“Sono contento che mi abbiano arrestato, altrimenti sarei morto”. Il sospetto che Flavius Savu sia un mezzo mitomane in cerca di visibilità c’è, ma non ascoltarlo e non andare fino in fondo a tutto quello che dice – e adesso scrive pure - potrebbe essere un errore imperdonabile, soprattutto ora che si sta scoprendo quanti e quali fatti sono stati analizzati con agghiacciante superficialità nei giorni immediatamente successivi all’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Il rumeno, che è stato arrestato qualche settimana fa (sarà un caso?) dopo una latitanza di circa cinque anni in Svizzera, ha più volte fatto sapere dal carcere di voler parlare con i magistrati di Pavia che hanno riaperto le indagini sul delitto di via Pascoli. Perché lo fa? Forse per una qualche mania di protagonismo, ma sicuramente non per ottenere un qualche sconto sulla pena a oltre quattro anni ricevuta (e passata in giudicato) per l’ormai nota vicenda dei ricatti a luci rosse don Gregorio Vitali, il sacerdote del Santuario della Bozzola. Oppure lo fa perché davvero sa qualcosa e adesso che le indagini sul delitto di Garlasco sono riprese ha davvero paura per la sua vita? Ha anche affermato, infatti, di “essere contento dell’arresto”.
Nuove rivelazioni e paure che egli stesso, ripetutamente e con toni netti, ha affidato a missive, interviste e al colloquio con il suo legale Roberto Grittini, più volte definite “qualcosa di sconcertante” dallo stesso difensore. Arrestato nel giugno 2014 insieme a Florin Tanasie nell’ambito di un’inchiesta per estorsione a sfondo sessuale ai danni di don Gregorio Vitali, rettore del santuario della Madonna della Bozzola di Garlasco, Savu fu condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi, pena poi ridotta in appello a quattro anni, un mese e dieci giorni. È però il contenuto delle ultime comunicazioni che adesso Savu fa dal carcere di Pavia, dove è detenuto, a riaccendere l’attenzione. In una lettera autografa inviata al quotidiano Il Giorno e mostrata in una trasmissione televisiva, ha ribadito più volte la sua “verità”: è stato costretto a abbandonare l’Italia per minacce di morte legate a quelle vicende e si definisce “fortunato” di essere stato catturato perché, altrimenti, sarebbe “già morto”. In chiusura della missiva, una frase programmatica e destinata a suscitare scalpore: “Penso sia giunto il momento di scarcerare Alberto Stasi”. Lo stesso Alberto Stasi che, stando a una intercettazione diffusa da “Chi l’ha visto”, secondo Savu “andava con tutte e tutti e Chiara lo aveva saputo”. Insomma, dice tutto e il contrario di tutto, ma tutto quello che dice merita d’essere almeno valutato e confutato.
In particolare le tante affermazioni che fa su Chiara Poggi che avrebbe “scoperto” qualcosa di compromettente inerente al santuario della Bozzola: un “grosso giro” che coinvolgerebbe, secondo quanto riferito dallo stesso Savu anche in passato, pratiche sessuali e una rete di sfruttamento che coinvolgevano persone influenti e note a Garlasco e non solo. Le parole circolate, sia in interviste rilasciate durante la latitanza sia nei resoconti dei familiari e dei collaboratori — in particolare di un memoriale consegnato dai legali del nipote di Savu, Cleo Koludra Stefanescu — suggeriscono scenari inquietanti: racconti su riti satanici, devianze sessuali e compensi monetari ai ragazzi coinvolti, con cifre indicate intorno ai due o tremila euro, e di pratiche che avrebbero spinto la giovane a essere considerata pericolosa dai presunti responsabili.
È essenziale sottolineare che si tratta di contenuti riferiti da Savu e da persone a lui vicine e che non costituiscono, allo stato, riscontri giudiziari che colleghino effettivamente quelle ipotesi all’omicidio di Chiara Poggi. Ma non si possono ignorare, soprattutto ora che il difensore di Savu, Roberto Grittini, ha descritto il suo assistito come “depositario di alcuni segreti” e ha invitato i magistrati di Pavia a ascoltarlo ufficialmente. Anche perché a dare spessore alla tesi avanzata da Savu è il contributo del nipote, Cleo Koludra Stefanescu, anch’egli detenuto. Stefanescu avrebbe consegnato ai suoi legali un memoriale, datato 28 maggio 2025, nel quale riporta conversazioni attribuite allo zio proprio in merito al delitto di Garlasco: gli avrebbe riferito del “colloquio con una ragazza di Garlasco”, che lo avrebbe “messo a conoscenza di un grosso giro di pedofilia e di una specie di prostituzione”. E’ chiaro che le rivelazioni di Savu e del nipote — sebbene di grande impatto mediatico — non si traducono automaticamente in elementi processuali, ma vale la pena approfondirle e analizzarle anche semplicemente per valutare la loro corrispondenza con fonti indipendenti, testimonianze e riscontri documentali o tecnici.