In occasione della presentazione a Roma del libro “Gauche Caviar – Come salvare il socialismo con l’ironia”, di Fulvio Abbate e Bobo Craxi, abbiamo avuto l’opportunità d’intervistare Alessandro De Angelis. Il vicedirettore di HuffPost, ci ha accompagnato attraverso la comprensione dello sfaldamento del ceto politico socialista italiano. Un epilogo che, indipendentemente dall’esistenza di Mani Pulite, ritiene si sarebbe verificato ugualmente. Anche perché le ragioni sarebbero state di natura politica, e non riconducibili alla sfera giudiziaria. È del parere, infatti, che il socialismo al suo appuntamento con la storia si sia presentato con un in modo debole, portatore di un modo di governare il paese ormai politicamente sconfitto. E ha concluso facendo riferimento alle cotroverse posizioni di Matteo Salvini, leader della Lega, sia riguardo un'ipotetica liberalizzazione delle armi in Italia che, più in generale, sulla giustizia.
Si sente di far parte della cosiddetta “gauche caviar”?
In linea teorica direi di no, anche se prima di oggi non mi ero mai posto il problema. Condivido però lo spirito del libro, che è anche una critica colta, ironica, ad alcuni vezzi, luoghi comuni e pigrizie intellettuali della sinistra. Mi sento, rispetto agli autori che hanno assunto provocatoriamente un po' lo spirito dei naufraghi, meno naufrago rispetto a loro.
Il libro di Fulvio Abbate e Bobo Craxi è un vero e proprio manifesto per far rinascere, o almeno riavere una identità al socialismo. Secondo lei perché ha perso così tanta reputazione?
Il socialismo, dove per socialismo s'intende la sinistra democratica, riformista e di governo, è in crisi un po' ovunque per come lo abbiamo storicamente conosciuto. Basta, ad esempio, vedere le elezioni francesi, oppure quello che è accaduto in Italia negli ultimi anni, senza però fare delle generalizzazioni. C’è una specificità nel caso italiano, segnata da un paradosso, ovvero come si è concluso il famoso duello a sinistra tra PCI e PSI iniziato nella metà degli anni 70. I comunisti, che hanno storicamente perso, hanno politicamente vinto andando al governo del paese. Coloro che, invece, storicamente avevano ragione hanno politicamente perso, e non solo per colpa delle inchieste giudiziarie, ma perché sono arrivati all’appuntamento con la storia deboli e persi nella governabilità senz'anima.
Per diventare "di governo" ha perso l'anima?
Abbiamo avuto un caso italiano dove non c’è stata una grande forza socialdemocratica, ed è qui che risiedono le anomalie dei decenni successivi. Nonostante la sinistra abbia compiuto grandi passi diventando a pieno titolo una "sinistra di governo". C’è poi da dire come, negli ultimi anni, quell’impostazione socialista e socialdemocratica si sia rivelata insufficiente davanti alla nuova crisi del capitalismo e all’ondata populista che ne è scaturita, essendo percepita come lo status quo. Ad esempio, quei ceti popolari che una volta interpretava la sinistra adesso sono interpretati dalla destra, un tema, questo, squadernato oggi.
Tutta colpa di Mani Pulite?
Io credo che il tema della crisi italiana sia un sistema che perde perché, usando un'espressione che si usava al tempo, aveva perso la sua spinta propulsiva. Le indagini non piegano e non spezzano o spazzano via un corpo sano, ma un sistema melmoso, un sistema verso cui c'è una grande stanchezza nell'opinione pubblica italiana, perché non era stata conosciuta l'alternanza di governo. Era un sistema debole e fragile. Il tema della corruzione è un tema reale, l'Italia degli anni '80 non è un'Italia che ha conosciuto le grandi riforme che aveva conosciuto per esempio il primo centrosinistra o altre regioni storiche.
Se Mani Pulite non fosse mai esistita, secondo lei avremmo un’Italia migliore o no?
Probabilmente no, credo tuttavia che quel ceto politico sarebbe stato cambiato politicamente e non dalle procure. Ritengo che la Repubblica fosse agonizzante.
A cadenza fissa tornano gli attacchi politici alla magistratura. È un brutto vizio tutto italiano?
C’è una specificità molto italiana. Dopo Mani Pulite c’è stato Berlusconi, le cui televisioni cavalcavano il populismo giudiziario, quello che Berlusconi avrebbe definito qualche anno dopo il giustizialismo. Tutta la Seconda Repubblica è stata segnata dalla questione giustizia.
Qualche tempo fa Salvini spingeva per dare più armi agli italiani per difendersi da soli. Avremmo rischiato di diventare come l’America?
Salvini ha una strana concezione della giustizia. Da un lato dice che la difesa è sempre legittima, e che ognuno a casa sua può anche sparare, dall’altro lato, però, ha delle perplessità nel dare le armi agli ucraini che si devono difendere, quindi lì la difesa non è legittima. Quando si tratta di avversari politici è dichiaratamente giustizialista, Salvini è quello che dice “buttate la chiave” in galera. Invece, quando le vicende riguardano sé stesso è garantista. È pieno di contraddizioni.