Sta molto facendo discutere il manifesto propagandistico di Atreju (vedi nota 1 in fondo al pezzo), la festa della Gioventù Nazionale (giovanile di Fratelli d’Italia) in cui Giorgia Meloni, vestita come “Vado a vivere in Alaska” (vedi nota 2) avverte “Vi vedo se non partecipate ad Atreju”: un misto (fritto o bollito) di Grande Fratello, Polizia Politica in stile Ovra e Delazione (la Meloni non può vedere tutto, quindi, suppongo, le riferiranno le eventuali assenze), il tutto senza la minima ironia e autoironia, anzi, la premier ha sul viso quella espressione incazzata che sovente usa per esprimere piglio e grinta e ardimento; una sorta di Leonardo Di Caprio in “Revenant” se Di Caprio avesse un leggero prognatismo e una vaga somiglianza con Gollum. Il tutto mentre la premier ci guarda, dall’alto in basso, sullo sfondo di un cielo gelido e d’alta montagna, tipo Obersalzberg, sede del Nido delle Aquile.
Chi come me è appassionato di propaganda politica nell’era delle arti visuali (i maestri furono i sovietici) non può non notare un cambio di rotta rispetto al linguaggio propagandistico di Silvio Berlusconi, dove dominavano colori caldi e pastello (azzurro su tutto), sorrisi, braccia aperte in stile statua di santo, sguardo rivolto al cielo. Sono due diverse narrazioni in qualche modo “divine”. La prima, quella di Silvio Berlusconi, decisamente da unto del Signore, felice e illuminato (anche nel senso dell’apertura alle connessioni internazionali), in attesa devota di un messaggio, di un segno, da riportare ai comuni mortali. Silvio Berlusconi, nella sua iconografia, si fa medium, tramite, tra il cielo e la terra.
Al contrario, Giorgia Meloni, si pone essa stessa in cielo, guarda dall’alto in basso con uno sguardo severo ma giusto, giudicante. Essa non è più tramite, ma divinità essa stessa. Essa non è più “figlia di”, ma entità figliante a sé stante. Essa è padre-padrone al quale rendere conto più che grazie.
Il sottotesto è chiaro.
Mentre Silvio Berlusconi era una divinità da Nuovo Testamento, accogliente, perdonante, redimente (donava a povere ragazze sperse danari per non farle andare sul cattivo stradone), Giorgia Meloni, al contrario, è il Dio spietato del Vecchio Testamento, con lui o contro di lui, peste e fiamme vi colga, diluvio universale, brucia Babilonia, niente “illuminati” qui (daje a Soros) è lei stessa che, ingrugnatissima, illumina della sua stessa Fiamma.
Una cosa è importante da notare, la “j” di Atreju, dove l’ortografia esatta italica metterebbe la “i”, come da traduzione e vulgata. Perché quella “J”? Perché questa botta di esterofilia ortogrammaticale? Ebbene sì, la “J” dovrebbe stare per “Jugen”.
O no?
NOTA 1: Atreju (da Never Ending Story) era orfano: i suoi genitori (in questo Caso Silvio Berlusconi, padre e madre egli stesso autogenerantesi nell’immacolata concezione) erano stati uccisi dalla “Grande Bufala”: la famigerata nipote di Mubarak che diede inizio al declino portando però l’orfana a diventare padrona del suo destino e pure del destino degli altri.
NOTA 2: Sto guardando con sospetto quel pellicciotto che adorna come un ornamento egizio la faccia faraonica della premier. Di solito lo fanno con la pelliccia dei cani. Siamo sicuri che è pelliccia sintetica? Non è che sia uno di quei giacconi canadesi o cinesi che ancora abbaiano?