“Delitto di Garlasco: caso riaperto”, questo il titolo del servizio andato in onda domenica sera alle Iene sulla vicenda dell'omicidio di Chiara Poggi nel 2007, “ha forse ribadito il genere che più si confà alla natura del programma: la perorazione”. Con queste parole il critico televisivo Aldo Grasso ha criticato duramente il programma di Italia 1 dalle pagine del Corriere della Sera. Nel corso della puntata di Inside – la rubrica delle Iene dedicata alle inchieste – è andata in onda un’intervista in esclusiva dell’inviato Alessandro De Giuseppe ad Alberto Stasi, che sta attualmente scontando una condanna a 16 anni di carcere per l’omicidio di Poggi. Grasso è tornato a parlare di “Garlasco show”, una terminologia già usata in passato, per descrivere una trasmissione che, a suo dire, ha ben poco di giornalistico e cerca di “dimostrare in tutti i modi l’innocenza di Stasi”.

Alberto Stasi fu la prima persona a trovare il cadavere della fidanzata Chiara Poggi, allora 26enne, il 13 agosto 2007 a Garlasco, un piccolo comune in provincia di Pavia. Fu lui a chiamare le forze dell’ordine, che diedero il via alle indagini sull’accaduto. Stasi venne subito iscritto nel registro degli indagati e venne arrestato una prima volta nel settembre 2007. Dopo essere stato assolto due volte, venne condannato in via definitiva a 16 anni di carcere nel 2015. Tuttavia, a distanza di anni, una nuova ipotesi investigativa ha riaperto il caso rimettendo al centro delle indagini Andrea Sempio, amico del fratello minore di Poggi e già indagato in passato per il ritrovamento del suo presunto Dna nella casa dei Poggi. “Alcuni anni fa, Stasi ha scritto alle Iene chiedendo il loro supporto bene conoscendo il loro metodo di lavoro. – continua Grasso – La puntata di domenica sera era tutta sbilanciata a favore dell’innocenza di Stasi e non risparmiava, di converso, le insinuazioni nei confronti di Sempio”.

Grasso critica alle Iene il fatto di aver impostato il racconto della vicenda in modo da essere funzionale ad una finalità altra rispetto a quella propria di un’inchiesta giornalistica. Parla piuttosto di una “difesa d’ufficio” portata avanti proprio ora la riapertura delle indagini si sta traducendo mediaticamente in un immediato verdetto di assoluzione per Stasi: “Non entro nel merito giuridico della vicenda – conclude Grasso – ma resto convinto che certe trasmissioni andrebbero accompagnate da un maggior senso di responsabilità: per salvare uno non si può mettere alla gogna un altro”.
