltare Odifreddi o Saviano. Mai uno che dica semplicemente: le opinioni di Kirk fanno ‘rbuttare (vomitare), le opinioni di Odifreddi e Saviano fanno ‘rbuttare; ma parliamone. Oggi dire ciò che si pensa fa scandalo, ma dovrebbe far scandalo ciò di cui spesso di parla, non le opinioni che, su quell’argomento, ci formiamo. Sulla guerra a Gaza Odifreddi ha detto molte cose giuste e sbagliate, ma non dovrebbe essere sconvolgente sentirlo parlare, come non dovrebbe essere sconvolgente sentir parlare Francesca Albanese. Kirk ha detto molte cose sbagliate, ma anche molte cose giuste. E anche molte cose controverse, come quelle riguardo all’aborto, su cui pretendere di avere posizioni chiare e facili sarebbe profondamente illiberale.
