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Delitto di Garlasco, Gallo: “non voglio rimetterci la pelle per difendere Lovati”. Le minacce, il nuovo indagato e un’impressione: sta per venire giù (di) tutto

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

  • Foto di: Ansa

11 novembre 2025

Delitto di Garlasco, Gallo: “non voglio rimetterci la pelle per difendere Lovati”. Le minacce, il nuovo indagato e un’impressione: sta per venire giù (di) tutto
“L’è mei che tu sta ciu”. E’ meglio che tu stia zitto, nel dialetto della Lomellina, quasi a ricordare che è sulla Lomellina che deve restare la nebbia. E’ il testo della minaccia ricevuta dall’avvocato Lovati nei giorni scorsi e di cui ha parlato in TV il suo difensore, l’avvocato Gallo, lasciando intendere di sentirsi anche lui in pericolo. No, intorno a Garlasco non c’è più solo una doppia indagine per fare chiarezza su un omicidio e sul lavoro fatto dagli inquirenti in passato…

Foto di: Ansa

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

A guardarla, con quella frase composta di lettere ritagliate, sembra quella dei film e pure il fatto che se ne sia parlato la prima volta in tv piuttosto che nelle opportune sedi non aiuta. Ma intorno a Garlasco, ormai, è tutto teatro. Solo teatro. E anche la “lettera minatoria in dialetto” trovata dall’avvocato Lovati sull’uscio del suo studio ha fatto pensare prima a una qualche trovata mediatica che a un vero e proprio avvertimento. Il fatto, poi, che il difensore dell’ex difensore di Andrea Sempio abbia raccontato altri fatti sospetti (“mi sono sentito più volte seguito”) e abbia spiegato di non “volerci rimettere la pelle per difendere Lovati” ha contribuito alla narrazione di qualcosa che potrebbe non essere reale. Quasi dimenticandosi, però, che all’inizio di tutto c’è un omicidio efferato e che c’è, adesso, anche una inchiesta per corruzione che va ben oltre l’archiviazione o meno di un indagato per quell’omicidio.

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La Procura della Repubblica di Brescia, con l’indagine sui magistrati che hanno operato in passato a Pavia, non sta facendo luce solo sulla possibilità che dietro l’archiviazione di Andrea Sempio nel 2017 ci sia corruzione, ma su tutto un sistema di collusione e malaffare che ha coinvolto una intera provincia (e probabilmente non solo), tra uomini di potere, uomini in divisa, in tonaca o toghe, politici e imprenditori. E’ la parte che l’opinione pubblica, così concentrata sull’umana richiesta di giustizia per Chiara Poggi, sembra ignorare. Savu che dice di temere per la sua vita è solo un mitomane? Lovati e Gallo che ricevono una lettera minatoria vogliono solo arricchire il copione di un altro colpo di scena? A Garlasco c’è o non c’è qualcuno per il quale si ammutolisce chiunque ogni volta che se ne fa il nome?

Solo rendendosi conto di cosa è e dove potrebbe portare l’indagine della Procura di Brescia si prende consapevolezza che quella lettera minatoria ricevuta dall’avvocato Lovati (proprio appena dopo aver fatto sapere che vuole essere ascoltato dagli inquirenti e di non volersi avvalere del segreto professionale) è qualcosa su cui non si può andare leggeri. Magari è un niente, ma c’è da esserne rigorosamente certi. Soprattutto in un momento in cui la tv che parla di Garlasco è inevitabilmente anche il modo per mandarsi messaggi “tra persone che sanno”. Lo fa pensare anche l’ultima dichiarazione di Lovati proprio su quella minaccia ricevuta: “Io me ne frego. Non ho paura di nessuno, possono scrivere quello che vogliono. Gli metterò io un biglietto sotto lo zerbino con qualcosa che fuma. Se so qualcosa che può dare fastidio a qualcuno? Non ne ho idea. Io ho sempre parlato di un sogno, quello del sicario che ha ucciso Chiara Poggi. Altro non so, altro non dico. L’inchiesta di Brescia? Se non mi chiamano non dico più niente, ma se mi chiamano dirò la verità”. Oppure vogliamo anche credere che un avvocato come Gallo può arrivare a dire “non voglio rimetterci la pelle” solo per una qualche mania di protagonismo? Tra l’altro nel giorno stesso in cui si viene a sapere che l’inchiesta di Brescia ha un nome in più sul registro degli indagati.

Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio
L'avvocato Massimo Lovati

Il nome è quello di Cristiano D’Arena, amministratore di società che fornivano strumenti per intercettazioni e auto. E’, quindi, il nome di un imprenditore a cui presto ne seguiranno inevitabilmente altri a cui, a loro volta, si aggiungeranno, altrettanto inevitabilmente, il nome dello stesso Massimo Lovati e verosimilmente anche degli altri due ex legali di Sempio, Grassi e Soldani, e di almeno un paio di Carabinieri. Sempio, insomma, intorno a Garlasco non è solo il cognome di Andrea Sempio: semmai è un simbolo. Pezzi di una composizione che gravita sì intorno al delitto di Garlasco, ma che mira a mostrare ben altro. O comunque molto di più. Anzi, viene quasi da dire che il fatto che indagando ci si sia trovati a scoprire che c’era di mezzo in qualche modo anche il delitto di Garlasco è stata quasi più una sfortuna – vista la mediaticità del caso – che una specifica volontà. C’è altro. Molto altro. E, nel frattempo, c’è pure una riforma della giustizia al centro della scena.

Il fatto che proprio il magistrato indagato, Venditti, stia tentando la strada dell’incidente probatorio e della ricerca sui suoi dispositivi informatici solo “per parole chiave” dimostra che “l’archiviazione Sempio” è solo un pezzo. Un piccolo pezzo. E forse anche che lo stesso Venditti ha più a cuore il “proteggersi” rispetto al “difendersi”. Non significa, sia inteso, che Venditti sia stato effettivamente un corrotto. Quello, semmai, sarà l’indagine stessa a chiarirlo e l’eventuale processo a accertarlo nei modi e nei tempi dovuti, ma che comunque c’è stata (e forse c’è ancora) una rete che ha agito (e forse agisce ancora) se non al di fuori della legge almeno sui limiti della legge stessa. E non certo per “venti o trentamila Euro”. Sì, abbiamo un sospetto: sta letteralmente per venire giù tutto. E di tutto. E pure che, ormai, è solo questione di qualche giorno.

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