Era uno dei personaggi dimenticati. O su cui, comunque, era calato il silenzio dopo un’uscita impietosa (che sicuramente poteva evitarsi), ma che gli è costata una carriera e pure l’espulsione dall’Arma dei Carabinieri. Adesso, però, l’ex maresciallo Francesco Marchetto sembra essere tornato vestendo i panni di quello che ha ancora molto da dire. Anche un po’ per provare a riabilitarsi. E, volendo forzare un po’ le interpretazioni, anche per dimostrare che i suoi errori sono stati fatti pesare così tanto perché nell’ambito della primissima inchiesta per sull’omicidio di Chiara Poggi ha rotto le scatole a qualcuno. Orai è ospite fisso in tv, nei vari talk, e anche nei vari salotti del vari youtuber, raccontando ogni volta la sua versione dei fatti su quei giorni e, inevitabilmente, finendo per aggiungere sempre nuovi dettagli. Come quello – ora tornato centrale – della luce accesa nella casa abbandonata della nonna materna di Chiara Poggi notata da un agricoltore la sera prima del delitto. In quella casa non andava più nessuno da tempo se non, rarissime volte, Marco poggi con alcuni suoi amici. All’epoca, ha spiegato l’ex carabiniere, avevamo raccolto questa informazione.
Ma, tra le varie dichiarazioni, ce ne è anche un’altra che sta facendo discutere e che Marchetto ha fatto partecipando a una diretta social: “La signora Mariarosa Poggi, moglie di Ermanno Cappa e quindi mamma delle gemelle Paola e Stefania, ha dichiarato di essere uscita di casa quella mattina intorno alle 9,15. Ma c’è un nostro verbale dell’epoca, mai sconfessato, che la smentirebbe. Un commerciante, nello specifico, disse di averla vista nel suo piccolo suv nero, e la riconosce senza ombra di dubbio perché era una sua cliente, intorno alle 8,30. Ci sono due verbali che non collimano. Ci sarebbe stato da risentirla”. Affermazioni, quelle di Marchetto, che sembrano collegarsi in maniera piuttosto diretta anche all’ultimo servizio trasmesso dalle Iene su Garlasco, che si era concentrato proprio sulla signora Cappa prima che la trasmissione Mediaset annunciasse il misterioso rinvio della messa in onda del nuovo servizio già realizzato, ma fermato “perche così ci è stato chiesto”.
Al di là dei fatti specifici, delle affermazioni facilmente verificabili o meno dello stesso Marchetto, però, non si può non tener conto che quell’uomo, andando oltre quella che è stata la sua storia personale, ha vestito i panni del “maresciallo del paese”. Uno che, insomma, in una comunità relativamente piccola come Garlasco ha avuto un ruolo significativo. Vale per le persone che “andavano risentite”, ma vale anche per quello che Marchetto potrebbe dire o svelare anche rispetto a molti altri aspetti rimasti un po’ nell’ombra, anche e soprattutto nell’ambito dell’inchiesta Clean2 che la Procura di Brescia sta portando avanti e che ha toccato anche le indagini sull’omicidio di Garlasco per l’ormai più che noto filone relativo all’archiviazione . Non è violare la sua privacy – ormai andata a farsi benedire da un pezzo – riferire che Marchetto aveva avuto, a suo tempo, una relazione con la zia di Andrea Sempio (quella che proprio nel 2017 ha prestato del denaro –ufficialmente utilizzato per “pagare gli avvocati” - al fratello Giuseppe ),.
Quella donna gestiva un ristorante, all’interno di una riserva di caccia, dove spesso si svolgevano pranzi e cene lontani da occhi indiscreti a cui erano commensali più o meno fissi proprio l’ex pm Mario Venditti, l’allora capitano Cassese, i carabinieri Scoppetta (già condannato a 4 anni per corruzione e stalking) e Pappalardo (recentemente ascoltato a Brescia) e il maresciallo, sempre dell’Arma, Sapone. Proprio quest’ultimo è lo zio del maresciallo Moriglia, che sostituì in fretta e furia proprio Marchetto al comando della stazione dei Carabinieri di Garlasco. Insomma, tutti quelli contro cui Marchetto dice di essersi scontrato, a cominciare dall’allora suo superiore, capitano Cassese, con cui ancora oggi si scorna in tv. Ecco perché oggi l’ex maresciallo Marchetto può diventare un personaggio chiave, non solo nei salotti televisive o nelle dirette che impazzano sui social. Certo, occorre prudenza: chi ha mentito può mentire ancora. Ma, in molti casi, è proprio in quei frammenti di verità restituiti da chi non ha più interessi da difendere che si trovano le chiavi per comprendere ciò che si continua a non voler raccontare. Senza scomodare la psicanalisi, ma la storia dell’umanità insegna che la caduta libera può portare a una chiarezza rara: si rompono le difese dell’Io, si sgretola l’immagine pubblica e, con essa, la necessità di preservare maschere. E legami. Perché il giudizio, ormai, non conta più e l’appartenenza è recisa. E allora, ciò che resta è il vissuto nudo. E spesso una memoria che può diventare testimonianza. Non è una questione morale, ma una dinamica umana: l’assenza di vincoli crea libertà.
E forse quell’ex carabiniere, che sicuramente ha avuto condotte discutibili in passato (non in riferimento al delitto di Garlasco, anche se una condanna l’ha rimediata anche per la fala testimonianza sulla bici di Stasi), oggi merita un ruolo differente. O, comunque, il riconoscimento di una credibilità. Non fosse altre che per il dente avvelenato che potrebbe avere. Chi è stato dentro al potere, nei suoi gangli più opachi, conosce le dinamiche che regolano le decisioni non scritte, i compromessi taciuti, le relazioni di scambio. Soprattutto in provincia. Soprattutto in un paesotto. Se poi quel qualcuno è stato allontanato, umiliato, messo ai margini, può diventare – con le dovute cautele – un testimone privilegiato. Perché nella così detta psicologia del discredito, e dei discreditati, c’è un paradosso: chi ha toccato il fondo sociale, chi è stato espulso da un qualche sistema per colpe gravi, diventa talvolta la voce più nitida su ciò che quel sistema davvero è. Non per redenzione, non per vendetta, ma perché non ha più nulla da perdere. E l’assenza di paura nel parlare, molto spesso, è un lusso che solo i marginalizzati possono permettersi.