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Ma perché Dagospia attacca Il Giornale? E come percula Sallusti, Feltri e Porro? C'entrano gli Angelucci e la guerra a Giorgia Meloni: qui tutti i dettagli

  • di Matteo Suanno Matteo Suanno

3 marzo 2025

Ma perché Dagospia attacca Il Giornale? E come percula Sallusti, Feltri e Porro? C'entrano gli Angelucci e la guerra a Giorgia Meloni: qui tutti i dettagli
Aria pesante nelle redazioni de Il Giornale e Libero, ora sotto il controllo degli Angelucci. Il nuovo ad Nicola Speroni, secondo Dagospia, ha avviato una drastica cura dimagrante, tra tagli agli stipendi - Feltri in primis - controlli serrati sui contenuti e stop ai privilegi di redazione. La rabbia monta e spunta una parola tabù: sciopero. E la linea editoriale? Sempre più “melonismo senza limitismo”. Ma fino a quando?

di Matteo Suanno Matteo Suanno

Sembra che tiri una brutta aria alla corte degli Angelucci, gli editori che dal 2023 detengono la maggioranza delle quote azionarie del quotidiano Il Giornale, Il Tempo e Libero. Secondo quanto riporta Dagospia, il nuovo amministratore delegato Nicola Speroni (prima alle dipendenze dell’Unidad Editorial di Urbano Cairo a Madrid) avrebbe infatti ricevuto l’incarico di operare una bella cura dimagrante alle voci di spesa dei quotidiani che furono di Silvio e Paolo Berlusconi. I diktat del dottor Nowzaradan delle testate di centrodestra sembrano aver irritato molti in via dell’Aprica a Milano, nuova sede del Giornale e di Libero dopo l’abbandono di quella storica in via Negri.

Vittorio Feltri
Vittorio Feltri, già direttore del Giornale e fondatore di Libero

A vedersi decurtato il ricco compenso sarebbe stato innanzitutto l’ex direttore Vittorio Feltri, 10mila euro in meno di stipendio, reo, continua Dago, di disertare la redazione “si vede un’ora la mattina (quando va bene) e dice che Il Giornale gli fa schifo”. Sembrerebbe poi essere ai ferri corti con Alessandro Sallusti, con il quale “cuor di leone non si parla da mesi”, mentre “i suoi articoli e video, in compenso, sono controllati e setacciati attentamente prima della pubblicazione”. L’amicizia con Melania Rizzoli, nel cda del gruppo editoriale, non parrebbe essergli bastata per evitargli una sforbiciata d’ingaggio: attendiamo su X reazioni non per deboli di cuore. Quanto a Libero e al vicedirettore Nicola Porro, Dagospia sostiene che nella nuova sede di via Negri “finora non ci ha mai messo piede”.

 

 

Filippo Facci
Filippo Facci, il Giornale

Il sito riporta di un’animata assemblea dei giornalisti “in cui si è parlato anche di un possibile sciopero dopo la notizia che non era stato rinnovato neanche il noleggio dell’auto, concesso ai tempi di Paolo e Silvio Berlusconi”. Sia a Feltri che Sallusti (entrambi dotati di scorta), l’auto dovrebbe restare. Ma la questione avrebbe indispettito molti, tanto da far riscoprire al Giornale la lotta sindacale, nominando l’innominabile, quella parola, “sciopero”, che nell’ex gioiellino dei Berlusconi si è verificato solo nel 1974, anno della sua fondazione. C’è poi un altro caso riportato da Dagospia, che riguarda le spese legali non garantite per contratto ai giornalisti: “un paio di cronisti hanno rischiato il licenziamento (per una querela) e Filippo Facci, che ormai scrive per le pagine della cronaca di Milano, ha riferito in assemblea che si è dovuto pagare l’avvocato e una transazione economica da 30mila euro dopo una denuncia di un giudice antimafia”.

Come detto, il “regime change” in corso fra le mura degli Angelucci ha riguardato soprattutto i giornalisti: “Proibito lo smart working, obbligo di strisciare il badge aziendale altrimenti la porta rimane chiusa (anche se il contratto giornalistico lo esclude) e risparmio spasmodico per tutto”. Sulla sua temibile cartellina, il nostro Nowzaradan-Speroni avrebbe annotato anche tagli a viaggi e al lavoro degli inviati, che potrebbero fare gli “inviati” solo se ad inviarli c’è qualcun altro, che accetta di sostenerne le spese: “immaginarsi che inchieste…”, chiosa Dagospia. Riguardo alla gestione del personale D’Agostino parla di un “ok” del governo è arrivato negli ultimi giorni per “prepensionamenti a pioggia”, a fronte di nuove assunzioni per un supplemento economico curato dal vicedirettore Osvaldo De Paolini e sul quale si punterebbe per le entrate pubblicitarie.

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Antonio Angelucci, fondatore della finanziaria Tosinvest

Intanto la linea editoriale resta “bullonata” alla stessa, semplice, formula: “melonismo senza limitismo”, sentenzia Dagospia, cioè totale prostrazione all’operato di governo e, soprattutto, alle scelte di Giorgia Meloni, compresi i tentennamenti sull’aut-aut in politica estera “O Trump o mor… Bruxelles” e il ghosting di Stato sul caso Almasri. Chissà in quanti in via dell’Aprica nascondono in un angolo nell’armadietto lo sgarro settimanale, se non giornaliero: un’occhiata nostalgica all’effige beffarda del Cavaliere.

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