Illusi per sempre o illesi per sempre? L'operazione di rebranding messa in campo da Chiara Ferragni ricorda un po' la storia di Napoleone che, dopo aver conquistato tutta l'Europa, viene esiliato all'Elba, riorganizza un esercito e torna in Europa, provando a invadere il Belgio per poi venire sconfitto a Waterloo. L'ex fenomeno mondiale dell'imprenditoria digitale, caduta sui pandori, cancella tutto e prova a ripartire dall'estetica sottona (presa da Tommaso Zorzi?), ripartendo dall'immagine di donna ingenua e tradita da tutti: ex manager - un po' come i generali napoleonici -, ex marito, ex clienti abbindolati dall'ex occhio glitterato ormai chiuso definitivamente e diventato un eccedenza di magazzino. Ma c'è anche un altro aspetto politico nella questione: la distrazione di massa. Il grande rientro sul mercato di Chiara Ferragni, infatti, è arrivato praticamente in contemporanea all'inizio del suo processo per la questione beneficenza, quello di Balocco e dei pandori. Coincidenze? Sarà, ma la scelta di apparire come una best sottona creando hype sulla nuova attività imprenditoriale, con questa precisa tempistica, lascia lo spazio necessario per pensare male.
Intanto il processo è iniziato. Sul banco degli imputati, i pandori Pink Christmas e le uova di Pasqua. L'accusa è pesante: truffa aggravata. L'accusa parla di 2 milioni di euro di profitti ottenuti ingiustamente, ovvero tramite pratiche di marketing scorrette. Il punto incriminato riguarda infatti la promozione incentrata sulla beneficenza vincolata all’acquisto dei prodotti, mentre in realtà la parte devoluta sarebbe stata fissa e limitata. Ferragni non è l'unica imputata: con lei l'ex collaboratore Fabio Maria Damato, e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-Id, proprietaria di Dolci Preziosi. Alessandra Balocco, venuta a mancare recentemente, sospesa per decesso. E l'accusa non è soltanto costituita dai pm Cristian Barilli ed Eugenio Fusco: a costituirsi parte civile, al momento, due associazioni dei consumatori: Adicu e Casa del Consumatore. Il Codacons, una volta arcinemico dei Ferragnez, ha ritirato la sua denuncia in seguito a un accordo economico. Poi, il caso più curioso: la signora Adriana, una pensionata di 76 anni originaria di Avellino che, illusa una volta dalla pubblicità ma non illusa per sempre, ha deciso di costituirsi come parte offesa.
La nonnina, a quanto afferma il suo avvocato, è una fervente cattolica e, per dirla con la rebrandizzazione di Chiara Ferragni, una sottona della beneficenza. Ora, dopo aver scoperto che l’iniziativa non corrispondeva del tutto a quanto reclamizzato, ha deciso di dare il via alla propria rivoluzione (poco) romantica, chiedendo un risarcimento che si aggira intorno ai 500 euro, cifra che in caso di vittoria andrebbe a sua volta in beneficenza. La difesa vuole puntare sul fatto che la vicenda si sarebbe chiusa con la sanzione da 3,4 milioni pagati da Ferragni, imposta dall’Antitrust e destinata, ancora, a enti benefici. Intanto Chiara è ripartita da zero, a livello di immagine, puntando su una sorta di narrazione da sconfitta, almeno a livello amoroso. Come se questo potesse in qualche modo coprire ciò che emergerà dal processo. Funzionerà? Se il “Pensati libera” è stato poi interpretato come un eccesso di leggerezza commerciale, speriamo che, con il “club dei sottoni”, non ci siano di nuovo clienti che rischiano di rimanere illusi per sempre. Amami fino alla fine del mondo, recita una delle sue felpe. O almeno, a differenza di Fedez, fino alla fine del processo.