In un’intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, Carlo De Benedetti (imprenditore con passato in Fiat, già editore di Repubblica e attuale di Domani) ripercorre episodi salienti della sua lunga carriera in occasione dei propri novant’anni, soffermandosi su personaggi iconici del panorama industriale e politico italiano. Le sue parole scorrono tra aneddoti curiosi e giudizi taglienti (ne aveva già dati di pesantissimi su John Elkann), dipingendo un quadro affascinante e a tratti impietoso.
Il suo incontro con Gianni Agnelli, per esempio, avvenne in un contesto decisamente cinematografico. "Tornai tardi da casa di un amico". racconta l’ingegner De Benedetti, "e vidi scendere dall’auto una donna stupenda, Anita Ekberg. La guardavo abbacinato, quando sentii un buffetto sulla guancia. Era Agnelli, che mi disse: 'vai a farti una sega'".
La famiglia Agnelli torna protagonista anche quando De Benedetti ricorda un episodio riguardante Margherita, la figlia di Gianni. "Un giorno entrò nel suo studio una ragazza rapata a zero," racconta l'Ingegnere. "Lui si arrabbiò: 'Che cazzo hai fatto?'. E lei rispose: 'Almeno ti sei accorto che esisto'".
De Benedetti non lesina giudizi nei confronti di altri protagonisti della storia italiana recente. Di Silvio Berlusconi dice: "Un uomo di marketing straordinario". Per Romano Prodi, invece, la critica è paradossalmente più severa: "Gli riconosco di essere stato l'unico a battere Berlusconi. Ma l'allargamento dell'Europa a Est è stato un disastro".
Tra gli episodi più curiosi emerge anche il rifiuto di un'offerta di Steve Jobs nel 1978, quando Jobs e Wozniak stavano cercando investitori per la loro giovane azienda, Apple. "Piol (Olivetti, ndr) mi propose di visitare un garage dove due capelloni con i jeans sdruciti stavano lavorando a un minicomputer. Jobs mi offrì il 20% della società per 20 milioni di dollari. Gli risposi: 'Piol, cosa vogliono da noi questi due capelloni?'. Se avessi accettato, oggi sarei trilionario".
Di De Benedetti dissero che volesse scalare la Fiat: "Con l’aiuto della lobby ebraica. Che, ammesso esista, non è generosa… Sciocchezze da ufficio stampa. In realtà, avevo detto all’Avvocato che c’erano 60 mila operai di troppo. Lui sorrise: 'E dove sono? Sdraiati nei corridoi?'. Risposi che erano nei conti della Fiat".
E sempre sulla Fiat, c’era chi ci aveva visto lungo già all’epoca: "Rossignolo (capo delle strategie, ndr) diceva che l’auto non aveva futuro in Europa, bisognava fabbricarla in Nord Africa". Anche se per Benedetti non è proprio così: "Le macchine migliori si fanno tuttora in Germania". La Fiat però era in Italia…